La mia vita

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In questa foto c’è tutta la mia famiglia. Mio papà è morto per un ictus il 25 marzo del 2007; mia mamma il 2 febbraio del 2008 per un incendio che nella notte tra il 28 e il 29 dicembre 2007 forse aveva provocato lei stessa. Voleva abitare da sola e magari aveva messo nel cestino della spazzatura un lumino di Natale ancora acceso. È stata un mese tra la vita e la morte a Genova nel reparto grande ustionati. Genova per me è stata una città importante. Ho abitato lì dal 1980 al 1986. A Genova ho avuto in dono di scrivere il mio primo romanzo Quare, storia di uomini che si perdono nello spazio e pensano che la loro astronave sia il pianeta sul quale hanno sempre abitato, la Terra.

La foto di cui parliamo è scattata durante una passeggiata in una piccola valle trasversale rispetto a quella di Livigno. Di queste passeggiate parlo a pag. 240 di Come Gesù, quando si argomenta attorno al discernimento vocazionale, e si usa la metafora della vocazione come “strada, sentiero per la Val Viola” ecc…

Questo è il lago di Como visto da Como. La foto è di mia sorella Antonella che una mattina andando a lavorare si era fermata rapita dalla bellezza di quanto vedeva, per scattare la foto che vedete. È sulla strada che porta da Como a Cernobbio (via Regina) subito dopo Villa Olmo e prima di Tavernola.

Qui si vede, dalla darsena di Urio, il lago verso Como: è il punto di vista reciproco rispetto alla precedente. Quella casa rossastra – chiamata darsena – è stata molto importante nella mia vita. Lì c’è una cappella dove decisi, a 15 anni, di dare la vita di Dio. Questa decisione si concretizzò alcuni anni dopo nel diventare numerario dell’Opus Dei e il 29 maggio 1988, sacerdote incardinato alla Prelatura.

Tremezzo è un bel paese che si trova a metà del lago di Como. Il Grande Hotel Tremezzo soggetto della foto, in realtà non è il soggetto della foto: il soggetto della foto è la casa piccola sulla destra che era quella dei miei nonni. Perché non metterne una con la casetta in primo piano? perché io allora ero bambino e non capivo tutte queste differenze tra “soggetti” e forse pensavo che il Grand Hotel Tremezzo fosse anche un po’ mio: in fondo, in quell’albergo, c’è una piscina dove sono quasi affogato.

Bellagio è stato sotto i miei occhi per quasi tutta la mia infanzia. Dal punto di vista di questa foto si apprezza meglio la bellezza del “gioiello del Lario” ma io da bambino lo vedevo dalla riva antistante, quella di Tremezzo. Sullo sfondo si vede il monte della Grigna.

Questa è una prospettiva che suscita in me infiniti ricordi. Sono collegati a quando noi sei (papà, mamma e quattro fratelli) andavamo a trascorrere le vacanze in montagna. Non c’era l’attuale superstrada che collega Como con la Valtellina passando per Lecco, per cui si faceva sempre la strada Regina e si sbucava nell’alto Lario, cioè più o meno lì in fondo alla foto.

Questa bellissima foto del lago di Como – scattata dal monte che appare sullo sfondo della foto numero 2 – è di due miei amici, ed è un omaggio a loro due.

Oga è una paesino a mezza costa sulla conca di Bormio (il paese in basso). La chiesa che si vede nella foto è quella di San Colombano ed è la prima che si incontra entrando nel paesino. La nostra famiglia ha trascorso lì tanti periodi felici. Tra tante, ho scelto di mettere qui proprio questa foto perché si vedono sullo sfondo le piste di sci di Bormio tra cui quella della discesa libera dei mondiali. In questa foto la pista si vede tutta: la foto è scattata proprio il giorno della gara. Lo sci è stato un elemento importante per la mia famiglia. I miei genitori hanno molto insistito per farci sciare quando eravamo piccoli: sci in montagna e piscina a Como.

Non poteva mancare la foto della casa che mio papà e mia mamma avevano comprato per la nostra famiglia. Mi sorprendo io stesso a scrivere questa cosa ovvia – “comprare la casa…” – ma mi rendo conto che per loro quell’acquisto era stato il coronamento, fatto con grandi sforzi, di una vita di risparmi e di mutui. Per me è ancora il luogo della felicità.

 

 

Ecco i miei genitori nel 1985. Siamo a Oga. Le case del paese sono quelle in basso a destra mentre quella dei miei genitori appare di profilo sulla sinistra. La montagna a forma di dente che si intravvede sullo sfondo della foto a destra, è il Gran Zebrù. “Guarda Mauro, quello è il Gran Zebrù!” diceva mio papà. Invece la montagna più vicina è il Reit. 

Mio papà e mia mamma a Oga nel 1985

Mio papà e mia mamma a Oga nel 1985

Da mio papà e da mia mamma siamo nati noi quattro: Mauro, Antonella, Chiara e Matteo. Antonella si è sposata con Roberto; Chiara con Luigi e sono nati cinque figli: Camilla, Cesare, Carola, Cecilia, Filippo; e Matteo si è sposato con Caterina. Dal loro matrimonio sono nate Marta, Teresa e Benedetta.

La foto più bella che ho di mamma è stata presa proprio al matrimonio di Matteo, che ho celebrato io. Mia mamma non era molto fotogenica (neanch’io lo sono) ma qui è straordinariamente bella. Era molto felice. Qui siamo nel settembre 2007. Mia mamma era rimasta vedova il 25 marzo di quell’anno. È morta il 2 febbraio 2008 a causa delle ustioni di un incendio scoppiato a casa sua durante le feste di Natale. Trasportata in elicottero, era rimasta 40 giorni nel reparto grandi ustionati dell’ospedale di Genova- Sampierdarena. La signora bionda che si vede sfuocata a sinistra è mia sorella Antonella. Invece il signore sfuocato sulla destra è suo marito, mio cognato Roberto.

Ecco ora, presi dal mio canale youtube, 5 video per celebrare anniversari importanti per noi

Da settembre 2015 abito a Roma presso il Centro Elis, dove sono il responsabile del volontariato per le persone che vi lavorano. Il centro Elis, che forma persone al lavoro, ha annessa la Parrocchia di San Giovanni Battista al Collatino. La mia residenza pertanto – come dice anche la pagina del Vicariato di Roma – è via Sandro Sandri 71 e il numero di telefono è 06 4356031

Il Centro Elis: io abito nella casa più bassa in primo piano

Il Centro Elis: io abito nell’edificio in primo piano

Sulla destra la Parrocchia di San Giovanni Battista al Collatino

La parrocchia di san Giovanni Battista al Collatino

Il sacerdote cattivo è quello che chiude i lucchetti e dice che tu la chiave non ce l’ hai. Il sacerdote buono è quello che ti apre la cassapanca verde (io me lo ricordo dov’era) così tiri fuori tutti i giochi. Che adesso sono piccolissimi. C’era un leone di stoffa, io ci andavo sempre a cavallo e ora mi sta nel palmo della mano. Poi alla fine trovi in fondo quello più vecchio. Che è anche il più bello.

E ricominci a giocare.

 

 

Cento volte tanto

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