Articoli / Blog | 12 Agosto 2018

Avvenire – E il ricordo si fa oggi

Per molti cristiani, le vacanze hanno spesso la componente del ‘fare memoria’. Dopo la giusta presa di distanza dalla vita quotidiana che, magari, ci ha stancato e prosciugato le forze, sentiamo il bisogno di tornare alle nostre origini. A volte questo avviene anche fisicamente con il tornare nella casa avita dove villeggiavamo da piccoli, o a quel certo monastero, ma sempre, anche se siamo in posti nuovi, camminando sul bagnasciuga di una spiaggia mai vista prima, mentre guardiamo quel nuovo orizzonte, torniamo a pensare all’anno trascorso, ai nostri amori, a certi dolori. Papa Francesco ci ha spesso ricordato che quando l’angelo annuncia il Risorto sottolinea per ben due volte che troveranno Gesù «in Galilea», che «è il luogo della prima chiamata, dove tutto è iniziato» (Omelia nella veglia pasquale, 20 aprile 2014).

Nel Deuteronomio, che è il libro della Bibbia in cui la tradizione ci dice che Mosè parla poco prima di morire – cioè quando è terminata la grande tappa del viaggio nel deserto e si sta per entrare in una nuova fase della vita, quella della Terra Promessa – l’insegnamento più ricorrente è quello del ricordare. «Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto… Guardati bene dal dimenticare il Signore tuo Dio… Ricordati invece del Signore tuo Dio… Ma se tu dimenticherai il Signore tuo Dio… » (Deut. 8, 2-19). È molto bello pertanto che, ogni anno, nelle nostre vacanze, non manchi mai il momento del ricordo, quello della memoria. Perché ricordare oggi non è ricordare come un anno fa. Fare memoria dell’irrompere di Dio nella mia vita, oggi, non è solo un ricordo, ma è un ‘ricordo fatto oggi’.

Ricordare ‘oggi’ non è come ricordare un anno fa perché la memoria non è il semplice ricordo dei fatti ma è la rilettura sapienziale della nostra vita a partire da un fatto che ci è accaduto oggi e che permette di leggere in modo nuovo quello che è stato e quello che siamo. Quello che siamo oggi. Non quello che eravamo ieri. Quando Mosè o l’angelo ci dicono di ricordare, non ci chiedono di andare a guardare la galleria delle foto sullo smartphone, ma ci spingono ad aggiungere a quel rullino il nostro oggi. Questo è ‘fare memoria’. Fare memoria è guardare il nostro passato a partire da quello che oggi il Signore ci chiede di essere.

E poi, in questo ‘fare memoria’, ci sono delle persone. L’irrompere di Dio nella nostra vita significa non solo pensare a quando è stato e a dove è stato, ma a chi è stato l’inviato di Dio per noi. Perché Dio agisce – eccome, se agisce – ma mai senza di noi. Mai senza qualcuno che Lui ci invia, che Lui ci manda. Mai senza una persona. Perché anche quando parliamo di fatti, i fatti, in modo diretto o indiretto, sono sempre ‘agiti’ dalle persone. Fare memoria di quei nomi ‘oggi’ permette di arrivare alla domanda sul mistero grande, insondabile: perché tutto questo è avvenuto proprio a me e in questa forma, in questo modo? Questa domanda calata nella storia, è il mistero grande, insondabile, che ci porta sulla soglia del dialogo con Dio. Cosa mi dice Dio ‘oggi’ significa: come mi ha toccato Dio nel passato e come mi continua a toccare nel presente?

E questo ricordo, dopo un primo momento personale collegato con un luogo, con un tempo, con dei nomi del passato, si apre anche sempre a una dimensione di accompagnamento. Chi non rimane stupito e meravigliato quando un bimbo, una bimba, muovono il primo passo? Iniziano a camminare per la prima volta, muovono il primo passo, e noi ne gioiamo. Ma nessuno di noi ricorda il proprio primo passo. Quello lo ricordano solo i nostri genitori. Non dobbiamo commettere l’errore, nel fare memoria, di pensare di ricordare i primi passi fatti, credendo di poterli ricordare ‘da soli’. Molto spesso noi non vediamo da soli i nostri passi né, in particolare, i nostri primi passi. Abbiamo bisogno di qualcuno che ce li racconti. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a vedere quello che noi non vediamo, a leggere quello che noi non leggiamo.

Noi uomini abbiamo gli occhi ‘davanti’, possiamo guardare solo ‘in avanti’. Abbiamo sempre bisogno di qualcuno che veda dietro di noi, qualcuno che ci racconti quella parte di spazio che noi da soli non possiamo vedere. Non possiamo pretendere di vederci da soli, abbiamo bisogno di guardarci anche attraverso chi ci sta accanto. Oggi.

La prima pagina di Avvenire di oggi, 12 agosto ’18

Tratto da Avvenire