Articoli / Blog | 21 Agosto 2017

Agi – Barcellona, quale deve essere la nostra reazione

Oggi, lunedì 21 agosto, alle 17.10 parleremo di questo argomento a La Vita in diretta (Rai1) insieme a Dacia Maraini

Lo stato islamico, cioè l’Isis, rivendica l’attentato di Barcellona. La responsabilità di 13 morti e 86 feriti – dei quali 15 molto gravi – è quindi della Jihad.
La Jjhad (un sostantivo maschile che noi italiani usiamo per lo più al femminile) è la guerra santa: cioè è la convinzione che pervade alcuni fondamentalisti musulmani per cui “l’infedele” non ha neppure la possibilità di convertirsi: deve solo essere ammazzato. Per costoro – per gli Jihaidisti – la Jihad è un dovere non solo collettivo ma anche individuale, per questo sono possibili attacchi come quello di poco fa. Gli assassini non devono essere collegati tra loro o con i capi, in modo organico, strutturato o militarizzato come avviene per qualsiasi altro esercito. Il loro collegamento è interiore, spirituale, avviene direttamente con Allah che li incoraggia e fa loro sapere che «il martire non soffre quando muore. Sente come il pizzicore di una formica»: queste sono le agghiaccianti parole di Lara Bombonati, l’italiana in carcere per Jihad.
Per me che non ho soldi e non posso viaggiare, la città di Barcelllona è legata alla omonima canzone di Freddy Mercury e di Monserrat Caballé: una bellissima canzone che racconta come Barcellona sia luogo d’incontro, d’amore, di inclusione, di gioia. Come l’Aids ha spezzato la voce e la vita del cantante dei Queen, così questo attentato, diffondendo lo schifo del suo panico, rischia di imbrattare l’alone luminoso di questa città da sogno piena di storia, di cultura e di divertimento. Per questo, la reazione che noi gente qualsiasi possiamo avere è quella di riproporre la nostra cultura. La paura si vince guardandola in faccia. Barcellona si rialzerà in piedi. Subito. I turisti continueranno come prima a divertirsi e a visitarla con la consapevolezza in più che questa libertà non è solo svago e vacanza ma anche simbolo di laicità e di tolleranza. Di tutto ciò che l’odio fondamentalista non riuscirà a toglierci. Papa Francesco ha ripetuto decine di volte che uccidere in nome della religione è sempre una bestemmia. Ma non si è fermato lì. Ha anche spiegato che l’uccisione fanatica – cioè l’esito più estremo del fondamentalismo religioso – nasce dal fondamentalismo piccolo e quotidiano per cui, per esempio, un cristiano potrebbe pensare che il bene può essere fatto solo dai cristiani, dai cattolici: un ateo non potrebbe, un musulmano non potrebbe, un agnostico non potrebbe. E invece, ha spiegato il Papa nella memorabile omelia a santa Marta del 22 maggio 2013, è proprio del cristiano essere convinto che tutti – davvero tutti: cristiani, atei, musulmani, agnostici e così via – hanno nel cuore il comandamento di fare il bene e di non fare il male e devono seguire quel comandamento. Per cui non solo “possono” fare il bene: devono farlo. Barcellona con le sue Ramblas è una delle gemme dove meglio risplende tale tolleranza e tale inclusività. Dopo l’attentato, sarà dolorosamente simbolo anche di esse e non solo di Gaudì, del Montjuïc e del Tibidabo.

Tratto da Agi