Mauro Leonardi – La Chiesa. Carismi e ministeri (3)
Le immagini di corpo e di popolo con cui viene presentata la Chiesa ci portano ad approfondire il legame intrinseco che esiste tra le membra della Chiesa: esso ha la sua radice profonda e interiore nello Spirito Santo e si manifesta attraverso quei carismi e quei ministeri che, per l’utilità comune (1 Cor 12,7), appartengono a ciascuna delle parti.
Il Padre costruisce, ordina, edifica e guida la sua Chiesa in questo modo, perché possa essere fedele testimone del suo amore, manifestato in Cristo e reso perfetto nel dono dello Spirito. “Lo Spirito Santo non solo per mezzo dei sacramenti e dei ministeri santifica il Popolo di Dio e lo guida e adorna di virtù, ma “distribuendo a ciascuno i propri doni come Piace a Lui” (cfr. 1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere ed uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa, secondo quelle parole: ‘A ciascuno… la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio” (cfr. 1 Cor 12,7). E questi carismi straordinari o anche più semplici e più comuni, siccome sono soprattutto adatti e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione” (LG 12).
Dunque l’azione dello Spirito Santo, che ha sempre come fine la santificazione della Chiesa, è duplice. In maniera metaforica potremmo dire che avviene dall’alto, attraverso i sacramenti, e dal basso, attraverso i carismi. Questa duplicità fa sì che nella realtà della Chiesa si possano distinguere due livelli: quello dell’uguaglianza e quello della diversità. In essa infatti ci sono realtà che appartengono a tutti e che sono identiche per tutti come i sacramenti, le verità rivelate a cui ciascun fedele aderisce attraverso la fede: “Un solo corpo, un solo Spirito…un solo Dio Padre di tutti…un solo battesimo (Ef 4,4); e poi ci sono realtà diverse per ciascuno: i carismi che sono l’espressione del dinamismo e della varietà della Chiesa. C’è lo Spirito che agisce attraverso il magistero, la gerarchia della Chiesa e la sua autorità, e che dona alla Chiesa la stabilità necessaria per essere credibile lungo la storia e c’è lo Spirito che, per dirla con s. Paolo, agisce come vuole (1Cor 12,11). In questo caso regna sovrana la libertà di Dio che permette alla Chiesa di vivere lungo la storia nel segno della profezia e della novità perpetua dell’amore di Dio.
I sacramenti, il magistero, la gerarchia sono il dono fatto a tutti per l’utilità di ciascuno, il carisma è il dono fatto a ciascuno per l’utilità di tutti. I sacramenti sono doni dati all’insieme della Chiesa per santificare i singoli, i carismi sono doni dati ai singoli per santificare l’insieme della Chiesa. La tensione che sfida la Chiesa in ogni momento e per tutti i secoli è quella di dover armonizzare queste due modalità del dono dello Spirito (istituzione – profezia, mistero petrino e mistero mariano). Certamente il Concilio Vaticano II, nella forza rigeneratrice dello Spirito, ha rimesso a tema in modo nuovo l’armonia esistente tra quelle due realtà distinte e ciò ha fatto soprattutto restituendo all’idea di carisma il giusto valore che gli è proprio. Ecco perché ora mi soffermo con più attenzione su cosa sono i carismi.
Troviamo già nel N.T. le categorie di carisma e di ministero. Per la precisione il ministero – servizio – è già abbondantemente presente nei Vangeli (diaconeo, diaconos), mentre la parola carisma appartiene solo alle lettere paoline e a una citazione di Pietro (Rm 1,11; 5,15; 6,23; 11,29; 12,6; 1Cor 1,7;7,7; 12,4 ss; 2Cor 1,11; 1Tm 4,14; 2Tm 1,6; 1Pt 4,10). Qui basta ricordare che la Charis si rende presente in modo specialissimo – come ombra – sul grembo della Vergine che a propria volta si definisce “serva del Signore”: pertanto carisma e ministero sono mirabilmente unite nella figura di Colei che è definita immagine della Chiesa.
