Blog | 12 Giugno 2012

LA SUORA E PADRE ALDO cap. 7 [data originale: 12.06.2012]

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103 risposte a “LA SUORA E PADRE ALDO cap. 7 [data originale: 12.06.2012]”

  1. Gian Paolo Colò ha detto:

    IO credo un po’ di più a s. Josèmaria Escrivà che a mio nonno o a mio padre. So che la certezza morale non è oggetto di fede teologale. Mi pare che per il MORALE dei cristiani non faccia male avere certezze che li spingano a lottare con generosità, in questo momento di nihilismo, di pensiero debole e di morale dell’attimo fuggente, che incide sul modo di vedere le cose, molto più di tutte le catechesi e di tutte le sottigliezze teologiche.
    Non so se sia teologico _ io ho fatto le serali_ ma io applicherei alle istituzioni volute da Dio il Vangelo che dice ” Chi dice di amare Dio che non vede e non ama le Istituzioni, volute da Dio, che vede…….ecc., ecc.”. Troverai certo un esegeta che mi contraddice. Io ho un po’ di santi, non idolatri, disposti a rinunciare all’istituzione da loro fondata, se così disponeva Dio che però per far andare avanti le famigerate istituzioni ci hanno lasciato la pelle. Saranno idolatri, ma a me piacciono di più che non i distillati distaccati e illuminati. Io sono teologicamente un po’ Polifemo. Tutto qui. penso che possa essere utlie al blog anche questa opinione OPINIONE , per carità, discordante e prego e guardo con infinita malinconia le suore in via di estinzione.

  2. Lidia ha detto:

    ma don GPC alle serali leggevate Dante, Catullo etc?? O erano le serali di teologia mentre esercitava la sua professione di medico?
    Comunque, ancora una volta, tanto diciamo sempre le stesse cose, a me questa discussione sa di surreale, tipo discutere sugli elefanti rosa.
    Se don M. e don GPC vi rileggete i vostri interventi vedrete anche voi che è così.
    diverso è discorrere di una “temperie culturale” all’interno della chiesa, di accenti da porre, etc. Ma che si stia a discutere “io a San Josemaria credo come a mio nonno” o ” io conosco santi idolatri/ non idiolatri”…suvvia!
    Io a San Josemaria credo come a un santo, ciononostante penso che il futuro dell’Opera sia nelle mani di Dio. Ripeto: stare a scannarci sull’ipotesi che nel 10.765 ci siano o meno numerari e soprannumerari (quando neanche sappiamo se, andando avanti così, ce ne saranno fra vent’anni) mi pare neanche surreale…di più.
    Le istituzioni vanno amate perché volute da Dio funzionalmente a noi e alla nostra salvezza. Se Dio deciderà di salvarci con altri mezzi, ben venga, ma finché non ci dirà altrimenti, noi serviamo la chiesa così come adesso è meglio.
    Le suore che si estinguono magari sono tristissime, cmq. E infine, perdonatemi, ma è la cruda realtà: che finiscano le suore del Sacro Cuore o che si estinguano i domenicani o l’Opus Dei di per sé è totalmente irrilevante.
    Il problema non è “se l’Opus Dei” continuerà, il problema è: dove vanno le persone che non si fanno suore, numerari, soprannumerari, memores domini etc.? Vanno all’inferno? MAle! QUESTO è il problema! Vanno in Cielo? Bene, allora il problema non c’è.
    Io neanche le serali ho fatto, perciò posso sbagliarmi, ma credo che il fine della vita sia ammare Dio e andare in Cielo. Se ci andiamo tutti come membri dell’Opera o domenicani è uguale. Siccome siamo 7 miliardi, è difficile che un solo carisma basti a tutti. Ergo ben vengano le istituzioni, i diversi carismi, etc. Ma siccome la cosa fondamentale è salvarsi, non stiamo a rattristarci sulla congregazione che muore, rattristiamoci per coloro che avrebbero trovato in essa la via della salvezza e invece non l’accettano.
    Ma le istituzioni non sono volute da Dio in sé e per sé, sono funzionali alla salvezza degli individui.
    E QUESTO è ciò che in molta gente non capisce…e o capisci questo, che Dio ha voluto l’istituzione X, la Chiesa, per TE, per dare a TE una possibiltà in più di salvarti essendo felice oppure sarai fedele per un po’ e poi te ne andrai per bordelli (metaforici o reali).

  3. Antonio ha detto:

    @donGianpaolo … io faccio parte dell’Opus Dei perché l’Opus Dei ha bisogno di me. Perché ne ha bisogno? E’ un grande mistero. Perché la chiesa ha avuto bisogno di Pietro?
    La mia chiamata vocazionale l’ho percepita in questo modo: “Vai a dare una mano a questi miei amici … da soli, senza di te, mancano di qualcosa”. E’ l’istituzione che ha bisogno me, non io dell’istituzione. Questo suo bisogno io lo percepisco … e mi fa sentire importante. Tutta la formazione che ricevo ha lo scopo di armonizzare i miei talenti, i miei desideri … ai bisogni altrui, ai bisogni del piccolo mondo nel quale trascorro le mie giornate. Alcune volte ho aggiornato i miei desideri (perché ho trovato giusto farlo, le cose cambiano nella vita e quello che desideravo 10 anni fa oggi non lo desidero più) … mai sono andato contro di essi. Quando mi accorgo che qualcosa non va … reagisco. “Non ci sono strade tracciate per me, le traccerò io col battere dei miei passi”.
    Ogni tanto mi capita di dover spiegare in pubblico che cosa sia l’Opus Dei, di dover parlare dell’istituzione. Mi ricordo che san Josemarìa era solito dire che l’Opus Dei era “una piccola parte della Chiesa”. La prima cosa che spiego, solitamente, è il significato di questa frase … in particolare mi piace spiegare che cosa significhi far parte di qualcosa.
    Nel 1993 ero militare in Marina. C’era la guerra nei Balcani e io ero imbarcato su una motovedetta della Guardia Costiera. Un giorno lessi su Televideo una notizia: in seguito all’attacco subito nel mare Adriatico da alcuni pescherecci italiani da parte di motovedette serbe, il governo italiano aveva deciso di inviare motovedette della Guardia Costiera a difesa dei nostri connazionali. Ricordo che commentai la decisione presa dal governo con alcuni amici e commilitoni … la commentai con il sereno distacco con cui ciascuno parla dei problemi altrui (citando le opinioni di questo e di quello, criticando e lodando ciò che mi sembrava criticabile o da lodare …). Parlavo di guerra con passione, in attesa che mi venisse servito il pranzo.
    Tornato in Capitaneria appresi con sorpresa – noi infatti navigavamo nel mar Tirreno – che la mia motovedetta era una di quelle che dovevano partire per la missione. Non era più la Guardia Costiera che doveva partire … dovevo partire io. Da quel momento i discorsi tra commilitoni cambiarono. Che cosa dovevamo fare? Come ci dovevamo preparare? Quelli che prima erano problemi altrui improvvisamente erano diventati problemi miei, parte di me.
    Ecco io penso che una persona possa appartenere a una istituzione (lodandola, servendola ….) senza però farne parte. E’ questo che non deve accadere … a questo bisogna prestare attenzione.

  4. Tres ha detto:

    “Ecco io penso che una persona possa appartenere a una istituzione (lodandola, servendola ….) senza però farne parte.” Bella riflessione. Ciao Antonio

