Articoli / Blog | 05 Settembre 2017

FarodiRoma – La “buona scuola”. Ma è proprio giusto eliminare la possibilità che i ragazzi siano bocciati?

Secondo il ministero questo sarà più che mai l’anno della “buona scuola”: e questo grazie soprattutto a uno “stop alla bocciatura” che riguarda, per decreto, le elementari e le medie. Se si leggono bene i documenti le cose non sono poi così assolute ma è vero che nei fatti, da adesso, alle elementari e alle medie, sarà quasi impossibile bocciare: per esempio basterà che un solo professore si opponga alla ripetenza perché l’alunno passi l’anno, cioè venga promosso.
Mi faccio qualche domanda. Guardiamo in primo luogo il punto di vista dell’educazione. Di fatto, stiamo crescendo generazioni di giovani che sono sempre più fragili. Pare che gli adulti abbiano paura ad essere autorevoli e temano di insegnare che nella vita nessun “massimo risultato” può essere ottenuto con uno sforzo minimo. Ed è pericoloso abituarli all’idea contraria perché quando scopriranno che nella vita reale le cose non funzionano come abbiamo permesso loro di immaginarle, per superare la frustrazione rischiano di imboccare la strada della “scorciatoia”: che può essere quella della ricerca della raccomandazione ma può anche essere, via via a scendere, sempre peggio sino alla delinquenza.
Inoltre – ecco un’altra riflessione – corriamo il rischio, come paese, di appiattire le eccellenze. Perché quando un ragazzo capisce che il risultato non dipende dall’impegno, nel senso che il risultato è acquisito a prescindere dallo studio, rischia di scemare la motivazione che punta al risultato alto con il conseguente rischio di fallimento e aiuta a superare la fatica, a resistere allorché il risultato non giunge o tarda ad arrivare.
Mi sembra infine che questo decreto assesti un nuovo ceffone alla credibilità dei docenti, già fin troppo bistratti nella nostra società. Di fatto, in pratica, giungiamo quasi a proibire loro “per legge” di bocciare. Perché leviamo loro la possibilità di decidere se promuovere o bocciare a semplice maggioranza come si è fatto finora. Gli insegnanti scolastici paiono una classe sociale da tenere al guinzaglio. Si veicola l’idea che i docenti facciano della bocciatura il primo scopo della professione: non studi? e io ti boccio. Sappiamo tutti, invece, che spesso la bocciatura può non essere una punizione per lo svogliato di turno ma l’occasione per migliorare ed avere del tempo in più per colmare lacune pregresse. La ripetenza giusta insomma, quella sensata, è un modo in più per dare reale valore al titolo di studio che si sta prendendo. Sia la bocciatura che la promozione con la giusta valutazione sono strumenti utilissimi per restringere la forbice che ciascuno di noi alimenta inavvertitamente tra quanto “crede di sapere” e quanto “effettivamente sa”. Il passaggio dal “la so ma non la so spiegare” a “non la so” è stato per tutti noi un importantissimo momento di nascita alla realtà: doloroso forse a volte ma sempre salutare. Un giovane vuole imparare ad autodeterminarsi, a scegliere il proprio futuro, e per questo chiede alla società degli adulti che gli insegnino quella capacità di autovalutazione che è il perno centrale su cui far ruotare ogni progetto esistenziale. I ragazzi chiedono e cercano confini entro i quali costruire la propria vita. Ma in questo modo rischiamo solo di dar loro solo un cattivo esempio.