Articoli / Blog | 06 Marzo 2018

FarodiRoma – Dopo le elezioni l’unica via è quella del dialogo e di un reciproco riconoscimento

Nel vedere l’Italia a due colori, quello azzurro del centro-destra e quello giallo dei cinque stelle, il primo che copre interamente il nord e il secondo che si prende il sud, viene una paura nuova, una paura che non c’era quando i colori erano il rosso e l’azzurro democristiano. La paura non nasce da una preoccupazione ideologica ma da una constatazione: quella per cui gli uni non vogliono dialogare con gli altri (e Matteo Renzi non perde la sciagurata possibilità di iscrivere al club dei “non dialoganti” quel che resta del PD). Mi viene in mente con forza uno dei “chiodi” (o principi) cui Papa Francesco in Evangelii Gaudium appende il suo pensiero: l’unità prevale sul conflitto. Significa in pratica che il popolo italiano si aspetta che la più sciagurata delle promesse elettorali, quella di non scendere mai a compromessi con le altre parti, venga disattesa. Poiché un Paese che chiede stabilità e governo sa che mai come oggi scendere a compromessi non è uno “scendere” ma è un “salire”. Perché trovare una strada praticabile per vivere non è un cadere e un lasciarsi andare ma un costruire, mettere i piedi sugli scalini e fare forza sui muscoli delle gambe.
La città di Dio, mi riferisco all’opera di sant’Agostino, è senza dubbio una delle opere più importanti dell’occidente. In essa il santo filosofo ci presenta un principio ermeneutico essenziale nel suo pensiero: lo schema delle due città. Esistono due amori: l’amor per sé, individualista, che strumentalizza l’altro per i propri scopi, e si ribella a Dio; e l’amore santo, che è progettualmente sociale, è ordinato al bene comune e segue i comandamenti del Signore. Ora, nel nostro caso, Salvini e Di Maio hanno idee profondamente diverse su cosa significhi per il loro raggruppamento “individualismo” o “bene comune” ma in realtà questo non importa perché il grande insegnamento di Agostino non è che queste città, La città di Dio e la Città dell’uomo, esistono ma che esistono frammiste: qualsiasi sia il bene o il male, si chiami come si chiami il buono o il cattivo, esso vive assieme. E questa, come insegna la parabola del grano e della zizzania, non è un’idea di Agostino ma è un insegnamento evangelico. La città celeste e la città terrestre verranno separate alla fine dei tempi ma qui e ora devono vivere insieme perché nel qui della storia sono inestricabilmente frammiste. La perdita del senso cristiano del nostro tempo non si misura per il fatto che i crocefissi sono appesi alle pareti o meno ma per il fatto che l’uomo non cristiano, l’uomo pagano, diventa subito un uomo manicheo, diventa subito dualista. Il cristianesimo è quel modo di vedere la realtà consapevole che la storia umana è il campo ambiguo dove sono in gioco diversi progetti, nessuno dei quali è immacolato. Sant’Agostino, anzi, riteneva che tutti i progetti reali, cioè storici, fossero mossi sia da amore santo che da un amore immondo. Questo modo di vedere era comune a Togliatti e De Gasperi, a Andreotti e Berlinguer, a Moro e Craxi. Sapranno vederlo anche Salvini e Di Maio? Dubito che abbiano letto La Città di Dio di Agostino ma i segni dei tempi, la logica delle cose, sapranno leggerla?

Tratto da FarodiRoma