  5. Gian Paolo Colò ha detto:

    Antonio, d’accordo.
    Lidia; io non difendo istituzioni e sono ben lontano dal discutere sul sesso degli angeli o dagli elefanti rosa.
    Io parlo della necessità di raccogliere il messaggio che Dio trasmette agli uomini attraverso i messaggi che Lui trasmette e affida.
    Distinguere tra il messaggio e la busta che lo porta era una cosa che s. Josemaria faceva con molta, autentica ed energica umiltà e, tutti i santi io credo abbiano fatto lo stesso, sennò bisognerebbe revocar loro…..la nomina.
    Perciò non amo questo distinguere tra la salvezza, il messaggio, l’istituzione, la Chiesa e i cammini, i caminetti, il dentro e il fuori. Essere definito un numerario mi fa venire l’orticaria; io sono io, ho il mio rapporto con Dio e con la Chiesa ma non sarei ciò che sono se Dio non avesse parlato attraverso l’istituzione e non continuasse a parlarmi attraverso di essa.
    Potrei farne a meno o no? questo mi pare discutere sull’elefante rosa.
    Sentirmi dire che sono idolatra perchè non faccio questo genere di questione, questo si che mi tocca sul vivo e non mi pare un elefante rosa.
    Dire che l’importante è che le persone si salvino e poi dire che non ha importanza come e attraveso che cosa si salvano, questo non mi convince tanto, perchè offre un alibi alle fughe, favorisce le tentazioni, ecc.
    metere in gabbia le persone, mai. Convincerle con il terrore, mai. Ma far finta che non sia di Dio ciò che io son convinto essere di Dio, per distinguo teologici questo mi lascia perplesso.
    L’inportante è salvarsi: giusto. Ma se Dio fa cose che servono per salvare e io le lascio morire perchè tanto non sono essenziali: questo mi lascia un po’ perplesso.
    Ci sono persone i cui figli convivono invece di sposarsi, io do loro speranza, li conforto, ma dentro di me mi rattristo e non posso dire che è una bella cosa. Ma questo è un peccato e lasciar morire le istituzioni, no… Beh, di questo io non sarei del tutto convinto.
    La questione per cui mi accaloro non è dunque l’elefante rosa, ma un pericolo da non incoraggiare per il bene delle anime e non certo per trionfalismo cattolico o spirito di corpo.
    Tutto qui: non voglio il trionfo dell’Opus Dei; se Dio non la vuole, non la voglio nemmeno io; ma , qui, adesso, Dio la vuole, gli serve ( io vivo in una realtà in cui l’istituzione c’è, il resto è fantateologia ) e sentirmi dire che se la voglio con passione debbo stare attento perchè sennò divento idolatra, mi taglia le gambe e aumenta inutilmente le variabili di difficoltà che sono già tante.
    In questo mondo individualista, di eremiti di massa, ( come un sociologo chiama il nostro mondo ) un po’ di spirito di corpo non fa male e io questo patrocino con passione e mi difendo da ciò che possa annacquarlo o svuotarlo di senso.
    Altrimenti allo spirito di corpo si sostituiscono i gruppi e i gruppetti, come forme di individualismo di gruppo ( ossimoro che non di rado corrisponde alla realtà delle nostre contraddizioni ).
    Forse mi sbaglio ma questo è il mio contributo alla riflessione. Spero di non dovervi affliggere più con queste riflessioni. Mi propongo di tenere a freno la mia reattività passionale.
    Si, Lidia, come teologo, ho fatto lo studente lavoratore e quindi sono un po’ asimmetrico nelle mie conoscenze, anche se cerco di studiare ancora e il blog mi aiuta. Invece al liceo mi sono proprio divertito con tutti questi stupendi personaggi, che oggi cerco di far rivivere accanto agli idoletti del nostro tempo, ridendo e scherzando per carità, senza latinorum. Ma come sono curiose le donne, eh ( sempre sperando che dietro il nickname non si nasconda un baffuto brigadiere dei carabinieri…..)!!!!1

  6. Tres ha detto:

    Sai Don GianPaolo,sarà che a me l’entrare in un’Istituzione ha coinciso con la mia conversione, che io mi sento quella che sono e basta. Come tutte le neo convertite e le neo “acquisite” all’inizio tutti mi sembravano Dio, poi la fase del disincanto e poi la fase della normalità. Ecco non mi ci ritrovo nel difendere l’istituzione o nel non difenderla. Quando leggo del mio fondatore, leggo di un uomo che quando parlava in modo ufficiale dell’Istituzione e quando parlava della sua orazione usava toni e modi diversi ma parlava della stessa cosa.
    Lei non mi affligge, mi dispiace solo che a volte lei soffra per cose che io nemmeno riesco a trovare dove sono scritte.

  7. Lidia ha detto:

    no no io mi chiamo Lidia e sono una donna.
    E non è curiosità…solo che alla centesima volta che lei dice di aver fatto le serali viene da chiedersi quali serali, evidentemente siccome le cita sempre saranno importanti per lei, queste serali…:)
    io penso che diciamo la stessa cosa. Ora, qui, l’Opus Dei o qualsiasi altra istituzione che serva a far andare una persona in cielo. è alla fedeltà qui e ora che dobbiamo pensare.
    La fedeltà dei numerari fra 500 anni è fantateologia, ecco. Certo: è bello pensare di costruire qualcosa che sia duraturo, che non è una fantasia passeggera. Ma appunto: dalla fedeltà del qui e ora nasce la fedeltà futura delle generazioni future. Che DIo voglia la tale e la talaltra istituzione? Sì, è importante capire che non siamo noi che ci siamo inventati qualcosa. Poi lo sviluppo, i cambiamenti, etc etc….sono nelle mani di Dio.
    Ora, che l’importante sia salvarsi e non come, secondo me è verissimo. La domanda del Giudizio sarà “hai amato?” e non “eri domenicano o francescano?”. E non mi piace dire “la verità non va detta sennò c’è chi capisce male e lascia la vocazione perché tanto va bene tutto”.

  8. Lidia ha detto:

    La fedeltà non si esercita “perché sennò vado all’Inferno”. Puoi andarci, certo: se la tua infedeltà nasce da un andare contro Dio. La paura della dannazione è un deterrente – e di più, direi, è una ragione profonda – per non commettere peccati di infedeltà matrimoniale, e anche vocazionale. Ma come detto prima, se una persona “abbandona” l’istituzione di per sé può essere un peccato e può non esserlo, ci sono tante cose da valutare. E non è che dicendolo io difendo l’infedeltà, o peggio, la incoraggio sottilmente. No: ma dico la verità. perché è la verità che farà liberi, e non il “ma certi discorsi non mi piacciono perché ho paura che poi la gente capisce male”.
    è chiaro che un discorso del genere va fatto in profondità, non andando in piazza urlando: ” oh , c’è una novità, i preti anche se si “spretano” alla fine magari vanno pure in Paradiso!”. Questa sarebbe una leggerezza imperdonabile, proprio perché, spesso, l’infedeltà può celare un peccato grave.
    Ma questa è un’altra cosa.
    Io non so dove lei, don GPC, veda queste masse di commentatori che le danno dell’idolatra. Io non dico “freghiamocene dell’istituzione, tanto…”. Io dico: curiamoci delle persone che appartengono ad un’istituzione. Dio cura ogni anima come fosse una, no? Bene – ognuna delle mancate vocazioni per le suore è importante. Magari 50 si salvano facendo le madri, le massaie, le poliziotte. E magari 50 invece, che avrebbero trovato la salvezza e la gioia in quella vocazione no – e si dannano. Ecco, per queste 50 io mi rattristo. per la loro mancanza di corrispondenza. E anche per le altre 50, forse, perché sarebbero potute essere felici e invece non lo sono. L’istituzione in sé è una via, quel che conta è il viandante. In questo senso le istituzioni sono importanti: perché segnano la strada della nostra felicità e della salvezza. Poi Dio fa quello che vuole, con le nostre strade, con le Sue (e non nostre) istituzioni.
    Se lei ama appassionatamente l’Opus Dei mi rallegro, non penso sia idolatra – questo, in caso, lo può sapere solo lei. LO sarebbe se in nome del bene dell’istituzione commettesse peccati; o se per le il bene dell’istituzione venisse prima del bene delle anime (per esempio costringendo qualcuno ad essere dell’OD anche senza la vocazione solo “perché così non ci estinguiamo”), o della chiesa universale. Ma non mi pare il suo caso. Al contrario, difendere l’istituzione è segno di amore verso un’azione di Dio, una manifestazione della Sua potenza. Ora, le suore non credo disprezzino la loro istituzione. Povere suore, non sappiamo neanche quanto ci stiano male. Certo,al loro posto sarei molto triste, pensare che un tesoro di spiritualità della Chiesa si perda. Eppure, se avendo fatto tutto il possibile, non hanno vocazioni…non vedo cos’altro possano fare. Servirebbe che una di loro scrivesse qui.

