Mauro Leonardi – La Chiesa. La Fede e l’appartenenza alla Chiesa (2)
Perché non basta la sola fede nel Dio che si rivela in Gesù Cristo? Perché è necessario anche credere in una chiesa? Cioè perché non: Cristo sì, Chiesa no? La domanda sulla presenza della Chiesa è molto importante e la Lumen Gentium dà una risposta precisa: «…questa chiesa pellegrinante nel mondo è necessaria alla salvezza. Soltanto Cristo infatti è il mediatore e la via della salvezza; e lui si rende presente a noi nel suo corpo che è la chiesa. Ora Cristo, inculcando a parole esplicite la necessità della fede e del battesimo, ha insieme confermato la necessità della chiesa stessa, nella quale gli uomini entrano mediante il battesimo per la sua porta». (LG 14)
La Chiesa dunque è il luogo della salvezza perché in essa agisce la grazia di Cristo.
Lasciando per un secondo momento il tema della salvezza mi domando: chi senza responsabilità non conosce la Chiesa, gli atei, i non cattolici, è irrimediabilmente perduto o anche a loro è data la possibilità della salvezza?
Come conciliare tutto questo con l’affermazione che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi?
In sintesi occorre tenere presenti tre punti fermi:
1. Nessuno può salvarsi (raggiungere il fine soprannaturale per cui è stato creato) senza aderire a Cristo. Per la salvezza non basta l’onestà naturale, è necessario un rapporto vivo con Cristo: In nessun altro si trova la salvezza (At. 4,12)
2. Tutta la tradizione cristiana a partire dai primissimi secoli ha affermato salus extra ecclesia non est, non c’è salvezza fuori della Chiesa (s. Cipriano †258, Ep. LXXIII,21). Questa dottrina che si fonda sul NT è nel cristianesimo ed è legata al battesimo: nessuno se non nasce da acqua e Spirito può entrare nel regno di Dio (Gv 3,5)
3. Dio Padre vuole che tutti gli uomini siano salvi ed arrivino alla conoscenza della verità (1Tm 2,4): questa volontà non è apparente e inefficace nel cuore del Padre. Per questo ha mandato il suo Figlio il quale ha comandato agli apostoli di battezzare tutte le genti (cfr Mt 28,19). Questo significa che Dio offre a tutti gli uomini i mezzi per salvarsi.
L’asserto di Cipriano ha subito nel corso dei secoli diverse interpretazioni o forse possiamo dire che la chiesa ha capito quell’asserto gradualmente e sempre meglio. Ci sono state interpretazioni spesso rigide: al di fuori dell’appartenenza all’istituzione Chiesa non c’è né vita eterna né salvezza, laddove il termine appartenenza assumeva il significato di battesimo. Lo slancio missionario all’interno della Chiesa proprio a partire da questa interpretazione portò alle derive che ben conosciamo ma anche a tante vite eroiche: basta leggere il brano dellla liturgia delle ore della festa di san Francesco Saverio che riporto sotto, dove il giovane gesuita se la prende con chi rimane a studiare teologia a Parigi invece di andare in giro per il mondo a battezzare bambini che altrimenti si perdono, cioè vanno all’inferno (e per ovviare all’aporia di anime che si perderebbero senza colpa era stata elaborata la teoria del limbo): “Moltissimi in questi luoghi [l’India, il Giappone, ecc., ndr] non si fanno ora cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani. Molto spesso mi viene in mente di percorrere le Università d’Europa, specialmente quella di Parigi, e di mettermi a gridare qua e là come un pazzo e scuotere coloro che hanno più scienza che carità con queste parole: Ahimé, quale gran numero di anime, per colpa vostra, viene escluso dal cielo e cacciato all’inferno!” (Lettera a sant’Ignazio di S. Francesco Saverio, Lit. delle Ore).
