Articoli / Blog | 28 Febbraio 2019

FarodiRoma – Perché oggi Allegri è uscito da Instagram e Twitter

Da questa mattina, chi cerca Massimiliano Allegri su Twitter o Instagram non lo trova. Non c’è una spiegazione ufficiale ma tutti pensano che l’allenatore della Juventus abbia deciso di disattivare i propri account a causa dei continui, ripetuti ed ossessivi attacchi alla sua persona.
Chi segue le sue interviste sa che uno dei ritornelli di Allegri è “basta parlare, bisogna agire”: è possibile quindi che, coerentemente al proprio motto, abbia ritenuto che la chiusura del suo account fosse il gesto più significativo per rimediare a questa vergogna. Perché, se è sempre una vergogna insultare qualcuno, lo è massimamente con un allenatore come Allegri cioè con colui che, dopo Trapattoni e Lippi, è il mister che ha vinto di più nella storia della Juve. Oltretutto, mentre Trapattoni e Lippi sono stati alla guida della Juventus rispettivamente quindici e nove anni, Allegri ha vinto tutto quello che ha vinto (e cioè dieci trofei) in cinque anni.
Fa riflettere che dopo il mezzo passo falso con l’Atletico uno degli allenatori più vincenti della Juve e dell’intero calcio italiano debba subire, lui e i suoi cari, questa gogna sui social. Non è possibile verificare la carta d’identità sportiva degli haters di Allegri ma pare certo che, in gran parte, si tratti di juventini delusi. L’incapacità di reggere la delusione, ovvero la frustrazione dei propri desideri, sembra essere la benzina che spinge moltissimi ad insultare. Questo aspetto della questione è ciò che più fa riflettere perché mostra una malattia che al giorno d’oggi pare diffusissima, addirittura endemica: l’incapacità di elaborare la propria delusione, ovvero la frustrazione dei desideri. Il tifoso della Juventus che dà la colpa ad Allegri per la sconfitta di Madrid mostra la sua incapacità di trasformare un evento negativo come quello di una sconfitta in una fonte di apprendimento che gli consenta di acquisire competenze utili per migliorare. Individuare un capro espiatorio dà la sensazione di avere risolto il problema ma moltissime volte, come avviene nel caso dell’allenatore livornese, può rendere la situazione ancora più difficile. Lo si vede proprio in questa circostanza quando questo psico-dramma si sta consumando non per l’eliminazione della Juventus dalla Champions League, ma per una sconfitta che, in astratto, è assolutamente rimediabile: l’effetto paradosso però è quello di far crescere la tensione su Allegri rendendo a lui, e quindi a tutta la squadra, ancora più arduo il compito di recuperare. Il tifoso della squadra bianconera in questo caso si comporta come quelle persone che quando litigano dicono di avere “un problema di relazione” dimenticando che il litigio, in quanto tale, non è un problema di relazione ma è semplicemente uno dei normali momenti consustanziali a ogni relazione. In questo forse lo slogan della Juve per cui “vincere non è importante: è la sola cosa che conta” si rivela un boomerang perché nel calcio, come nella vita, non conta solo vincere ma conta giocare al meglio con le carte che la vita mette in quel momento a tua disposizione. E a volte quel “giocare al meglio” vuol dire anche perdere. Chi uccide a parole Allegri si comporta stupidamente come chi crede che una relazione abbia senso solo se priva di imperfezioni e di incidenti. E qui forse la società bianconera dovrebbe pensare se rivalutare, almeno in qualche aspetto, Pierre De Coubertin.

Tratto da Faro di Roma