  9. Lucy ha detto:

    So che a leggere il mio nome, d Colò penserà subito-le ho già detto varie volte che la sento vicina perchè soffre…cosa vuole ancora? sarà un tipo testardo a morire? e forse è così…inoltre,fondamentalmente, credo che le cose vissute nel silenzio ( o solo con poche persone ad hoc) siano molto più autentiche e forse ho uno spirito un pò mistico e mi piace credere che Dio parli ed operi nel silenzio…ma , dopo aver letto certe frasi, una domanda almeno a d Colò, la farei…..
    Mi hanno colpito 2 frasi-
    Antonio “Ecco io penso che una persona possa appartenere a una istituzione (lodandola, servendola ….) senza però farne parte. E’ questo che non deve accadere” (giusto! però accade…penso a tutti quelli che non hanno questa famosa vocazione, ovviamente da soprannumerari)
    d Colò “In questo mondo individualista, di eremiti di massa, ( come un sociologo chiama il nostro mondo ) un po’ di spirito di corpo non fa male e io questo patrocino con passione”
    E’ bello lo spirito di corpo, è bello far parte…ottimo!! Condivido a quattro mani (se le avessi) come dice un famoso santo circa l’amore familiare… ma se ti dicono di no?
    Tres ha visto coincidere conversione e entrata in una istituzione? magnifico!Un mucchio di sofferenze in meno…
    Antonio ha sentito( gli hanno fatto sentire!!!) che l’istituzione aveva bisogno di lui ed è entrato? altra magnifica situazione…(sentirsi utili è tra le sensazioni più belle che un essere umano possa provare)
    D Colò vive con passione lo spirito di corpo? benissimo…infatti dà molta forza sapere che non sono solo…certo chiunque,può sempre contare su Dio,ma avere dei fratelli di fede è senz’altro qualcosa di importantissimo…
    E tutti quei poveretti
    che queste cose hanno la sventura di capirle e apprezzarle, ma devono accettare una situazione di esclusione, per i più svariati motivi?
    Certo s Gemma non riuscì in tutta la vita a diventar suora, ma diventò santa..( il che è molto più importante!! e certamente vivere da esclusi, porta necessariamente a riscoprire cose come umiltà, obbedienza, abbandono…)…e anche io mi sono scritta una serie di mie riflessioni sulla base di frasi dei santi e della Scrittura per superar l’infinita tristezza…ma…

  10. Mauro Leonardi ha detto:

    @Gianpaolo, 12 giugno 8.39
    “Io credo un po’ di più a s. Josèmaria Escrivà che a mio nonno o a mio padre”.
    Io invece no: quando san Josemaría Escrivá parla dell’Opus Dei, gli credo esattamente tanto quanto credo a mio papà e a mia mamma quando parlano della famiglia Leonardi. Né un grammo di più né un grammo di meno. Uguale.

  11. Antonio ha detto:

    E’ giusto così! :-)

  12. Gian Paolo Colò ha detto:

    Io invece, no. Si vede che hai avuto genitori santi. Ringazia il Signore. Io invece non tanto. Ritengo che si debba credere a chi è più affidabile perchè è più vicino a Dio. Comunque lasciamo stare sennò fefral sgrida.
    Il nemico c’è e si chiama infedeltà. Ma può darsi che non usi le armi migliori. Pace.

  13. Fefral ha detto:

    Ragà, scrivete troppo e io sono alle prese con lo spread. Però su questa storia dell’istituzione don GianPaolo mi pare che parta all’attacco quasi per difendersi da chissà quale nemico.
    Condivido quello che scrive Lidia, e mi piace come ragiona Antonio (Caminante, no hay camino,
    se hace camino al andar).
    Se posso torno più avanti. Bye!

  14. Ribelle ha detto:

    Lucy, stavolta ti rispondo io…come si chiama questo blog? Come Gesù! e allora vedi essere cristiani è principalmente seguire un Dio crocifisso ( come dice s Paolo- non conosco altro che Cristo crocifisso) ; non pensare ad altri come beati perchè scelti, perchè entrati a far parte….guarda solo te stessa davanti a Dio…e poi ,visto che parliamo di Opus, prova a dirGli con il cuore”che io sia ultimo in tutto…e primo in amore..”o “che io sia buono…e tutti gli altri migliori!”.
    Vedi, l’appartenenza all’istituzione è un bisogno umano, santo e bello, simile al desiderio di chi vuol formarsi una famiglia (perchè l’Opera puoi sentirla come una famiglia), ma se non si realizza, vuol dir solo che Dio ha un altro progetto su di te e ti sta chiedendo la rinuncia al tuo progetto per seguire il suo.
    Saprai dirgli di si?Perchè la vocazione è un dire di si a Dio, ma non una volta per tutte, ma ogni volta…e anche tu devi ridirglielo, ogni volta che ti prende la tristezza del sentirsi e esser escluso.
    Si chiama obbedienza ; che bada bene, vale tantissimo, proprio perchè non la capisci, e la situazione ti sembra ingiusta; l’obbedienza vera,non è essere convinti, ma sentirsi nelle mani di Dio e dare più importanza a questo che a qualunque altra realtà…QUALUNQUE!!! Perchè anche le istituzioni( a parte in generale la chiesa) sono realtà umane..
    Del resto quando si entra nell’Opera, a molti dicono che si va al Calvario e non al Tabor…che vorrà dire? Il cristiano in un certo senso, mette il segno della croce in ogni cosa, perchè ogni cosa possa poi risorgere ( il centro della nostra fede non è la croce,collocazione provvisoria, ma la resurrezione!); questo spiega ad esempio il cercar di esser moderati , la temperanza la mortificazione e tante altre cose alle quali uno “non si lascia andare”…perchè non vuole che nulla prenda il posto principale nel cuore, lo vuole dare tutto solo a Lui…
    Questo significa che anche se le nostre aspettative qui non si realizzano, TUTTA QUESTA TUA SOFFERENZA ha valore grande nell’economia della salvezza…in questo senso tu sei dell’Opera come tanti altri, anzi la tua fedeltà si regge sul sacrificio dei tuoi personali desideri e Dio la benedice sorridendo..Scusa, ma volevo proprio dirtelo e dirti anche che purtroppo” la memoria non trattiene il soprannaturale”, per cui queste cose, pur sapendole, le perderai tante volte…ma il tuo cammino è proprio questo “croce, dolore in senso cristiano.. e poi pace ..”.ricordi?
    Scusa se ti scrivo queste cose, ma posso farlo, perchè ti conosco benissimo…

  15. Gian Paolo Colò ha detto:

    Mi unisco a quanto dice Ribelle. Io ti sento vicinissima, senza nessun bollino. Almeno a te non viene l’orticaria: a me viene sempre quando sento chiamare le persone per categorie di membri o simili. Io credo che si debba combattere per una idea, un amore,un certo modo di seguire una Persona di cui ti sei innamorato che si ha nel cuore e nella testa, lasciandoci la pelle. Questa è l’istituzione: tutto il resto è classificazione entomoligica e non mi interessa. Io sono un essere vivo e non un insetto da catalogare. Stai serena, per bacco.
    Ahimè, mi sta venendo la bloggite… Voi esperti, dite che passerà?

  16. Paola ha detto:

    Talvolta è bene scrivere di getto. Talaltra invece aiuta un po’ di distacco per interiorizzare il pensiero dell’altro e chiarirsi le proprie idee.

  17. fefral ha detto:

    la bloggite a un certo punto passa, ma il rischio di recidivare è notevole. Comunque stia tranquillo, non è una malattia grave.

  18. Dory ha detto:

    @Don Mauro – “@Gianpaolo-
    “Io credo un po’ di più a s. Josèmaria Escrivà che a mio nonno o a mio padre”.

    “Io invece no: quando san Josemaría Escrivá parla dell’Opus Dei, gli credo esattamente tanto quanto credo a mio papà e a mia mamma quando parlano della famiglia Leonardi. Né un grammo di più né un grammo di meno. Uguale.”

    Questa testimonianza di Don mauro mi pare importante per due motivi @ Don Gianpaolo:

    1) Riconosce ad Escrivà un grande affetto e una grande riconoscenza umana e spirituale. Una devozione non astratta ma autenticamente filiale e concreta.

    2) Previene , a mio modo di vedere, un grave rischio di certe famiglie/istituzioni religiose: la divinizzazione del fondatore o del santo di riferimento: parlo per me che non ho una formazione religiosa…Vedere santi trattati come Dio mi ha sempre dato fastidio, dandomi l’impressione di una sorta di politeismo mascherato…Escrivà santo? benissimo! Ma era un uomo. un sant’uomo, un modello, un padre. ma un uomo. a cui un figlio può e deve voler bene e dare fiducia come al proprio padre. Ma non come a Dio. San Francesco santo? Eccellente, ma era solo un uomo…E così via. Questa “normalizzazione” del santo tra l’altro secondo me metterebbe al riparo dalle critiche di questo o quel “corvo2 che pesca nella vita del santo malcapitato l’errore, il peccato, la caduta e comincia a gridare allo scandalo, all’inganno, alla santificazione facile! Ma non è che il santo è infallibile! solo Dio lo è! e il santo avrà sbagliato, avrà incasinato, avrà peccato…E avrà avuto tanta fiducia in Dio!
    Pe rquesto a me piacerebbe leggere una biografia di santi che racconti i loro difetti…Chessò immagino Sant’Agostino come un indomabile spiritaccio, san paolo come uno che non sa stare fermo e zitto un attimo, San Pietro uno pò pauroso, Escrivà un manicao dell’ordine…Non sarebbe per me una storia irrispettosa. Assolutamente no. solo un modo simpatico per dire che la santità è una strada di normalità. E che la perfezione è solo di dio…
    Riconoscere ad un santo la stessa fiducia che si ripone nel proprio padre secondo me racconta una storia di familiarità, affetto domestico, intimità reale e normalità. Serena e affettuosa noramlità.

