Libero – Oddio, i vescovi sdoganano l’adulterio
Sabato 9 dicembre Libero, a firma Gianluca Veneziani, ha scritto un articolo molto critico verso Paci e la rubrica In Tre Mesi. Contemporaneamente e con lo stesso tono sono usciti articoli analoghi di Riccardo Cascioli (direttore di La Nuova Bussola Quotidiana) e Mario Adinolfi. Sempre lo stesso giorno c’è stato un identico attacco da parte de La Verità, che però se la prendeva con la mia intervista a Luxuria. Li riporto nella categoria Rassegna Stampa per mero dovere di completezza. Non penso per il momento di replicare alle affermazioni degli articoli riportati perché credo davvero che gli insulti qualifichino chi li fa non chi li riceve.
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Nel giorno dell’Immacolata Concezione non ci aspettavamo certo che il giornale dei vescovi invitasse le donne di oggi a imitare l’esempio di Maria, anche perché a nessuna è dato di essere concepita senza peccato come Lei. Ma neppure ci aspettavamo che sdoganasse così deliberatamente l’adulterio, comprendendo le corna tra quelle cose umane che vanno accolte, in quanto frutto dell’Amore.
Ieri in prima pagina il quotidiano Avvenire, nella rubrica curata dal bergogliano don Mauro Lombardi, pubblicava la lettera di una donna, sposata e con una figlia, al suo amante, una donna trascurata dal marito (René), che evidentemente ha perso la testa (e il cuore) per un altro. Il testo della donna, tale Paci, è molto emotivo, passionale. Descrive la condizione di sofferenza di chi sa di non poter condividere gli spazi e il tempo con l’amante: «Posso non abitare con te, posso sentirti solo qualche volta, posso vederti solo ogni tanto». E poi si avventura nel mostrare l’esigenza di stare vicina all’uomo amato, innanzitutto spiritualmente: «Tienimi nei tuoi pensieri. Anche se sono pensieri brutti. Metti i tuoi pensieri fuori e io li ascolto». Ma anche carnalmente: «Tu sei qui. Dentro me. Con il tuo odore, il tuo sapore, la tua carne. Dentro me». Dopo aver messo a nudo l’anima, la donna cerca quasi di mettere a nudo il corpo… Per poi arrivare a una giustificazione interessante del tradimento in chiave mistica. Con un sillogismo mica male che si può riassumere così: Gesù è Amore; tu sei il mio amore; quindi tu sei Gesù. Aristotele si sarebbe compiaciuto (forse un po’ meno San Paolo). Ma leggete qui: «Se Gesù è Amore (e lo è), ha il tuo volto. Se Gesù è un uomo (e lo è), ha il tuo corpo. Se Gesù è l’ostia che ho mangiato (e lo è), ha il tuo sapore». Amen. La messa è finita, andate a cornificarvi.
Ora, senza fare i bacchettoni, piccole aperture di Bergoglio in passato sul tema ci sono state. Ha ammesso la possibilità per un divorziato risposato di fare la Comunione, ha chiesto di non giudicare chi sbanda nel proprio percorso matrimoniale e di operare attivamente per ricucire gli strappi rispetto alla promessa di fedeltà perché «nei casi più dolorosi, come quello del tradimento coniugale, è necessaria una vera e propria opera di riparazione. Un patto infranto può essere ristabilito». Allo stesso modo, è vero che così la Chiesa si mostra più vicina alle umane fragilità, più comprensiva rispetto alle debolezze della carne, non condannando ma accogliendo, in nome di quella Teologia della Misericordia portata avanti da Francesco e di quel realismo, che da sempre contraddistingue il cattolicesimo rispetto ad altre confessioni cristiane più inflessibili. Quindi prendere atto, anche in maniera dolorosa, della realtà, e capire che non esistono solo gli Sposati e i Divorziati, ma esistono molte sfumature, spesso anche di grigio, con tutti i contorni erotici relativi e corna conseguenti, rende la Chiesa prossima alla società, alla storia e alla stessa natura umana.
Ma questo non intacca minimamente la dottrina e il valore della Parola. Non è un caso infatti che su Dieci Comandamenti ben due invitino a non mettere le corna: il nono, che ci chiede di non desiderare la donna d’altri (dunque anche l’uomo…), e il sesto, che ci esorta a non commettere atti impuri, tra cui anche l’adulterio. E poi c’è l’intero armamentario del Catechismo della Chiesa Cattolica, che condanna come atti «moralmente disordinati» la lussuria, la fornicazione e via dicendo. Il punto fondamentale da capire allora è se la nuova frontiera, l’Avvenire potremmo dire, della Chiesa sia sdoganare l’Amore in senso lato, a prescindere dal numero, dal sesso o dal tipo di relazione (matrimoniale, more uxorio, meramente fedifraga), come forma che merita comunque particolare indulgenza, se non addirittura approvazione. Oppure, come suggeriscono i tradizionalisti, se l’Amore debba continuare a essere inteso come Caritas, come dono totale di sé all’altro, come relazione esclusiva e onnicomprensiva, che coinvolge tutte le dimensioni dell’umano, spirito, mente, carne, e riproduce in piccolo, tra un uomo e una donna, il rapporto straordinario di amore tra Dio e l’Uomo.
Allora la questione non è meramente sociale, sentimentale, e tanto meno una faccenda erotica pruriginosa, ma è alta problematica teologica. Cioè il dibattito verte non se Paci deve restare con René o mettersi con l’altro. Ma se noi dobbiamo fare affidamento al “Deus Caritas Est” di Ratzinger o all’ “Amoris Laetitia” di Bergoglio. E, da credenti, pur essendo fedeli a questo Papa, dobbiamo ammettere che spesso siamo tentati di fargli le corna con Benedetto XVI…