Articoli / Blog | 15 Gennaio 2018

Blog – Il rispetto per gli insegnanti

Caro don Mauro, l’altro ieri ho ascoltato nei vari notiziari dell’aggressione all’insegnante in Sicilia, da parte di una coppia di genitori che “difendevano” il figlio da un rimprovero – più che opportuno – del professore. Il prof. è finito in ospedale. La cosa tragica è che non si tratta di un episodio unico in ambiente scolastico: in altre regioni, scuole e realtà, diversi professori ed presidi hanno denunciato simili nefandezze! Cosa significa tutto ciò? Che la cultura e lo studio non sono più valori e nella svalutazione assoluta del sapere attraverso lo studio passa anche il “diritto” di aggredire i docenti ? O è solo una genitorialità confusa e incerta ad esprimersi?
Ti chiedo un commento a tale episodio
Valentina Grimaldi

Genitorialità confusa e svalutazione del sapere. Purtroppo sono presenti entrambi questi elementi nella progressiva perdita di valore sociale della scuola e dei docenti e nel comportamento sempre più irresponsabile, maleducato – se non violento – di molti giovani che, spalleggiati da famiglie dotate di altrettanta protervia, credono di essere depositari solo di diritti rispetto all’educazione e alla formazione e mai di doveri e responsabilità.
In una società dove si pensa che gli insegnanti stiano sempre in vacanza e lavorino solo 18 ore a settimana è quasi impossibile passare alle giovani generazioni il rispetto per le persone, per la cultura ed il lavoro, la consapevolezza dell’importanza centrale dell’educazione e dello studio per vivere consapevolmente nella realtà.
A ciò si aggiunga che molti genitori sembrano incapaci di dire dei no, di tracciare confini entro i quali i bambini – e poi i ragazzi – possano sperimentare via via spazi sempre più ampi di autonomia, correlati però alle relative assunzioni di responsabilità. Abituati ad avere tutto, ad ottenere tutto senza fatica e sacrificio, pretendono e si aspettano che anche nella scuola e nella vita funzioni così. In questo modo, alla minima frustrazione di queste aspettative onnipotenti esplodono in comportamenti devianti e violenti.
La generazione del “click” – come qualcuno ha definito i giovani cresciuti all’epoca di tecnologie innovative che forniscono risposte immediate ma irriflesse – pensa che la conoscenza si acquisisca senza sforzo ed in modo indifferenziato e acritico. Oggi è quasi impossibile chiedere a un giovane di imparare a memoria, di scrivere a mano, di calcolare a mente, perché queste attività implicano pazienza, concentrazione, attesa, sforzo di revisione, riflessione, correzione in caso di errore. La famiglia dovrebbe far comprendere ai bambini e ai ragazzi la necessità di saper rispettare delle regole, di fronteggiare le frustrazioni, a volte persino quelle ingiuste di cui, disgraziatamente, la vita “vera” è piena. Invece abbiamo genitori che vogliono proteggere i figli da tutto e da tutti e ad ogni costo. In parte, non nascondiamocelo, è colpa della politica che relega i docenti, specie dei gradi inferiori, al ruolo di baby sitter visto che la bocciatura o anche l’attribuzione di una valutazione del comportamento è di fatto negata in nome di un diritto al successo formativo che rischia di diventare un arbitrio e quindi di fatto uno strumento di ulteriore discriminazione sociale e culturale. Scuola e famiglia devono collaborare assolutamente in questa direzione anche perché i nostri giovani non hanno dinnanzi a sé un futuro roseo. La speranza è che gli episodi violenti contro la scuola, la cultura, gli insegnanti, da parte di genitori più scapestrati dei figli spingano ad una riflessione sull’urgenza di conferire nuovamente alla scuola un reale compito educativo e di formazione. Grazie Valentina di avermi dato la possibilità di parlare di questo delicatissimo tema.