  19. Ribelle ha detto:

    Che bell’intervento Dory! Devo dire che non ricordo bene quale santa, ha scritto proprio questo; che bisognerebbe conoscere gli sforzi e le lotte dei santi più che i loro trionfi, perchè questo aiuterebbe molto e ci darebbe coraggio!
    Questo non toglie che si possa avere un clima di confidenza con questo o quel santo, anzi secondo me lo rende ancora più possibile e “sentito”! Ed è chiaro che non si vuol togliere valore alle parole del santo! ma anche capire che nessuno va imitato pedissequamente o trattato da Dio!
    Bernadette Soubirous non riuscì neppure a superare l’esame di catechismo della Prima Comunione. Il curato d’Ars fu ritenuto impreparato e quindi bocciato all’esame di teologia e, ammesso al sacerdozio, fu mandato nella più piccola parrocchia della diocesi. Oggi è il patrono dei parroci. San Leopoldo Mandic fu mandato a tempo pieno in confessionale, perché non si sapeva cosa fargli fare…insomma i santi hanno avuto difficoltà e limiti come noi, ma li hanno risolti rimanendo vicino a Dio, non lasciandosi andare nello sconforto o peggio nel peccato…..e questo è il loro insegnamento fondamentale, quello da imitare.
    Riguardo in particolare S Escrivà, ho trovato tempo fa un testo bellissimo che parlava di alcune sue lotte diciamo sulla speranza ( che è il mio tema, quello su cui vado sempre cercando…) e ho avuto la soddisfazione di inoltrarlo a varie persone dell’Opera che ne sono rimaste davvero contente e mi chiedevano dove l’avessi trovato…se interessa vedo di recuperarlo e metterlo nel blog?( ma è un pò lungo…come si fa?)

  20. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Dory, Dory. Va bene l’umiltà personale e collettiva, va bene ridimensionare i santi ( io, s. Josemaria Escrivà l’ho conosciuto personalmente e ho fatto esperienza del suo carattere schietto e vigoroso molto più impegnativo di una eventuale mania per l’ordine che io vorrei tanto avere perchè risparmierei tanto tempo e tanti autorimproveri per le cose che perdo ) va bene la riabilitazione dell’ordinario, va bene che lui stesso diceva che la nostra vocazione la dobbiamo al 90% alle virtù tante volte inconsapevoli dei nostri genitori, però la mia espereinza è quella che è.
    Ho meditato ieri sul fatto di aver posposto mio padre, che mi ha dato tutto quello che poteva a s. Josemaria e gli ho chiesto scusa nella mia preghiera; ho commesso anche il delitto di lesa maestà del moderatore del blog
    Alla fine però concludo che non posso far torto alla mia intelligenza e alla mia coscienza dicendo che l’uomo di Dio Josemaria Escriva ha nella mia vita la stessa importanza di mio padre o di mio nonno.
    Lui mi farebbe tacere ma io debbo parlare : l’umiltà è verità.
    IO non sono un suo fanatico – aveva anche aspetti del carattere o della cultura del suo tempo che potevano e possono non essere in sintonia con il mio modo di essere- ma non posso non riconoscere la grandezza del messaggio che Dio gli ha affidato per il bene della Chiesa e del mondo e che ancora è ben lontano dall’essere diffuso e compreso nella Chiesa e nel mondo.
    Il giorno in cui questo messaggio sia arrivato ai confini della terra può morire l’Opus Dei , si può anche perdere traccia del nome di s. Josemaria e delle sue opere ma l’umanità e la Chiea staranno molto meglio.
    Non riconoscere la grandezza di una strumento di Dio, come strumento, certo, ma con le dimensioni che Dio gli ha voluto dare e che la Chiesa ha voluto riconoscere, è – a mio avviso – non riconoscere la grandezzo di Dio.
    s. Josemaria diceva che la sua vita e la sua Opera erano frutto della misricordia di Dio e che lui non aveva fatto altro che disturbare l’azione di Dio con le sue miserie.
    Ma io non posso non riconoscere ciò di cui sono stato testimone e non me ne frega niente se mi considerate un politeista mascherato, ecc. Dio sa che non lo sono e per non sembrarlo non posso misconoscere le cose belle della mia vita.
    . Io debbo riconoscere le cose grandi che Dio ha fatto, anche se questo può dar fastidio alla mia mediocrità o alla mia pigrizia, come al re Achaz che rifiutava un segno dal cielo, ” perchè non voleva tentare il suo Dio ” ma forse era perchè non si voleva scomodare lui ( sempre con il permesso degli esegeti ).
    Ogni volta che mi metto davanti a s. Josemaria mi riempio di fiducia, di ottimismo ma anche di una sensibile vergogna per come dovrei essere e non sono.
    S. Josemaria non mi adorna con i suoi meriti ( facendomi bello con le penne del pavone ), mi scomoda con l’impeto umanissimo del suo amore e del vigore con cui ha sempre aperto strada agli altri, pagando di persona e prendendosi botte di ogni tipo.

  21. lidia ha detto:

    @Dory è bello quanto scrivi.
    Io penso che ricnoscere la grandezza dell’opera di Dio nei santi sia una lode a Dio stesso. Direi anche “posso fidarmi di un santo”: se Giovanni Paolo II faceva così, vuol dire che va bene. E questo è bello. Tanti santi, tanti caratteri diversi, un unico amore a Dio. GPII andava in campeggio coi ragazzi, anadva in treno con le ragazze facendosi passare per il loro zio e aveva un’amica donna vera, Wanda, altri santi stavano chiusi nel chiostro, altri ancora altre vite.
    Anche a me le eccessive adorazioni danno fastidio. Certo, un francescano deve decisamente ispirarsi a San Francesco per vivere bene il suo carisma, chiedergli aiuto ma nenache adorarlo. Cmq siamo uomini e come tutti abbiamo bisogno di modelli, è così che si cresce. basta capire che il modello è un esempio, ma non è uno stampo al quale adattarmi in tutto e per tutto.

  22. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Prima di entrare in tre giorni di autodisciplina per dintossicazione dal blog., aggiungo una richiesta che puzza di “istituzionalità” ( dopo Napolitano sembra che io sia diventato un paladino dell'”istituzione”, io noto a casa mia come l’antilegalista,; è la nemesi storica !)
    Domani compie 80 anni il Prelato dell’Opus Dei, penso proprio senza crisi degli 80 anni e rivolge la seguente richiesta che io sento la gioia di girarvi in modo più o meno letterale ” Vi chiedo di pregare per me perchè io sia uomo di orazione, contrizione e pentimento e sappia corrispondere con delicatezza a ciò che il Signore mi chiede. Siccomela compunzione e l’allegira sono frutto dell’azione dello Spirito Santo, supplicate che…io sia docile alle ispirazioni del Paraclito e le metta in pratica “.
    In cambio di questo prometto di star zitto fino a sabato.
    Fefral. Si parla assai perchè oggi è difficile farsi capire senza spiegarsi nei dettagli e senza far scattare idee preconcette ( in piena buona fede ) per la complessità della cultura in cui viviamo.
    Mi ha fatto pensare la tua domanda molto sintetica e intuitiva”qual’è il nemico contro cui scrivo ?” E’ vero a volte mi aiuta immaginare un avversario agguerrito e feroce di cui confutare le opinioni ( sperando di non vedere mulini a vento ) ma in concreto non esiste e non ce l’ho con nessuno.
    Certo avere una moglie costituirebbe un vantaggio, perchè mi beccherebbe al volo, rinfacciandomi i miei virili e astratti fantasmi.
    Ma non farlo saper alla discussione sulla crisi dei quarantanni, che riflette su ben altre dimensioni e io non vorrei fami la fama dello sfruttatore spiritualista della femminilità.
    Una volta un mio amico avendo ricevuto in salotto due signore in pompa magna, notando il persistente profumo rimasto nel locale, dopo un’oretta disse”Le donne a questo servono, da deodorante” Orribile maschilismo siculo, in cui non voglio certo cadere relegandole a coscienza critica, deodorante spirituale !

