Blog / Inediti del blog / Lettere | 23 Settembre 2017

Luigi Russo – Monologo interiore di un pubblicano di oggi

Luigi Russo ha già pubblicato una lettera sul blog, oggi ne ripropone un’altra in occasione della festa di san Matteo, il 21 settembre

Lectio Humana Monologo interiore di un pubblicano di oggi (rif. Mt, 9, 9-13)

Ci chiamano così, pubblicani.
Alle dipendenze dirette del governo d’occupazione romano. Riscuotiamo i tributi. A volte li anticipiamo e poi ce li facciamo restituire con interessi, diciamo così, un po’ esagerati. Ci odiano i nostri stessi compaesani: ci considerano impuri, venduti, traditori.
Oggi sono rimasto scioccato.
Sono andato a pranzo a casa di Matteo, uno di noi, pubblicano, esattore delle imposte. Non era un pranzo come gli altri. Si, si, abbiamo mangiato e bevuto tanto, come sempre. D’altro canto di denari ne abbiamo a sufficienza.
Si è fermato a pranzo con noi un uomo di cui avevo già sentito parlare.
Gesù.
C’era anche un manipolo di uomini che lo seguono. Mi sono sentito un po’ a disagio a sedere intorno a quella mensa.
Non so.
Quest’uomo e suoi avevano un modo diverso di guardarci.
Il loro sguardo era di rispetto, non so come dire, quasi di bene.
Come se a lui importasse solo stare con noi. Con me, con Matteo.
Sa chi siamo, che cosa facciamo. Eppure non una parola sulle nostre condotte di vita.
Non un rimprovero.
Dovevate sentirlo parlare, Matteo.
Diceva di essersi sentito guardato con amore. Che quando quel Gesù gli aveva detto “seguimi” lui si era sentito per la prima volta chiamato per quello che era e non per quello che faceva, che aveva scelto di fare. Raccontava, con le lacrime agli occhi, di essersi sentito guardato come uomo da un altro uomo. Senza pregiudizio, senza costrutti, solo come Matteo. Mi ha fatto commuovere anche se ho avuto paura che fosse diventato pazzo.
Eccoli li.
Ad un certo punto un gruppo di farisei, ho visto, hanno chiamato alcuni di quelli che seguivano Gesù. Si sono subito interessati al nostro comportamento. Come mai, hanno chiesto loro, il vostro Maestro non si cura di quello che fanno quelli li? Come mai non si preoccupa di contaminarsi mangiando con quelli li? Come mai condivide la tavola con gente che, sappiamo per certo, ha scelto condotte di vita sbagliate? Come mai, piuttosto, non va a parlare nelle sedi opportune perché si facciano leggi che evitino il propagarsi di quelle condotte? Come mai non si preoccupa di mettere dei paletti al loro comportamento? Come mai anche adesso parla e mangia con loro in maniera così naturale? Perché non con noi, rigorosi, osservanti, puri?
Mi veniva da rispondere io: semplicemente perché a Lui importa chi siamo e non quello che facciamo.
E invece ha risposto Lui direttamente, accortosi dell’imbarazzo dei suoi.
Li ha rimandati a riflettere su un versetto della Torah che parla di misericordia. E non di sacrifici.
Misericordia.
Ecco, Lui, guardandoci così, amandoci così, accogliendoci così, mangiando insieme a noi, ha reso visibile questo concetto di misericordia. Che poi, dice, è lo stesso sguardo con il quale il Padre suo guarda a ciascuno di noi.
Misericordia: stare qui, intorno a questa mensa, condividendo con noi cibo e vino, come fratelli.
Io, pubblicano, a mensa con Gesù.
Io che mi sono sentito accolto così e che vedo Matteo come mai.
Io che ho sentito anche di uno dei nostri capi, Zaccheo, di Gerico, che ha ridato il maltolto e molto di più a coloro cui aveva sottratto.
Io che cosa posso fare se non, a mia volta, uscire e cercare di guardare gli altri con lo stesso sguardo?
Mi vengono i brividi… io, Matteo, Zaccheo, i Suoi, amati, amanti…

Luigi Russo è psicologo, psicoterapeuta, dottore di ricerca in scienze dell’educazione. Svolge la sua attività clinica e di ricerca presso L’Istituto Scientifico E. Medea di Brindisi che si occupa di psicopatologia e neuropatologia dell’età evolutiva. È responsabile del Centro Educativo Ambarabà di Lecce che si prende cura di ragazzi e ragazze in situazioni esistenziali difficili in collaborazione con i Servizi Sociali e il Tribunale per i Minorenni