La scoperta del nuovo mondo prima e l’avvento della modernità poi hanno portato ad un approfondimento di questa dottrina. Prima del Concilio Vaticano II, nel 1950 il sant’Uffizio ebbe a esprimersi in merito in questo modo “perciò affinché una persona si salvi eternamente non è sempre necessario che essa sia di fatto incorporata alla Chiesa come membro, ma è necessario che sia unita alla Chiesa almeno con il desiderio o il voto” (cfr. Lettera della Suprema congregazione del Sant’Offizio all’arc. di Boston; Denz. 3869-3872)
Il Concilio Vaticano II pur non riprendendo esplicitamente l’asserto di Cipriano tuttavia afferma che la Chiesa è necessaria alla salvezza (Lumen Gentium 14), ma allarga l’orizzonte di questa necessità esprimendosi in questo modo “quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, e tuttavia cercano sinceramente Dio, e con l’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza” (Lumen Gentium 16).
L’appartenenza alla Chiesa dunque è necessaria alla salvezza, ma questa appartenenza può essere esplicita (come nel caso dei battezzati) oppure anche solo di desiderio implicito, laddove gli uomini secondo il dettame della loro coscienza agiscano onestamente e con giustizia, esprimendo così con la loro vita la presenza dello Spirito che sempre è all’opera nel mondo: per dirla con s. Ireneo dov’è lo Spirito là è la Chiesa.
Se è così allora risuona con forza la domanda che l’allora card. Ratzinger si poneva: «… per gli uomini di oggi il problema è mutato. Quel che ci turba non è più se e come “gli altri saranno salvati. […]” . Ciò che ci preoccupa è piuttosto questo: perché – malgrado le possibilità più ampie di salvezza – sono ancora necessari la funzione della Chiesa e la piena offerta di fede e di vita attraverso e nella Chiesa […] Qualsiasi analisi della frase salus extra ecclesiam nulla est deve rispondere in particolare a questo problema, altrimenti non giunge a nulla di concreto» (Ratzinger, Necessità della Missione della Chiesa in La fine della Chiesa come società perfetta; AAVV Mondadori 1968, p. 70).
Detto in altre paorle: se Dio nella sua immensa misericordia dona salvezza anche a tutti coloro che non conoscono esplicitamente Cristo e che non appartengono esplicitamente alla Chiesa, cosa significa questo per tutti noi che invece ne facciamo parte?
Questa domanda ha per lo meno due risposte.
Innanzitutto occorre capire bene come interpretiamo il tema della salvezza, che troppo spesso valutiamo semplicemente come la destinazione finale del paradiso, dimenticando che Cristo è il Salvatore dell’uomo e del mondo, ed è venuto perché l’uomo ritrovi la dignità perduta di figlio di Dio rinnovando nel mondo il progetto originale che il Padre aveva sull’uomo creato a immagine e somiglianza del Dio Trinità. Cristo è venuto perché “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv10,10) ora, nel tempo e nella storia, e per l’eternità. La vita in abbondanza esiste nel cuore stesso della Trinità perché solo là esiste il perfetto dono di sé nell’amore. Pertanto l’uomo è salvo – cioè integro, reso pieno, compiuto, veramente sé stesso – quando vive nella comunione con Dio e con i fratelli. Questo spazio di comunione è appunto la Chiesa, luogo della salvezza perché è lì dove dovrebbe rendersi visibile agli uomini il comandamento nuovo dell’amore che è possibile solo nella fede in Gesù Cristo morto e risorto. “Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3,26-27).
La tua fede ti ha salvato (Mt 9,22), queste parole che troviamo spesso sulle labbra di Gesù, ci dicono che solo la fede – cioè il mio rapporto unico e personale con Gesù Cristo – produce in chi la vive la salvezza, il miracolo della salvezza che spesso nei vangeli conduce persino alla guarigione fisica.
