Articoli / Blog | 22 Settembre 2017

FarodiRoma – Quando un cagnolino ci insegna cosa è l’amore

Un bastardino nero, di taglia media, niente di speciale, viene investito da una macchina che se ne va. Un cane meticcio che scorrazzava tutti i giorni giocando con l’amico morto rimane per ore accanto al compagno morto, seduto sulla strada con il rischio di fare la stessa fine. Pretende che la gente si fermi, che il traffico si blocchi, per onorare l’amico morto e soprattutto perché gli uomini abbiano la possibilità di rimediare al gesto vigliacco del loro simile che ammazza e scompare. Una veglia straziante e commovente che racconta più di mille parole. La periferia di Roma diventa la periferia di due cani che aumentando i disagi di una strada già congestionata, rimettono al centro dei nostri cuori e della nostra mente il valore dell’amicizia e quello della responsabilità per le proprie azioni, anche quelle cattive.
Il cane che si mette in mezzo alla strada a fianco del cadavere del cagnolino amico e non c’è verso che lo sposti, non è quello che chiameresti un bel cane di razza, ma forse proprio per questo, forse perché è vissuto non nei salotti ma fra le mille difficoltà della strada, sa cos’è l’amicizia, sa che nella vita vera senza solidarietà e amicizia non si sopravvive, e c’insegna tutto. Perché essere amici vuol dire che non ti lascio e che ti voglio bene così come sei e che non m’importa se si fanno le file e la gente protesta e si scandalizza e si lamenta e si creano disagi. Io sto insieme a te anche se tu non respiri più, amico mio perché essere amici significa che non ti dimentico e ti sto a fianco anche se anche io rischio di finire sotto una macchina: perché voglio che gli uomini che ti hanno ammazzato si fermino e vengano a guardare cos’hanno fatto
Essere amici significa che chissà quante volte ci siamo fatti del male; chissà quante volte ti ho deluso e fatto piangere e tu mi hai ferito, ma non importa. Nel cuore l’amore rimane e non si cancella. E io rimango fino a quando ottengo quello che voglio, amico mio: che i signori in macchina non suonino più il clacson ma che si fermino con me per vegliare te, amico mio. Perché tu sei stato ucciso da uno di loro che se n’è andato e ti hanno lasciato solo come se tu non esistessi. Ma io voglio che questi signori con la macchina rimedino al gesto insensato del loro collega insensato. Voglio che ora i signori che prima imprecavano e suonavano, si fermino e piangono e sorridono. Che guardando me che sono qui immobile, che in mezzo alla strada rischio la vita, si fermino per vedere che noi esistiamo. Che non ci siamo solo per farli giocare e divertire, ma ci siamo perché ci siamo: siamo noi.
Così, per una volta, il traffico di Roma è un corteo commosso. Per una volta due bastardini diventano i sovrani del cuore degli uomini. E i signori che stanno in coda arrabbiati finalmente possono fermarsi e riflettere su ciò che davvero è “davvero importante”.

Tratto da FarodiRoma