  23. Monica ha detto:

    A me interessano le istituzioni e la fedeltà ad esse. E proprio dalla Chiesa (anche se non solo) ho imparato che il mondo è bello perché è vario. Irripetibile, e insieme positivo. Questa è la fatica e questa è la bellezza sconfinata di viverci. Non ci sono istruzioni per l’uso; così sta alla nostra sensibilità, lealtà e intelligenza capire ciò che va trattenuto e difeso, ciò che può essere cambiato; ciò che ci chiede di aspettare, perché non abbiamo le idee chiare a riguardo…(ma continuando a cercare il meglio per noi e per lei).
    Mi interessano le istituzioni, e tutte quelle realtà che chiariscono a me stessa quel che voglio. Non sono perfette (proprio perché abitate da uomini). Ma senza certe realtà, io non sarei io. Un esempio in piccolo: io amo la mia famiglia, da cui ho imparato tanto, e che ho amato più profondamente quando ho riacquistato la fede (grazie alla Chiesa). Più vado avanti, più vi scopro limiti e abissi di esperienza impagabili (non ho anzi ancora finito di scoprirli).
    Se avessi avuto un’altra famiglia? O se la storia della mia famiglia fosse stata più tormentata?
    Passo, non so la risposta. Amo la famiglia che ho, e ringrazio Dio di aver voluto questa per me. Chiedo a lui che cosa voglia ottenere da me avendomela data; e cerco di far entrare tutto quel che mi succede in dialogo con questa mia realtà ( e viceversa).
    Vedendo come è la vita dei miei studenti con famiglie disastrate, difendo a spada tratta l’Istituzione della famiglia. Poi, osservando come in tanti di loro rinasce la speranza, anche a partire da dolori e incoerenze grandi, penso che Dio abbia davvero un cuore immenso!
    Istituzioni e persone danno senso, nella mia esperienza, l’una all’altra.
    Per questo amo questa frase del Papa:
    «Quante vie ci sono per arrivare sino a Dio?», «Tante, quanti sono gli uomini». (da un’intervista di Peter Seewald a B16)

  24. Mauro Leonardi ha detto:

    Ben tornata!

  25. Monica ha detto:

    Grazie! (ma non sono mai stata troppo lontana ;-)
    Domani finisco anche l’ultimo scrutinio…

  26. Dory ha detto:

    @Don Giampaolo. Mi scusi, Padre, io non volevo offenderLa nè tanto meno offendere la memoria di un Santo che, per vie che ancora stupiscono tanto anche me stessa, sta assumendo sempre più importanza anche nella mia vita e Le assicuro: è l’ultima cosa che credevo potesse accadermi!!!…Anche se non conosco bene Escrivà (volutamente, per ora, non ho letto tanto su di lui e di lui), io gli sono grata…Perchè in fondo grazie al suo carisma nella mia vita sono entrate persone che mi stanno aiutando molto umanamente, spiritualmente, etc. Non mi vergogno neppure a dire che prima di leggere il libro di Don Mauro…La mia idea dell’Opus dei era prossima a quella del Codice da Vinci e che il concetto di celibato mi sembrava una deviazione dalla natura. Tutto condito da molta presunzione (mia), ignoranza, ma anche sete di verità, d’amore e tante, tante ferite del passato e del presente che mi avevano allontanato dalla fede. Di quel che io sono e fui…Non temo più perchè sto imparando ad affidare al Signore le mie povertà. Sono certa che Escrivà fosse un grande e sant’uomo. Nessuno crea un’organizzazione come L’O.d. se non è sostenuto da Dio, ma anche da un grande carisma personale…Io dico solo che proprio Escrivà ( e questo suo messaggio per me è fondamentale) invitava alla NORMALITà COME STRADA DELLA SANTITà. Ecco. Per carità va bene la devozione per le apparizioni di Lourdes, per i miracoli, per le stimmate, per la bilocazione di Padre Pio, per le virtù eroiche dei santi…Va bene! Ma se il nostro cristianesimo rimane ancorato a quello, diventa il cristianesimo delle occasioni e degli effetti speciali che tra l’altro ci invita anche un pò a “fuggire” dalle nostre responsabilità ( erchè uno pensa vabbhè, Escrivà è riuscito a fare quello che ha fatto erchè era speciale, io non sono chiamato a fare nulla, sono uno “normale”)! Anche leggendo il libro di Don Mauro, ho capito che il nostro cristianesimo deve essere ancorato molto molto agli anni “anonimi” di Gesù. Alla sua vita tra famiglia e falegnameria…é lì che si gioca molta della nostra fede. E’ lì il seme che contiene il significato di ciò che poi verrà rivelato nella vita pubblica di Cristo. Ma mentre la vita pubblica di Cristo ha in sè qualcosa di straordinario…Quella “nascosta” interpella tutti. Responsabilizza tutti anche rispetto ai temi delle istituzioni ( che la famiglia di Gesù ha rispettato – vedi censimento e anche Gesù ha rispettato: vedi famiglia, lavoro, religione) e del celibato che a Lei sono tanto cari (giustamente).

  27. Lucy ha detto:

    Molto bello quello che scrivi Dory e molto coraggioso raccontare della propria vita e conversione…brava!Però sai che a me “parlano” molto più gli anni della vita pubblica? ma non perchè non sia bello valorizzare la vita nascosta e quotidiana, ma perchè (visto che ne sento molto il peso!), mi fa molto bene ricordare che c’è Uno che la morte l’ha cambiata di segno, Uno che ha posto l’aver molto amato, come sola condizione per essere perdonati,Uno che ha “guardato” e guarda tante nostre storie di male: sono tutti aspetti di Gesù che mi fanno “innamorare”……una volta mi hanno detto che il cristianesimo si diffonde “per invidia” e credo sia vero!
    Certo dobbiamo impegnarci, santificare la vita quotidiana e “fare” tante cose, ma soprattutto cercare di innamorarci, perchè poi il resto arriva quasi di slancio..
    Ecco, penso che gli altri, guardando noi, dovrebbero dire: ma cosa lo sostiene, se fa una vita in fondo non tanto ideale?Che gusto mai trova, nell’andar a messa tutti i giorni invece di starsene un’ora a far qualcosa di più ameno? ma su quale affetto può contare, se perdona così quel coniuge che lo tratta male?Che ricchezze ha, per non attaccarsi a 4 lire di eredità come tutti? Forse non c’entra nulla con la discussione e con le tue parole, Dory, ma oggi riflettevo su una storiella simile, che gira su fb: un uomo si recò da un saggio che si diceva possedesse il più grande rubino del mondo…gli chiese di vederlo, e mentre ancora lo fissava estasiato per le sue dimensioni, il saggio gli disse-se lo vuoi puoi tenerlo! ma che volevi chiedermi?
    “Volevo chiederti quale è il segreto della tua ricchezza, ma preferisco chiederti quale ricchezza ti permette di dar via così , senza pensarci quasi,un oggetto tanto prezioso..”

  28. Vera ha detto:

    @ Lucy io ho conosciuto, il Signore attraverso l’amore. un amore che mi si donava, gratuitamente a me, proprio a me e non riuscivo a credere ne dominare l’emozione e la gioia che mi scoppiavano dentro. Ho desiderato conoscerlo ed approfondire quell’amicizia che mi offriva, quella paternità che scoprivo nel suo amarmi. Attraverso un sacerdote scoprivo che Dio mi amava, e attraverso quella parola, mi istruiva, ma soprattutto era attraverso quella paternità e quel cuore che amava ciò che sarei dovuta diventare accogliendo Dio in me.

  29. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Dory. Non hai offeso nessuno, anzi mi hai ricordato la mia gioventù ( lontana nel tempo ma vivissimamemte presente nella coscienza ) in cui ho fatto la scoperta che hai fatto anche tu e che mi ha cambiato la vita, gioiosamente ma complicandomela assai. s. Josemaria il giorno prima di morire si divertiva a scherzare con d. Javier, allora suo giovane collaboratore, fischiando di sorpresa dietro le sue spalle con un fischietto che gli avevano regalato un gruppo di ragazze e si divertiva a vedere la faccia di quelli che vivevano con lui mentre assaggiavano uno sconosciuto liquore dell’Europa dell’Est che gli aveva regalato. Lo ricordo mentre a tavola mi invitava a far onore alla pasta asciutta che aveva fatto preparare per noi o quando mi invitava a scrivere sulla paternità ( purtroppo non l’ho fatto da figlio poco ubbidiente ) in anni in cui si contestava l’autorità paterna. Queste sono le mie icone su di lui e questo è il clima di famiglia che lui creava intorno a sè.
    E questo stile bello, semplice e famigliare vorrei che arrivasse dappertutto, insegnando un cristianesimo quotidiano e gioioso. Io riconosco questa icona familiare quando a casa mia, dovendo fare un dieta che consisteva in un pallido uovo sodo, me lo presentavano con gli occhi, il naso e la bocca…sorridente, fatti con frammenti di carota, per farmi….coraggio. Piccoli….miracoli della carità domestica.