Dal testo conciliare risulta chiaro qual è lo scopo dei carismi: essi sono destinati a rendere i fedeli “adatti e pronti” ad assumersi delle responsabilità in ordine al rinnovamento interiore e all’espansione esterna della Chiesa. Il Concilio ripropone l’insegnamento del Nuovo Testamento sui carismi. S. Paolo scrive che è Dio che “ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, alfine di edificare il corpo di Cristo” (Ef 4,11). S. Pietro, da parte sua, raccomanda: “Ciascuno viva secondo la grazia (charisma) ricevuta, mettendola a servizio (diakonìa) degli altri” (1 Pt4,10). Esiste un legame inscindibile tra carisma e ministero perché lo scopo proprio del dono di grazia è appunto il ministero, cioè il servizio. Non esiste nella Chiesa un dono dello Spirito che non sia a vantaggio e a servizio di tutti. Non c’è santità nella Chiesa che non nasca per il servizio dell’intero Corpo di Cristo. Questa cosa è così vera che laddove un carisma si chiude in sé stesso, facilmente nascono prima le eresie e poi la morte, per questo Agostino poteva dire: ciò che ognuno riceve in dono dallo Spirito Santo, è la Chiesa che lo riceve (cfr. De Trinitate XV, 19,34).
Ecco perché S. Paolo chiama la carità la “via migliore”, e cioè il carisma dei carismi. È s. Agostino che ce lo spiega dopo aver elencato i carismi citati in 1 Cor 12,8-10: “Forse, tu non hai nessuno di questi doni elencati; ma se ami, quello che possiedi non è poco. Se infatti ami l’unità, tutto ciò che in essa è posseduto da qualcuno, lo possiedi anche tu! Bandisci l’invidia e sarà tuo ciò che è mio, e se io bandisco l’invidia, è mio ciò che possiedi tu. L’invidia separa, la carità unisce. Soltanto l’occhio, nel corpo, ha la facoltà di vedere; ma è forse soltanto per sé stesso che l’occhio vede? No, egli vede per la mano, per il piede e per tutte le altre membra; se infatti il piede sta per urtare in qualche ostacolo, l’occhio non si volge certo altrove, evitando di prevenirlo. Soltanto la mano agisce nel corpo; ma forse che essa agisce soltanto per sé stessa? No, agisce anche per l’occhio; infatti se sta per arrivare qualche colpo che ha di mira, non la mano, ma soltanto il volto, forse che la mano dice: ‘”Non mi muovo, perché il colpo non è diretto a me”? Così il piede, camminando, serve tutte le membra; le altre membra tacciono e la lingua parla per tutte. Abbiamo, dunque, lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa e l’amiamo se ci manteniamo inseriti nella sua unità e nella sua carità. Infatti lo stesso Apostolo, dopo aver affermato che agli uomini sono stati dati doni diversi, così come vengono assegnati compiti diversi alle membra del corpo, continua dicendo: ‘Io vi mostrerò una via migliore di tutte’ (1 Cor 12,3 1) e comincia a parlare della carità. Antepone la carità alle lingue degli uomini e degli angeli, la preferisce ai miracoli della fede, alla scienza e alla profezia; la mette perfino prima di quelle grandi opere di misericordia che consistono nel donare tutto ciò che si ha ai poveri; la preferisce, da ultimo, anche al martirio del corpo. A tutti questi grandi doni antepone la carità. Abbi dunque la carità e avrai tutto, perché qualsiasi altra cosa tu possa avere, senza di essa, a nulla potrà giovarti” (S. Agostino, In Iohannem, 32,8).
