Blog / Riflessioni | 06 Giugno 2013

Mauro Leonardi – La Chiesa. Per il mondo: la missione e le qualità (4)

Parlare di missione è parlare di qualcosa che appartiene all’essenza stessa della Chiesa. Non ci sarebbe Chiesa se essa non fosse per il mondo la continuazione della vita di Cristo nella storia, infatti Egli è venuto perché “tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10).

Ci sono moltissimi documenti che parlano della missione della Chiesa. La Lumen Gentium li sintetizza un po’ tutti al n.17 denominandolo Carattere missionario della Chiesa: lì è contenuto il famoso adagio a ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di diffondere la fede, per la parte che spetta a lui. Per rimanere al Concilio Vaticano II, bisogna citare i decreti conciliari Ad gentes sulla animazione missionaria alle genti, e l’Apostolicam actuositatem, sull’apostolato dei laici. Da parte sua il Catechismo della Chiesa Cattolica riserva alla definizione del carattere missionario della Chiesa i numeri 849-856.

Nel vangelo è Gesù stesso a definire “apostolica” l’azione della Chiesa. Lo fa principalmente con due termini: apostolato (essere mandati) e martirio (testimonianza) le cui etimologie greche sono rispettivamente apostello, apostolos (inviare, essere madato, apostolo) e marturia, marturos (testimonanza, testimone, martire). Mentre il primo termine indica un mandato cioè un compito, assegnato in questo caso da Gesù ai suoi discepoli, nel secondo invece la parola greca contiene l’idea del testimone: colui che vede e per questo ricorda, parla, racconta. Entrambi i termini sono attestati – come verbi, aggettivi o sostantivi – molte volte nel Nuovo Testamento. Il cristiano è non solo un battezzato ma è anche un mandato. Non esiste vocazione senza missione e non si può parlare di missione senza una frequentazione assidua di Colui del quale si rende testimonianza. «Non è possibile separare in Cristo il suo essere Dio-Uomo e la sua funzione di Redentore. Il Verbo si fece carne e venne sulla terra “ut omnes homines salvi fiant” [Cfr “1 Tm” 2, 4], per salvare tutti gli uomini. Nonostante le nostre miserie e le nostre limitazioni, ciascuno di noi è un altro Cristo, lo stesso Cristo, anche noi chiamati a servire tutti gli uomini». (È Gesù che passa, n. 106)

Tra le molte citazioni una molto esplicita è quella del discorso missionario del Vangelo di Matteo: «Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro “non andate tra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani, rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa di Israele. Strada facendo predicate che il regno dei cieli è vicino… Gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date» (Mt 10,5-8).

È Gesù stesso che manda i suoi ad annunziare il regno dei cieli che è il regno in cui cielo e terra sono riconciliati e l’uomo ritrova la sua figliolanza con il Padre del cielo: questa è la buona notizia, il vangelo che è per tutti. Questa è la grande sfida che s. Paolo affronterà: questo annuncio è destinato anche ai pagani non solo agli ebrei. Per questo gli Atti degli Apostoli sono il libro del N.T. ‘missionario per eccellenza’. Lo Spirito infatti sospinge la Chiesa fino agli estremi confini della terra, in obbedienza al grande e ultimo mandato lasciato da Gesù ai suoi il giorno dell’ascensione «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che io vi ho comandato. Ed ecco i sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 19-20).

Chiediamoci: perché si rende necessaria nella Chiesa la testimonianza, l’essere inviati e mandati a tutte le genti? La risposta, prima ancora di chiamare in causa il nostro essere cristiani, viene dall’essenza della Trinità.

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito,…Dio infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,16.17) e ancora «Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito» (Gv 3,34); «da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato» (Gv 8,42).

Il movimento dell’essere mandati ha la sua scaturigine nel cuore stesso della Trinità poiché l’Amore è dono di sé, dono della vita ad un altro: quindi è essenziale ad esso espandersi, esprimersi, muoversi. Proprio perché vive della presenza del Verbo, la Chiesa partecipa alla dinamica dell’amore che Egli vive per  ogni uomo. Se è così c’è missione, apostolato, segno di vite afferrate dallo Spirito, dalla presenza di Lui e dal suo amore. Altrimenti, al massimo ci può essere una motivazione sterile, un dovere nel senso dispregiativo del termine: siccome sono cristiano devo anche predicare il vangelo. Quando ciò avviene nascono quelle testimonianze affettate – ridicole in fin dei conti –  che a volte caratterizzano il nostro essere cristiani. Invece noi siamo testimoni e apostoli perché mandati da Lui: «Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità» (Gv 17,17-19).

Consacrati nella verità, resi santi dalla verità e nella verità: solo questo è il cuore nel nostro essere testimoni in seno alla Chiesa. Portiamo una parola che non è la nostra, o è nostra nella misura in cui siamo abitati da essa e quindi essa vive e si esprime in noi: non sono più io che vivo ma Cristo vive in me – Gal. 2,20). E qui nasce il retto senso del dovere, quel dovere che non è solo un dovere, ma una necessità: “Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!” (1 Cor 9,16). Questa necessità nasce dalla gratuità stessa con cui ogni battezzato riceve l’annuncio della salvezza. Ci sono perché c’è una luce che illumina. In questo senso le parole del Battista rimangono vere per tutta la Chiesa: «Non era lui la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce» (Gv 1,8)

Avviandomi vero la conclusione vorrei ricordare alcune parole del grande Papa Paolo VI, come lo ha definito recentemente Papa Francesco.