  30. Sandokan ha detto:

    Certo non è facile vivere sentendosi osservati. Non è neanche possibile evitare che ti osservino.
    Sicuramente non tutti gli sguardi che sentiamo su di noi hanno la stessa importanza. Ma se attorno a noi abbiamo costruito relazioni forti, queste inevitabilmente condizioneranno i nostri comportamenti. Alcuni chiamano libertà l’assenza di legami. Una persona che non ha legami, si dice, può fare quello che gli pare. Tuttavia bisogna domandarsi se una persona senza legami abbia realmente qualcosa da fare … qualcosa che giustifichi il suo impegno quotidiano, almeno davanti a se stessa.
    So bene che alcuni legami sono catene che è giusto spezzare. Ma, mi chiedo, ogni legame è una catena? Non sono stati i legami tra le persone a dare origine alle culture dei popoli? Può esistere una persona al di fuori di un contesto culturale fatto di tradizioni, abitudini, linguaggio, usi e costumi, valori? Può un uomo, da solo, costruire una cultura?
    Tarzan aveva bisogno di una cultura, cioè di uno strumento che gli consentisse di esaltare le proprie potenzialità. Per questa sua nuova nascita aveva bisogno di una famiglia. La famiglia è infatti il contesto culturale di ogni figlio che nasce, è la sua porta di accesso al mondo. A un mondo che esisteva prima della sua nascita, a un mondo all’interno del quale lui deve ricercare (inizialmente con l’aiuto degli altri e, nel tempo, sempre più in autonomamente) la necessità della sua esistenza individuale. Tarzan, avendo vissuto nella foresta da solo, al momento era utile solo a Jane e a me. Poteva bastare?
    Quando una persona, specialmente un bambino, ci guarda è come se ci chiedesse conto del valore della cultura che incarniamo. E’ come se ci chiedesse: “Questo tuo modo di stare al mondo (il tuo lavoro, le tue amicizie, i tuoi interessi, il tuo matrimonio, …) ti serve a prendere possesso della realtà? La tua cultura ti ha aiutato a capire il motivo per il quale sei al mondo oppure devo chiedere ad altri?”.
    Una cultura che non si sforzi di spiegare la realtà non è in realtà una cultura. Oggi si preferisce esaltare il “dubbio” … si dice che dubitare sia segno di intelligenza. Non saprei, mi sembra più intelligente chi i propri dubbi si sforza di risolverli. Preferisco far parte di una cultura che i propri dubbi si sforza di risolverli invece di coltivarli per giustificare vite senza senso.
    Da parte mia volevo evitare a Tarzan un rischio: l’educazione, che è introduzione della persona alla realtà, non deve ridursi a introduzione a una cultura. La cultura, come ogni costruzione umana, vive dei legami tra le persone che, nel tempo, l’hanno generata. Ogni persona, nascendo in una cultura, ne modifica il senso, la rinnova, la aggiorna, la arricchisce. Questo lo capivo bene. Trasmettendo a Tarzan la mia cultura gli stavo trasmettendo la forza capace di scardinare le mie abitudini, il mio modo di vedere le cose, la mia vita.
    Anni fa un sacerdote, evidentemente annoiato da un certo modo routinario di partecipare alla Messa da parte dei suoi parrocchiani, al termine della Preghiera dei Fedeli, disse: “Preghiamo anche perché il tetto della nostra chiesa crolli sulle nostre teste seppellendoci nei nostri peccati, per Cristo nostro Signore”. Tutti risposero: “Amen”. Ripensando all’episodio mi sono detto: “Ci fosse stato Tarzan avrebbe detto “amen” anche lui? Lui che non sa che dopo “per Cristo nostro Signore” bisogna dire “amen”? ”.

  31. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Perbacco. Qui c’è da pascolare per mesi, nel campicello che hai allestito……

  32. Tres ha detto:

    Sai Sandokan mentre ti leggevo pensavo a quello che scrivevi e mi venivano in mente certe passeggiate con i miei figli, quelli più grandi. Ora sono delle passeggiate, prima erano dei “vi porto a …”. Ora camminiamo fianco a fianco e loro tirano fuori quello che sono, non solo con le parole, ma pure non dandomi, logicamente, più la mano, fermandosi da soli ai semafori e decidendo insieme a me dove andare. A volte dicono delle cose che scardinano quello che io ho proposto loro fino ad esso, cioè me stessa, abitudini e modi di vedere le cose. Non mi sento messa da parte o non capita o non rispettata anche perchè se li guardo bene in quel modo di parlare tutto a battute e in quel modo di toccarsi i capelli ci sono tutta io. Insomma, se ne vadano pure tanto io sono dentro di loro.
    P.S Sandokan, sono daccordo con Don Gian Paolo, c’è da pascolare per mesi.

  33. Mauro Leonardi ha detto:

    @Lidia
    Ho letto ieri su Avvenire la paginata del funerale di Chiara Corbella, 28 anni, articolo di Giovanni Ruggiero. Occhiello: “Aveva conosciuto il marito a Medjugorje. Poi due gravidanze conclusesi con la morte dei figli dopo poche ore di vita a causa di gravi malformazioni. Infine la gioia di un piccolo senza problemi e la malattia inguaribile”. Devo dirvi che ho provato un certo fastidio. Spero di non essere scomunicato da Avvenire (in fin dei conti le perplessità sono solo per quanto dice un suo giornalista) e da tutti voi per quanto sto per scrivere. Quanto sto per dire c’entra con il discorso della Croce fatto più volte in questa Discussione. Capisco che il caso di Chiara vada “cavalcato” giornalisticamente per rafforzare i valori in cui credono i cattolici e che toccano in particolare la vita. Di fatto Chiara è stato un’esempio eroico di donna che non abortisce, che ha rapporti sessuali aperti alla vita, e tante altre cose. Ma mi dà fastidio che Giovanni Ruggiero scriva: “Gli diranno, quando sarà grande e potrà capire, che sua madre è morta per farlo nascere; gli diranno pure di non sentirsi in colpa perché questa scelta sua mamma la fece senza esitazione, e gli diranno ancora che il coraggio di questa scelta nasceva da una fede chiara, limpida e infinita. Francesco ha compiuto da pochi giorni un anno e non sa che questa mattina sua mamma Chiara, ai piedi dell’altare, avrà l’estremo saluto del suo papà Enrico…”. Troppo semplicistico, molto banalizzante, qui si “evacua” lo scandalo della Croce. Mi è capitato di parlare con gente che ha assistito a una testimonianza di una figlia di Gianna Berretta Molla (la figlia sta a Francesco come Gianna sta a Chiara). Quelli che erano presenti hanno avuto l’impressione di trovarsi dinnanzi una persona disturbata, a disagio, un po’ strana. E’ troppo banale dire “non devi sentirti in colpa per tua mamma che è morta per te perché te lo dico io”. Non so se mi spiego. San Paolo dice “noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1 Cor 1,23). Lo scandalo della Croce, caro Ruggiero, non può essere annullato. Proprio così “lo scandalo della croce” (Gal 5,11). Francesco dovrà fare i conti con questo scandalo e se noi cerchiamo di svuotare lo scandalo, di dire che non lo è, non lo aiutiamo. Francesco parte a handicap. Questa è la verità della sua vita. Poi si potrà dire tutto quello che si vuole: la Grazia, la gente, il papà Enrico, ecc. ecc. ma la verità nuda e cruda è che Francesco parte a handicap. Come una squadra che gioca una partita avendo l’arbitro contro.

  34. Vittoria Patti ha detto:

    Sono perfettamente d’accordo. Per esperienza diretta e di tanti a me vicinissimi, so che non c’è nulla di più devastante di quando hai un dolore – specialmente da piccolo – e ti senti dire che quel dolore non esiste.

  35. Vittoria Patti ha detto:

    PS ho postato le Sue considerazioni sul mio profilo Facebook (l’ho taggata, quindi comparirà anche sulla sua bacheca) e sta generando una bella serie di interessanti commenti!

  36. Carmen ha detto:

    Torno dopo un po’ di assenza, anche perché non posso esimermi dal condividere una presenza sul blog con don Gian Paolo, con cui ho già condiviso un entusiasmante, grande lavoro. Come sta?
    Io non sono così convinta che Avvenire volesse “evacuare lo scandalo della Croce”, semplicemente quella è la spiegazione, vera, che sarà data in futuro a quel bambino. Come la prenderà? Non lo sappiamo. Potrà capire? Non lo sappiamo, la Croce è un mistero, figurati quando ti tocca direttamente. Ma se non glielo spiegheranno così, come glielo spiegheranno? E’ vero che parte ad handicap, perché non ha la mamma (noi mamme siamo indispensabili e insostituibili, anche quando siamo miserrime), ma dobbiamo credere che a differenza di un bambino che ha perso la mamma in un altro modo su di lui c’è più grazia perché la sua mamma è più alta in Cielo. Poi ci sarà quel mistero immenso del rapporto grazia/libertà e anche lui dovrà giocarsela: certo, con il suo handicap. Sarà molto importante che non ne facciano il “figlio della santa”, vi ricordate il film “Per grazia ricevuta”, la storia di un piccolo miracolato?

  37. Vittoria Patti ha detto:

    Ecco: il punto è che chi lo circonda non lo aiuti DI MENO perché ha una mamma santa in cielo (vi assicuro che è più facile cascarci di quanto sembri!), ma DI PIU’!