Penso di poter dire che la carità moltiplica i carismi perché fa del carisma di uno il carisma di tutti: «Dall’abbondanza e dalla varietà dei doni risulta la comunione della Chiesa, una e universale nella varietà dei popoli, delle tradizioni, delle vocazioni, delle esperienze spirituali. L’azione dello Spirito si manifesta e opera nella molteplicità e ricchezza dei carismi che accompagnano i ministeri svolti nelle varie forme e misure richieste dalle necessità dei tempi e dei luoghi: per esempio, con l’aiuto ai poveri, agli ammalati, agli infortunati, agli handicappati o «impediti» nei diversi modi; oppure, a un livello ancora più alto, col consiglio, la direzione spirituale, la pacificazione tra i contendenti, la conversione dei peccatori, l’attrazione alla parola di Dio, l’efficacia della predicazione e della penna, l’educazione nella fede, l’infervoramento nel bene, ecc.: è una rosa vastissima di carismi, con i quali lo Spirito Santo partecipa alla Chiesa la sua carità e santità , in analogia con l’economia generale della creazione, nella quale, come osserva san Tommaso, l’unico Essere di Dio partecipa alle cose la sua perfezione infinita» (Udienza generale 27 febbraio 1991).
Tutto questo ci porta ad approfondire quella che il Concilio ha chiamato l’universale vocazione alla santità (LG V, 39-42). Se il battezzato, il forza del dono dello Spirito è portatore di doni e carismi a servizio della Chiesa e dell’umanità intera, questo significa che ogni battezzato è chiamato in forza di questo dono alla santità.
Riprendo alcune delle bellissime parole di Benedetto XVI durante l’udienza generale del 13 aprile 2011 :
Che cosa vuol dire essere santi? Chi è chiamato ad essere santo? Spesso si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi eletti. San Paolo, invece, parla del grande disegno di Dio e afferma: “In lui – Cristo – (Dio) ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4). E parla di noi tutti. Al centro del disegno divino c’è Cristo, nel quale Dio mostra il suo Volto: il Mistero nascosto nei secoli si è rivelato in pienezza nel Verbo fatto carne. E Paolo poi dice: “E’ piaciuto infatti a Dio che abiti in Lui tutta la pienezza” (Col 1,19). In Cristo il Dio vivente si è fatto vicino, visibile, ascoltabile, toccabile affinché ognuno possa attingere dalla sua pienezza di grazia e di verità (cfr Gv 1,14-16). Perciò, tutta l’esistenza cristiana conosce un’unica suprema legge, quella che san Paolo esprime in una formula che ricorre in tutti i suoi scritti: in Cristo Gesù. La santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua. E’ l’essere conformi a Gesù, come afferma san Paolo: “Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29).
Ciò che appartiene, senza esclusione di nessuno, ad ogni battezzato è la “vocazione alla santità”. Ogni uomo è chiamato non ad essere in un qualsiasi modo. Esiste un solo pensiero o progetto di Dio a riguardo dell’uomo: la partecipazione di questi alla vita divina in Cristo. Cioè: ogni uomo è chiamato ad essere santo e per questo ogni battezzato è “sollecitato” dallo Spirito alla perfezione della carità, cioè è chiamato alla santità. La vocazione connota quindi la realizzazione da parte del Padre del progetto a riguardo di ogni uomo di renderlo partecipe alla divina figliazione del Verbo: in questo senso il contenuto della vocazione con cui Dio chiama ogni uomo è la santità; è la vocazione universale alla santità. È dentro a questo contesto che il Concilio specifica il suo magistero parlando della santità dei laici. (LG 41, e anche 30-38). Definita la natura propria del laicato mediante la categoria della secolarità, il Concilio conclude che la missione propria del laico è di realizzare la santità dentro il secolo inteso come modo di vivere loro proprio: la perfezione della carità dentro le pieghe della quotidianità umana. E la ordinaria quotidianità dell’esistenza è fatta di affetti, di lavoro, di sofferenza… di tutto ciò che per natura appartiene all’uomo. È questa santità che promuove un tenore di vita più umano anche nella stessa società terrena (LG 40).
Questa lezione fa parte di questa raccolta di lezioni sulla Chiesa:
Mauro Leonardi – La Chiesa. Cristo e la Chiesa, fondazione e immagini (1)
Mauro Leonardi – La Chiesa. La Fede e l’appartenenza alla Chiesa (2)
Mauro Leonardi – La Chiesa. Carismi e ministeri (3)
Mauro Leonardi – La Chiesa. Per il mondo: la missione e le qualità (4)
Mauro Leonardi – La Chiesa. Maria icona della Chiesa (5)