Blog / Scritti segnalati dal blog | 06 Agosto 2017

IlFoglio – Pressappochista e piatto, Padre Spadaro non distingue neppure le forme della politica americana

Pubblichiamo un articolo di Giuliano Ferrara pubblicato nel quotidiano Il Foglio ieri, 5 agosto 2017, segnalato da Paola.

Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica e gesuita in chief nel circolo interno di Papa Bergoglio, è una notevole intelligenza non esente da una singolare vanità. Ha scritto un saggio contro i fondamentalisti evangelici americani e i cattolici integralisti, e la loro alleanza. Lo ha scritto in combinazione con Marcelo Figueroa, un biblista protestante che a sorpresa è stato nominato direttore dell’Osservatore Romano, edizione settimanale argentina (che è come se Abu Bakr al Baghdadi fosse nominato direttore del Cabaret Voltaire, più o meno). “Viste le reazioni allergiche al nostro saggio, bisogna dire che era dovuto da molto tempo, long overdue”, tuitta contento e fiero, gongola Spadaro, prelato multimediale che starebbe alla perfezione nelle capaci mani istriniche di Blaise Pascal, prima che lo beatifichino a tradimento, o in una commedia di Molièr. Ma io non sono allergico, reagisco al fatto che il saggio, politicamente opportuno dal punto di vista della Curia personale bergogliana, sia sottotono, piatto, e me ne stupisco perfino, visto che il colloqui celebre di Spadaro con Francesco era magnifico e molto ben scritto ed elaborato. In genere agli scrittori de La Civilità Cattolica sono capaci di una lingua semplice, accessibile, ma di scavi sofisticati tra le idee e i simulacri del tempo, roba forte che viene da una grande tradizione. Perché interromperla?
Spadaro e Figueroa ce l’hanno su con quella che giudicano l’ideologia americana, In God We Trust, scritto sul dollaro, l’eccezionalismo che fa della Repubblica Americana un faro sulla collina in tema della libertà di coscienza e di libertà civili, e confondono, bollandoli alla stessa stregua, i Bush e i Trump, che notoriamente non sono assimilabili e si sono combattuti come potevano, per il loro “manicheismo”, e insomma bollano come ecumenismo dell’odio il sostrato religioso e di cultura religiosa dei fondamentalisti evangelici e degli integralisti cattolici di là, senza escludere dal novero dei riverberi pestilenziali un Ronald Reagan, per esempio, che è ancora un’altra cosa e agì di conserva con San Giovanni Paolo II per liquidare il comunismo ateo e materialista, come tutti sanno. Ma il pressapochismo politico del saggio, in una parola l’incapacità di distinguere e definire le forme della politica americana, non è quel che colpisce di più. 
Colpisce l’uso mediocre delle fonti, l’idea che un blog integralista come Church Militant abbia qualcosa di serio da dire sull’ideologia, appunto, americana, o che sulla base della lettura di un Norman Vincent Peale, o della predicazione di famosi quattrinari dell’evangelismo, su un altro piano, si possa costruire un’architettura di pensiero che fa Trump il nuovo Costantino. I due saggisti giocano con la chiesa costantiniana, alla quale, per parlare come loro, sono allergici i documenti del Vaticano II, et pour cause. L’alleanza con il potere in forma tutoria – Costantino presiedette e convocò il Concilio di Nicea da cui uscì il Credo dei cattolici ancora oggi recitato in chiesa – poteva funzionare quando c’era l’Impero romano, cioè il mondo raccolto in una forma unica e politicamente fatale per la fine delle persecuzioni e l’affermazione universalistica dei cristianesimo, compresa la ratifica di un certo grado di libertà di culto e di pluralismo religioso sulla quale ha scritto un bel libretto il cardinale Angelo Scola, buon prete e Papa mancato. Per la verità quell’alleanza ha funzionato anche quando Lutero fondò una nuova chiesa in terra sassone, e oltre in Germania e nella Scandinavia, appoggiandosi senza scrupoli eccessivi sulla forza della giustificazione per fede e sulla teologia della croce, sì, ma con il sostegno decisivo dei principi elettori dell’impero sacro romano di nazione germanica.
In Hoc Signo Vinces, l’emblema di Costantino in sogno, è parte di un’araldica che ha sostenuto tutte le religioni che si rispettino, non è un jihad all’americana. 
Agli ecumenisti dell’amore non piacciono i valori che i popoli del fondamentalismo (termine destato giustamente da Ratzinger) e dell’integralismo promuovo, e li elencano: l’aborto, il matrimonio omosessuale e altre cose simili. Dicono anzi scrivono che sono strumenti di divisione e di conflittualità in una mentalità guerresca che è la traduzione o l’incorporazione di una politica di potere, e che per questo Bergoglio si tiene lontano da tanta e tale sovrapposizione di politica e fede, sebbene abbia scritto a Putin, e poi vezzeggiato il Patriarcato ortodosso di Mosca a Cuba, quando si trattava di impedire al timido Obama di punire Assad che aveva varcato la linea rossa con un assalto chimico stragista, e questo non viene ricordato, mica è affidata a loro la politica di potere, c’è l’eccellente Pietro Parolin segretario di stato che fa alla bisogna. A parte tutto, sia detto senza fanatismo alcuno, questioni come l’aborto, il matrimonio omosessuale, e magari la correzione genetica degli essere umani, sono più che values, in senso propagandistico, sono problemi sui quali non sarebbe male esercitare un certo controllo etico da parte dei laici in generale e dei cristiani, anche non fondamentalisti o integralisti. Ma su questo si sorvola. Ah, come sanno sorvolare bene i bergogliani quando vogliono!
Spadaro conosce l’America e la cultura americana, non può non sapere che certi estremisti evangelici sono innestati su un universalismo cristiano che ha la radice dei Padri Fondatori, in quell’impasto straordinario di illuminismo scozzese, liberalismo jeffersoniano e unitarismo emersoniano, con il Creatore nella Dichiarazione di Indipendenza, peraltro, tra le tante altre fonti, un linguaggio storico che in due secoli e più ha fatto di quel paese un ircocervo importante per le nostre libertà. Se spia l’America dal buco della serratura della teologia del popolo sudamericana o latinoamericana lo fa perché i gesuiti hanno sempre saputo servire con competenza e cultura tutti i Papi, da quelli estremisti della controriforma e del confessionalismo tridentino, che si avventavano feroci contro le libertà moderne, a quelli come Bergoglio che nelle libertà moderne vedono capitalismo, cultura dello scarto (eccettuati i bambini non nati?), e proletarizzazione o immesirimento universale. Servire è bello, in particolare con le consegne e gli esercizi spirituali di Loyola, ma bisogna sempre farlo al massimo livello o, per usare una celebre formula gesuitica, cum dignitate.

Giuliano Ferrara