  38. Tres ha detto:

    Ma prima di fare tanti discorsi a questo bambino si sarà dovuto metterlo a letto la sera del funerale, senza la mamma. Penso che lo avrà fatto il papà quella sera. Mentre le sere precedenti in cui la mamma era in ospedale, sicuramente non ci sarà stato neanche il papà, che sarà rimasto accanto alla mamma. E quindi, proprio la sera del funerale, il bambino avrà avuto almeno il papà vicino e secondo me si sarà addormentato più felice. Da quella sera per quei due inizia un’altra storia, in due, uniti. In un certo senso, nella vita di quei bambino, ci saranno prima le risposte delle domande.

  39. Mauro Leonardi ha detto:

    @Vittoria
    Grazie. Oggi ho scritto il commento di getto, e poi nel pomeriggio ho pregato che venisse capito il senso delle mie parole. Chiara è stata una martire, e questo nessuno lo dubita. Proprio per questo nessuno deve pensare che la Croce di una vita senza la mamma che è morta per te però tu non devi pensare che ne hai la colpa perché te lo dico io, venga svuotata. Mentre oggi pregavo su questo mi è venuto in mente il martirio di san Policarpo. Vi trascrivo un pezzetto del breviario. “Dopo che ebbe pronunciato l’Amen e finito di pregare, gli addetti al rogo accesero il fuoco. Levatesi una grande fiammata, noi, a cui fu dato di scorgerlo perfettamente, vedemmo allora un miracolo e siamo conservati in vita per annunziare agli altre le cose che accaddero. Il fuoco s dispose a forma di arco a volta come la vela di una nave gonfiata dal vento e avvolse il corpo del martire come una parete. Il corpo stava a centro di essa, ma non sembrava carne che bruciasse, bensì pane cotto oppure oro e argento reso incandescente. E noi sentimmo tanta soavità di profumo, come di incenso o di qualche altro aroma prezioso”. E’ un testo antichissimo dei Padri apostolici. Ecco il paragone: il profumo del sacrificio di Chiara e di suo marito e di suo figlio (che a differenze dei primi due questo martirio non lo ha scelto ma lo ha subito) si diffonde nel mondo ed è meraviglioso. Però non ci capiti di pensare che lì c’è del pane che sta cuocendo, quando invece c’è un uomo che sta arrostendo. Sennò succede che Lucy prega Dio di fargli capire l’ingiustizia del marito che la violenta (post di due minuti fa di Federico nella “crisi dei 40 anni” che condivido appieno…) e di non pregare Dio che qualcuno venga a prendere a calci suo marito che la sta violentando. Oltretutto noi cattolici se non impariamo queste cose, non riusciremo mai a parlare con i non credenti. E questo blog è nato proprio perché i distanti si parlino.

  40. Tres ha detto:

    Forse come diceva @Vittoria prima o lei @Don Mauro:” non c’è nulla di più devastante di quando hai un dolore – specialmente da piccolo – e ti senti dire che quel dolore non esiste”.”Però non ci capiti di pensare che lì c’è del pane che sta cuocendo, quando invece c’è un uomo che sta arrostendo.” Se si soffre bisogna dare cittadinanza dentro di noi a quel dolore, chiamarlo con il proprio nome, guardarlo in faccia, cioè secondo me bisogna lasciare che la Croce la portino i crocifissi. Per ora lo farà il papà e poi toccherà al piccolo, quando crescerà.

  41. Vittoria Patti ha detto:

    @Tres: secondo me bisogna lasciare che la Croce la portino i crocifissi. Non ho ben capito cosa intendi, puoi rispiegarmelo?

  42. Paola ha detto:

    don Mauro, non sono d’accordo neppure sul tuo intervento su Chiara.
    Chiara non era solo una martire.
    Chiara era una donna felice, almeno da quanto si vede nell’intervista che ci ha segnalato Lidia.
    E suo marito la guardava con occhi ammirati.
    Non ci insegni tu, in mezz’ora d’orazione, che Dio dà le Sue carte e a noi l’intelligenza della fede di giocarcele e essere felici?
    Chiara ci sembra nel video più felice di come si descrive Lucy. Questa è la verità. Chiara ha preso le carte che le ha dato il Signore e se l’è giocate e si è goduta la vita e ha reso felice il marito e ha contemplato con stupore la vita del bimbo che sapeva di non poter crescere. La felicità di Chiara è lo stupore di intravedere il progetto di Dio meraviglioso su di lei anche se muore a 30 anni. Non è la lunghezza della vita che rende la vita piena. E’ la profondità della gioia con cui ognuno si gioca le sue personalissime carte nella vita. Lucy invece sembra che guardi queste carte, questo marito, questi figli, come qualcosa che lei non ha ancora deciso di giocarsi. Come realtà che le sono piombate quasi per errore tra le mani. E il tempo scorre tra mestizia, rimpianti, rimproveri e rassegnazione.
    Insomma se il mondo è di chi se lo piglia, Chiara se l’è proprio preso. E il figlio di Chiara corre lo stesso rischio di essere disturbato di quanto lo corre il primogenito di Lucy che lei dice di non aver voluto e di aver fatto tanta fatica ad accettare. Ma sai don Mauro, che il c.d. bonding tra mamma e figlio dei primi mesi di vita è fondamentale? Sai che vuol dire? Vuol dire che il bimbo di Chiara avrà passato i primi mesi inondato di amore folle della mamma, mentre quello di Lucy avrà sofferto pene tremende perché capiva che la mamma non lo voleva.
    Insomma, è molto più a rischio, per me, il figlio di Lucy.

  43. Tres ha detto:

    Paola ti prego non gettare su Lucy una croce del genere. Tra mamma e figlio i primi mesi sono i primi mesi, ci si conosce e ci si odora e ci si ama a pochi centimetri uno dall’altro, sia che sia il primo, che sia l’ultimo che sia quello che sia. I primi soffrono tutte le inesperienze materne e le interferenze altrui con ansia da perfezionismo, il secondo va meglio, il terzo sta in mezzo tutta la vita, il quarto verrà chiamato con il suo nome alla prima botta verso i 18 anni, il quinto rimane il piccoletto fino a 50 anni e così via. Se a questo aggiungiamo tragedie come quella di Chiara, perchè è una tragedia, trasfigurata dalla fede e dall’affetto di migliaia di persone, ma rimane una tragedia, ci saranno dei problemi e delle paure da affrontare. Se come Lucy, e come tutte, ti prende un colpo di rimanere in cinta per mille motivazioni tutte valide e non necessariamente diaboliche, non ci imputiamo lettere scarlatte per tutta la vita. E’ vita, si rinasce mille volte. E a volte, carte buone o no, si passa ma si rimane in gioco. Ciao Paola!

  44. Tres ha detto:

    @vittoria, ciao. In effetti non si capisce quello che volevo dire. La croce di una persona la vive solo quella persona, se la porta solo quella persona, puoi avere, come Gesù, qualcuno crocifisso accanto e persone che ti amano ai tuoi piedi, ma tra te e la croce solo i chiodi. Anche Dio sembra lontano quando si è in croce. Sembra. Il marito di Chiara sta portando la sua croce e quella del bambino così piccolo. E quando sarà grande, di giorno in giorno anche il piccolo capirà la sua croce. E ne vedrà anche i frutti di amore che vivono nella mamma in cielo e nel papà accanto a lui. A volte noi facciamo i cronisti della croce (il giornalista di Avvenire) e si può sbagliare o idealizzare troppo. Pensi che mi sia spiegata? Non mi viene meglio.Grazie di avermelo chiesto.

  45. Carmen ha detto:

    Ci sono due libri bellissimi scritti da un’amica mia neuropsichiatra che sostiene che un figlio non ha bisogno di genitori perfetti, ma dei suoi genitori, da questo punto di vista il bambino di Chiara ha un’oggettiva forte carenza. Però che cosa metterà in gioco la sua famiglia per supplire a questa carenza? Ha ragione Tres, pensiamo che oggi quel bambino è pieno di affetto del suo papà e dei suoi familiari e amici e che le risposte gli arriveranno man mano da quell’affetto lì. Mi sembra però che ha ragione don Mauro, anche se inizialmente il suo post su Avvenire mi aveva fatto un po’arrabbiare :-), il punto è come noi comunichiamo una realtà di questo tipo. Cioè se diciamo (esagero) “fortunato quel bambino che ha una mamma santa in Cielo”, rischiamo di passare per matti o per sadici, e il dialogo si chiude, siamo i soliti cattolici fanatici. Siccome tutti noi siamo un misto di fango e grazia, quel bambino non ha la mamma e questo è un limite, ma queste decisioni nascono in un contesto di amore e gratuità, che ora è tutto riversato su di lui, mica Chiara l’ha deciso da sola quello che ha deciso, e sicuramente ha avuto una famiglia e un ambiente che l’hanno formata a quello e sostenuta così. E insieme ci metto la grazia, oltre alla mamma in Cielo, quanta gente sta pregando per questa famiglia?

