Articoli / Blog | 03 Febbraio 2018

FarodiRoma – Amazon. Quei braccialetti che umiliano i lavoratori

Amazon ha brevettato i “bracciali intelligenti”. Legati al polso dei lavoratori monitorano la correttezza e la rapidità di ogni singolo movimento avvisandolo, con una vibrazione, degli errori e dei ritardi. Non si sa quando questo braccialetto sarà operativo anche in Italia ma potrebbe essere tra non molto visto che già ora lo stabilimento Amazon di Piacenza ha in dotazione il puntatore ottico. “È una specie di pistola scanner – spiega uno dei “prenditori”, così si chiamano gli operai di Amazon che ogni giorno corrono avanti e indietro per 15 chilometri tra gli scaffali e il nastro trasportatore – con uno schermo che entro 15 secondi ti dice dove devi prendere la merce e poi misura quanto ci metti, quanti pezzi prendi. Dal primo Beep! parte il conto dei secondi che ci impieghi. I capi ti mandano dei messaggi per dirti se stai andando bene o se devi correre più veloce e tu vai in ansia. Sulla parete è scritto grosso come una casa: ‘Se sbagliate ve lo diciamo per migliorare’.” Il risultato è che si corre più in fretta e che quindi anche più in fretta si perde il posto o ci si licenzia: perché se non ti cacciano per mancata efficenza te ne vai tu per esaurimento. Ad Amazon, in media, ci si licenzia entro tre anni. E questo è vero anche tra gli assunti a tempo indeterminato. Sono pochissimi quelli che resistono più a lungo: “Ma all’azienda non interessa – dice un ex dipendente – non vogliono fidelizzarti, vogliono che ti sbrighi”. Insomma Jeff Bezos, fondatore di Amazon e quinto uomo più ricco del pianeta, si è messo sulle orme di un altro americano famoso, Henry Ford, l’inventore della catena di montaggio. Se non fosse per la libertà di recesso, l’operaio di Amazon sarebbe né più né meno che uno schiavo. Oltretutto questa “organizzazione scientifica del lavoro” prevede che l’operaio sia pagato pochissimo, anzi il minimo previsto dal contratto di commercio. E ancor meno percepisce chi trasporta la merce dal magazzino a destinazione: è il ragazzo, cioè, che porta a casa nostra in tempo record, l’articolo che abbiamo comprato sul computer. Se avessimo dei dubbi che tutto ciò sia disumano prendiamoci qualche minuto per riguardare le famosissime immagini di Tempi moderni in cui Charlie Chaplin è alla catena di montaggio. Sono del 1936, cioè di ottant’anni fa, e nella loro tragica ironia sono dolorosissime ma fanno anche sperare. Perché quando l’uomo prende coscienza di essere trattato come uno schiavo, come una macchina, prima o poi trova sempre la forza di lottare per recuperare la propria dignità. Come ha dimostarto quasi un secolo di lotte sindacali e di studi sui diritti dei lavoratori. Senza dimenticare la dottrina sociale della Chiesa. 

Tratto da FarodiRoma