Articoli / Blog | 23 Giugno 2018

Visto/ Fede da marciapiede – Moana Pozzi, un’icona che ci interroga

In questi giorni si è inaugurata, a Bagheria, in Sicilia, una mostra di locandine e manifesti di film che hanno per protagonista Moana Pozzi. Lei, Moana, è stata la prima porno attrice italiana a venir accettata dalla gente come persona. Tutti la sapevano intelligente, colta e in grado di esprimersi in ambiti impegnati con assoluta dignità, abbattendo così i preconcetti relativi alle pornostar. Grazie alla TV, Moana divenne popolare presso il grande pubblico che ne apprezzava l’intelligenza e si stupiva che, oltre all’ovvio del porno, ci fosse anche il cervello.

Moana era il nome d’arte ma era anche il suo vero nome. Perché Moana Pozzi, all’anagrafe, era Anna Moana Rosa Pozzi. Chissà se i suoi genitori sapevano che Moana è il nome di un’isola delle Hawaii che, in dialetto polinesiano, significa “il punto dove il mare è più profondo”. Perché certamente Moana fu donna profonda: pensi a lei e ti accorgi che la sua icona resiste imperturbabile all’ovvia battuta che esalta lo stereotipo sessuale per portarti a riconoscere, vergognandoti di non averlo scoperto subito, di avere davanti una donna dotata “anche” di pensiero e cultura non comune.

La gente l’amava e l’accettava perché Moana era “più” delle sue pellicole hard e perché mostrava che il sesso poteva non essere relegato all’alternativa tra l’animalità volgare o il rifiuto bigotto. In un modo molto lontano dalla spiritualità cristiana e dalla morale cattolica, Moana, con la sua vita, ha voluto dire che il sesso è un ambito bello della vita umana, nobile, che non va ridotto all’alternativa tra fecondità e peccato, e che non può essere relegato nel recinto dello scabroso e del volgare. Anche se certamente la fede in Cristo mi fa andare oltre il modo in cui Moana vedeva il sesso, lo stesso Gesù mi spinge a riconoscere in tale sforzo di emancipazione un seme di verità che Lui vuole valorizzare.

San Giovanni Paolo II raccomandava ai sacerdoti di avere un rapporto risolto con la femminilità e anche Papa Francesco, recentemente, è tornato a chiedere ai giovani preti che il loro celibato fosse vissuto in modo maturo; che siano capaci di fare i conti col desiderio umano di avere una donna e dei figli perché tali sogni sono stati messi nel cuore dell’uomo da Dio: tanto che, se non ci fossero, sarebbe impossibile il matrimonio e, quindi, la possibilità di scegliere il celibato.

Moana non comprese che se il corpo e il sesso sono ambiti di bellezza sacra e delicata, allora devono essere trattati non come merce a disposizione di chi paga ma come dono fedele ed esclusivo ad una persona che davvero possa accogliere e riconoscere questa grazia. Qui forse tocco la parte dolorosa di Moana: dimensione però che la rende ancora più affascinante perché identica al dramma di ciascuno di noi quando cerchiamo per mille vie, anche sbagliate, anche proibite, di rispondere al desiderio d’amore grande, assoluto, che abbiamo dentro. Quell’amore che se non riusciamo a realizzare e ad incontrare, ci porta ad essere prigionieri di scelte spesso contraddittorie, vitali ma anche, contemporaneamente, piene di dolore.

Mi pare sintomatico che un Museo voglia esporre le copertine dei film di Moana. Spesso ci fermiamo proprio alla “copertina” dell’amore e, pur cogliendone alcuni aspetti, non riusciamo ad andare a fondo di quel meraviglioso desiderio di infinita appartenenza ed esclusivo riconoscimento che è l’amore. Moana in questo senso era veramente una persona comune che voleva amare e farsi amare senza, come molti di noi, riuscire in questo intento. Credo che sia qui il vero motore della fama di Moana. La gente ha riconosciuto in lei, nei suoi organi della vita e dell’amore ostentati in quel modo, il retrogusto amaro della morte. Nella parabola vitale di Moana, la sua tragica e misteriosa fine è come il duello conclusivo della tensione che in lei suscitava emozione, comprensione, tenerezza. In fondo, la vita di Moana ci fa risentire la verità dei racconti omerici delle sirene. Esseri meravigliosi e misteriosi che cantano armonie capaci di estasiarci ma anche capaci, se ci facciamo incantare dalla loro attrattiva assoluta, di rivelarsi calamite che ci portano agli scogli della disillusione e del dolore. Perché l’amore non è solo la bellezza di un corpo affascinante e leggiadro, non è solo la capacità di coniugare sensualità e intelligenza, ma è anche umiltà, pazienza e capacità di non stare in copertina pur di fare la volontà di chi ami per testimoniare chi sei ma rinunciando a te stesso, pronunciando un sì esclusivo e per sempre che dia più luce e più senso a quella bellezza del corpo, del sesso, della bella parola, che Moana rappresenta. Come in una delle copertine dei suoi film, ma andando oltre la copertina.

 

Tratto da Visto numero 26 del 20 giugno 2018