Articoli | 13 Maggio 2024

Blog – Cristiani perseguitati

Una volta chiesero a un vescovo, pastore di una comunità che stava attraversando un periodo molto duro, come potessero restare cristiani nella persecuzione. Il vescovo rispose dicendo che bisognava piuttosto chiedersi come si potesse restare cristiani senza persecuzione. La risposta è volutamente paradossale ma dice come ogni discepolo di Cristo, in verità, sia chiamato ad essere un cristiano perseguitato. Se ci fosse una cattedra universitaria che studiasse la teologia e la missione dei cristiani perseguitati, essa dovrebbe aver presente non solo i cristiani che vivono in luoghi dove la persecuzione avviene formalmente e tecnicamente, come per esempio la Cina, alcuni paesi dell’Asia o certe nazioni islamiche ma tutto il mondo compresi i paesi dell’occidente o la stessa Italia, dove la libertà religiosa è formalmente garantita dalla Costituzione.

Il cristiano che voglia sperimentare l’amore come libertà sa che così facendo il suo spazio esistenziale diventerà anche il luogo della sua crocefissione, della sua morte e quindi della sua Resurrezione. Chiunque prenda sul serio la vita come comunione, ovvero la relazione come fondamento della propria identità personale, vivrà sempre la medesima esperienza di Cristo.
Egli nella sua vita terrena cercò di farsi accettare, di farsi accogliere. Per comprenderlo è sufficiente ricordare quanto Giovanni scrive nel Prologo: “la luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l’hanno accolta” (Gv 1,5); “venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11-12). Chiunque viva la propria vita come relazione d’amore, vive una Pasqua permanente di morte e Resurrezione: e proprio questa dinamica sarà la conferma di essere nella giusta orbita dello Spirito.
Il cristiano che faccia proprio il vivere secondo la logica dell’amore verrà perseguitato perché si donerà a una persona affinché ella lo possa accogliere visto che costei verrà salvata solo nella misura in cui riesca ad accoglierlo. Chi infatti non riesce ad accogliere direttamente Dio, come di norma avviene a tutti noi, ha come unica alternativa quella di accogliere il fratello: “chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Mt 10,40). Chi compie un’azione d’amore e viene respinto suscita in chi lo respinge una tremenda reazione violenta apparentemente inspiegabile ma in realtà propria di chi, non comprendendo chi lo ama, lo perseguita fino ad ucciderlo (magari solo moralmente) così come accaduto a Cristo.

Prendiamo fra tutti l’episodio del paralitico miracolato sul bordo della Piscina di Betzaetà (Gv 5). Il vangelo dice che, dopo essere stata guarita, la persona che da trent’otto anni giaceva paralitica presso la porta delle Pecore denuncia il suo guaritore: “Quell’uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù” (Gv 5, 15-16). Si evidenzia in questo modo che nel cuore di chi viene guarito c’è un rancore così profondo verso Gesù da essere in gran parte incomprensibile. Già all’inizio della narrazione, quando Cristo chiede all’interessato “vuoi guarire?” (Gv 5,6), sorprendentemente costui non risponde positivamente come sarebbe ovvio ma tergiversa, dà una risposta evitante apparentemente inspiegabile: “gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me». Com’è possibile che l’occasione sbalorditiva di miglioramento che gli viene offerta non faccia immediatamente esultare di gioia il destinatario, ovvero un uomo che era paralitico da quasi quarant’anni? Forse perché in una società dove a cinquant’anni si era già verso la vecchiaia (cfr Gv 8,57) è possibile che chi ne aveva trascorsi trent’otto elemosinando non fosse in grado di imparare alcun mestiere? Forse perché oltre a ciò c’era la certa esclusione sociale comminata dai farisei a chi accettava benevolenza dallo “scomunicato” Gesù? Oltre a queste possono esserci anche altre motivazioni. A volte per esempio avviene lo strano meccanismo per cui – a torto o a ragione – chi viene aiutato si sente umiliato dalla mano che si tende verso di lui. Al di là di tutto però il vangelo ci descrive proprio l’avvenimento del quale parlo: Gesù si dona al paralitico ma costui non accoglie il dono e appena può denuncia Cristo all’autorità sapendo che essa lo perseguiterà.

È questa, ripeto, l’esperienza comune di chi ama. In questo senso dico che la spiritualità da cristiani perseguitati dovrà essere il modo normale di vivere, agire, pensare, pregare, di chi cerca il Regno. Il discepolo di Cristo si darà ad una persona e riceverà, come ricompensa, un colpo tremendo, una tremenda pugnalata. Proprio quella pugnalata sarà l’accoglienza di chi non vuole accogliere. Così, da quel momento, guardando cosa ha fatto, la persona che ha ferito potrà cominciare il proprio cammino di conversione e di salvezza. Il discepolo di Cristo che vive secondo la logica del cristiano perseguitato, donandosi in questo modo, realizza le parole di Cristo “in verità in verità vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato” (Gv 13,20).

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