«L’idea fondamentale, che presiede a tutta la dottrina sulla Chiesa, è quella della continuazione. La Chiesa è un prolungamento e uno sviluppo del Vangelo. La Chiesa porta Cristo nel tempo, nei secoli, nella storia; e cammina verso l’incontro finale, escatologico con Cristo glorioso… Ma questa continuità non è puramente statica, immobile, conservatrice. La Chiesa non è un’istituzione chiusa in sé stessa, e sollecita soltanto di difendersi e di conservarsi. La Chiesa è nata per dare testimonianza: «Voi, – disse il Signore agli Apostoli prima di lasciarli – voi sarete testimoni miei . . . fino agli ultimi confini della terra» (At. 1, 8). La Chiesa è destinata a coprire la terra, è istituita per tutta l’umanità: è universale, cioè cattolica. Bisogna riflettere bene su questa vocazione nativa della Chiesa, e ricordare come il Signore ha voluto che pensassimo a lei come ad un seme, che di natura sua deve germinare, espandersi e fruttificare; o come ad un fermento, che penetra, solleva, gonfia e infonde sapore alla massa.

La Chiesa cioè è per natura sua apostolica, cioè missionaria; vogliamo dire sempre attiva e tutta impegnata nella fatica di diffondere il suo messaggio di salvezza, la sua concezione della vita e del mondo, il suo Vangelo.

Che cosa fa dunque la Chiesa? È chiaro: essa parla, essa predica, essa insinua, diffonde, proclama la dottrina di Cristo. Predica sopra i tetti, ciò che le è stato confidato all’orecchio (cfr. Mt. 10, 27)» (Udienza generale 27 luglio 1966).

La Chiesa dà una parte custodisce perché è continuazione del mistero di Cristo, e dall’altra annuncia perché Colui del quale è prolungamento è venuto perché tutti siano salvi. Questa dialettica tra custodia e apertura è ciò che in ogni tempo ha reso la Chiesa feconda tra le genti: capace di leggere i segni dei tempi, pronta ad annunciare l’Unico Signore in culture e luoghi diversi tra loro.

Cosa ha significato per la Chiesa lungo i secoli annunciare il Vangelo? Certamente ha significato essere testimone e portatrice di una Parola, di una Verità che spesso inquieta le coscienze, le culture, i popoli. Si apre da questo punto di vista il grande capitolo del martirio per la fedeltà al Cristo crocifisso e risorto. La Chiesa non teme di giungere fino al sangue per la fedeltà al suo Signore e la sua storia è ricca di esempi in tal senso. Essa non può abdicare al mandato di trasformare il mondo secondo il progetto di Dio con la forza rinnovatrice del Vangelo, perché «Dio sia tutto in tutti» (1Cor 15,28), sempre essa è chiamata a gettare le reti del Vangelo nel mare della storia per portare gli uomini verso la terra promessa della libertà, della verità e dell’amore. Lungi dal fare vuoto proselitismo, la Chiesa vive la sua missionarietà perché vive la passione profonda per l’uomo, l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Non ci si può chiudere nei salotti del perbenismo, direbbe forse papa Francesco, laddove l’uomo langue nelle periferie della storia.

Ma quando la Chiesa è credibile? Quando noi cristiani diveniamo credibili? quando è come Gesù definito dall’Apocalisse  Testimone degno di fede (Ap 3,14). La credibilità della Chiesa sta tutta nella sequela del suo Signore e Maestro, perché Lui solo è davvero il testimone credibile che ha fatto della sua vita un dono di salvezza per tutti.

È seguendo Lui, rimanendo uniti a Lui che noi possiamo imparare il suo stesso amore, la sua stessa fedeltà e carità. Altrimenti il rischio che viviamo è quello di chiuderci in progetti e strategie sterili, senza fecondità. E ciascuno con la sua vita, con la sua vocazione, per la parte che spetta a lui come ci ricorda il Concilio. Non tutti nella Chiesa sono chiamati a partire per la missione, eppure tutti nella Chiesa siamo chiamati a testimoniare il Cristo laddove vivono, perché tutti sono chiamati a vivere dell’unico comandamento dell’amore. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Questa, in fin dei conti, è l’unica e vera testimonianza dell’appartenenza della Chiesa al suo Signore

 

Questa lezione fa parte di questa raccolta di lezioni sulla Chiesa: 

Mauro Leonardi – La Chiesa. Cristo e la Chiesa, fondazione e immagini (1)
Mauro Leonardi – La Chiesa. La Fede e l’appartenenza alla Chiesa (2)
Mauro Leonardi – La Chiesa. Carismi e ministeri (3)
Mauro Leonardi – La Chiesa. Per il mondo: la missione e le qualità (4)
Mauro Leonardi – La Chiesa. Maria icona della Chiesa (5)