“Per grazia infatti siete stati salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio” (Ef 2,8)
Ora, poiché la Chiesa è il corpo di Cristo, essa è il luogo ove tutti noi possiamo incontrare Cristo presente nei sacramenti (segni efficaci della grazia) e nella Parola. È il luogo dove possiamo conoscere la verità che Cristo ci ha rivelato sull’uomo e sul mondo. Pur rimanendo dunque vero che la salvezza è offerta a tutti, nel tempo e nella storia troviamo questa salvezza solo in Cristo che, essendo vero Dio e vero Uomo non può essere presente se non con il proprio Corpo. Senza di Lui difficilmente l’uomo riesce a vincere il male e a non incorrere nella menzogna del nemico (cfr LG 16: molto spesso gli uomini, ingannati dal maligno, hanno vaneggiato nei loro pensamenti ed hanno scambiato la verità divina con la menzogna).
Cristo con la sua incarnazione morte e risurrezione ha inaugurato sulla terra il regno di Dio. Il regno è una realtà essenzialmente invisibile di cui non si può dire eccolo qui o eccolo là perché il regno di Dio è in mezzo a voi (cfr Lc 17,20-21); pur tuttavia esso si manifesta anche esteriormente perché è dato a un piccolo gregge (Lc 12,32) e a Pietro sono state date le chiavi del regno dei cieli (Mt16,18).
Questo regno germina nel tempo come il grano (Mc 4,26), fermenta come il lievito (Mt 13,33ss) e la Chiesa ne costituisce in terra il germe e l’inizio (LG 5). Si tratta certo di un timido inizio, ma pur sempre vero e reale. Essere Chiesa significa in qualche modo essere la visibilità di quel regno di cui un giorno tutti godremo e parlare con la proprio vita della signoria di Dio nel mondo.
Se volessimo parafrasare un’espressione cara a San Josemaría Escrivá il paradiso è per coloro che lo vivono qui in terra, potremmo dire che quel paradiso di cui parliamo è la vita della fede che ci apre alla carità verso i fratelli, al dono dell’essere comunità viva e missionaria.
Questa è la seconda risposta alla domanda che mi ponevo sopra e che riprende un altro concetto di fondo del Concilio Vaticano II: la Chiesa per sua natura è missionaria (Ad Gentes 2).
La condizione del battezzato è sì una condizione privilegiata, perché per dono gratuito del Padre egli ha conosciuto il Cristo, ma questo privilegio lungi dall’essere un onore, è un servizio reso all’umanità intera. La Chiesa ha il dovere di annunciare Cristo perché, per dirla con s. Paolo, la fede nasce dall’ascolto (Rm 10,17). La Chiesa è quel piccolo resto che il Padre ha scelto perché ogni uomo conosca la salvezza offerta in Cristo Gesù e si costruisca quella civiltà dell’amore che proprio il Vaticano II auspicava.
Ciascun battezzato vive di questa realtà: non solo nel senso letterale per cui è necessario parlare di Cristo per essere missionari, ma nel senso che ciascuno di noi è testimone di Lui per come vive, là dove vive, per ciò che è chiamato ad essere.
“Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo” (Ef 4,11-13)
Diceva il beato card. Schuster: quando un santo passa sulle strade del mondo, tutti gli vanno dietro. La santità non è altro che l’amore che si dona, e per ciò rende visibile il Cristo nei luoghi del nostro vivere quotidiano: come direbbe s. Chiara vivendo la tua vita sia lode al Signore.
Questa lezione fa parte di questa raccolta di lezioni sulla Chiesa:
Mauro Leonardi – La Chiesa. Cristo e la Chiesa, fondazione e immagini (1)
Mauro Leonardi – La Chiesa. La Fede e l’appartenenza alla Chiesa (2)
Mauro Leonardi – La Chiesa. Carismi e ministeri (3)
Mauro Leonardi – La Chiesa. Per il mondo: la missione e le qualità (4)
Mauro Leonardi – La Chiesa. Maria icona della Chiesa (5)