  46. Carmen ha detto:

    Scusa la mia ignoranza, ho capito perfettamente che cos’è il c.d.bonding, ma mi spieghi la sigla? Grazie

  47. Vittoria Patti ha detto:

    Sì grazie. :) Buona giornata

  48. Mauro Leonardi ha detto:

    @Paola
    Io sono rimasto infastidito dal tono trionfalista del giornalista di Avvenire, non dalla vita eroica di Chiara. Per questo ho trascritto il martirio di san Policarpo e ho commentato: “… il profumo del sacrificio di Chiara e di suo marito e di suo figlio (che a differenze dei primi due questo martirio non lo ha scelto ma lo ha subito) si diffonde nel mondo ed è meraviglioso. Però non ci capiti di pensare che lì c’è del pane che sta cuocendo, quando invece c’è un uomo che sta arrostendo”.

    Ti sembra debba rettificare qualcosa di questo? A me sembra di no. A te sembra di sì? Vittoria, Tres e diversi alti hanno perfettamente capito cosa volevo dire…

  49. Ester ha detto:

    Ho letto anch’io l’articolo di Avvenire, mi è capitato sotto gli occhi per caso. Ho fatto fatica ad arrivare alla fine della lettura perché sono stata colta dal medesimo disagio che ha colto d. Mauro. E sono due giorni che penso a questo disagio.
    Forse che non sono d’accordo con la scelta di Chiara (probabilmente condivisa da Enrico) di tenere il bambino? Certo che sono d’accordo, una madre che vuole essere tale non potrebbe fare diversamente.
    Forse che penso che la vita del piccolo Francesco non sarà vita? No, non penso neppure questo, perché ogni vita è sacra e vale la pena di essere vissuta anche quando essa si presenta con handicap, limiti, ferite e ogni genere di ostacolo che possa rendere più complicato il vivere…. Ma il vivere è un mistero sempre degno del nostro più grande rispetto!
    Il mio disagio forse è legato più al fatto che quell’articolo mi è sembrato togliere lo spazio e il tempo della vita e del quotidiano a quel padre e a quel bimbo! Subito lo abbiamo portato a un domani ipotetico di cui nessuno può sapere nulla, si son saltati i passi e si è arrivati in cima, senza pensare che quel cammino avrà le sue fatiche i suoi imprevisti, i suoi perché, alcuni con risposta altri purtroppo senza! Ecco questo mi ha lasciato il disagio dentro…
    E non so se questo sia o meno lo ‘scandalo della Croce’, ma i perché non possono essere elusi così facilmente… perché sono essi a creare dentro di noi lo spazio adeguato a incontrare il Volto del Padre, quel Volto che è così terribilmente misterioso a volte!
    Non voglio scandalizzare nessuno, ma io ho voluto fare la fatica di chiederGli: ‘ma questa coppia non aveva già sofferto abbastanza? non poteva andare tutto liscio?’
    Se nessuno di voi si è fatto queste domande sono contenta per voi! Ho poca fede? probabilmente sì, ma preferisco stare così davanti a quel Dio che chiamo Padre, preferisco non sfuggire al dramma del dolore con facili risposte che saltano i passaggi, perché so che solo così rimango aperta a cogliere ciò che altrimenti non potrei neppure intuire

  50. Patrizia Cecilia Giardi ha detto:

    Fintanto che Avvenire difendendo incoraggia scelte di questo tipo non ci dobbiamo meravigliare se poi non sappiamo come fare a recuperare le famiglie e i giovani superstiti di queste situazioni.Che non si recuperano. QUESTA E’ LA MIA OPINIONE, E SONO PRONTA A DIFENDERLA A SPADA TRATTA E DGPC E DM SANNO CHE NON ARRETRO DI UN MILLIMETRO.Comunque la chiesa ha buona parte della colpa. COLPA.

  51. Vittoria Patti ha detto:

    c. d. bonding = cosiddetto bonding

  52. Mauro Leonardi ha detto:

    M-e-r-a-v-i-g-l-i-o-s-o!!!

  53. Patrizia Cecilia Giardi ha detto:

    Non vorrei essere irriverente, ma perchè non dici le cose come stanno su S.Escrivà? Era un dittatore……dalla parte giusta ma sempre dittatore…..Dio ha dato smpre il libero arbitrio…….S.Escrivà no! E lo dico con tutto il rispetto e la devozione e l’apprezzamento per le sue opere!Sono daccordo nel dire che forse è meglio , anche per questi tempi,un dittatore giusto che una guida incerta….perchè devi ammettere che anche nella chiesa le contraddizioni non mancano……la guida è incerta…..e i fedeli……incerti pure loro!!!!!

  54. Paola ha detto:

    Non credo don Mauro che tu devi rettificare. Credo, invece, che tu scrivi la punta dei tuoi pensieri. Poi alla base del tuo iceberg intellettuale c’è molto di più. Ma io non posso goderne. Apprezzo e capisco solo la punta. E quella un po’ stonava, secondo me, perchè non rendeva ragione del profumo della vita di Chiara. Che a me è arrivato dal video di you tube.

    La felicità di Chiara, almeno quella cinematografica, era pazzesca. Ho amiche sane con figli sani con mariti sani e con facce distrutte dal dolore. La risposta alla vita te la dà la vita stessa. Chiara aveva trovato una risposta, da quel poco che vedo su you tube.

  55. Patrizia Cecilia Giardi ha detto:

    @Paola: Che bello il tuo mondo! Stai attenta a non aprire le porte che fuori c’è quello reale! E’ la mia opinione, personale, che nessuno deve condividere. E’solo la mia.
    @Ester:io penso che sbagli quando dici:” perché ogni vita è sacra e vale la pena di essere vissuta anche quando essa si presenta con handicap” perchè non tutte le persone sono uguali, non tutte le persone hanno il carattere di crescere un figlio con handicap, e nessuno, ripeto, nessuno deve tirargli addosso la croce e il marchio dell’infamia. Certo, qui, in questo blog, tutti buoni, tutto idilliaco tutto facile…….ma la vita reale è un’altra….e chi non ce la fa non ce la fa…..E un bambino senza madre con la colpa di averla fatta morire per vivere non è un buon inizio……quel bambino, a parer mio, è condannato, perchè ogni volta che il padre lo guarderà, si ricorderà che la sua compagna è morta per colpa sua, infatti niente misericordia per quel bambino, ma subiyo una atroce verità, tua madre è morta per farti nascere….un’accusa immediata del subconscio del padre verso il figlio……? E basta con tutto sto’ buonismo………

  56. Carmen ha detto:

    No, un momento, mi sembra che qua si va un po’ troppo rapidamente da un estremo all’altro, almeno per i miei ritmi. A parte il fatto che se fossi Enrico e leggessi questo blog mi verrebbe da chiedere “ma perché non si fanno i fatti loro?” (ma lui dalle scelte che ha fatto è molto migliore di me, quindi magari non se lo chiederebbe), ma prima di tutto vorrei ribadire: il bambino non ha nessuna colpa della morte della madre, se no neghiamo il sacrificio della madre e basta. Questo vuol dire che a suo padre, a sua nonna, alla migliore amica di sua madre non verrà mai da pensare: se non ci fosse questo bambino Chiara sarebbe ancora qui? Non lo so, mia figlia ha appena avuto un bambino e proprio non so come avrei reagito in un caso del genere, più spesso avranno la reazione di Ester, che è la più umana, ma anche vorranno un bene dell’anima a questo bambino e faranno il possibile per compensare la mamma che non ha e questo perché noi non siamo “estremisti” e in una vicenda di questo genere contano molto le emozioni. Cioè voglio dire che tutto quello che è stato detto qui mixato ben bene girerà nelle teste di tutti, ma come ho già detto una Chiara non nasce dal nulla, nasce da una famiglia che le ha insegnato i valori per cui è vissuta e morta, ha una compagnia di amici, ha un marito che ha scelto con lei, quindi possiamo essere fiduciosi (e non è buonismo, è logica ed è speranza) che tutto questo ambiente farà fronte alla crescita il più possibile armonica e piena di affetti di questo bambino, che non ha colpe, ripeto, ma a cui manca qualcosa di grande.

  57. Carmen ha detto:

    Grazie Vittoria, pensavo a qualche abbreviazione scientifica, se me lo dici tu non posso che fidarmi ;-)

  58. Paola ha detto:

    Patrizia rispondo alla tua provocazione solo perché la vista di De Rossi e dei suoi compagni che cantano l’inno d’Italia mi ha messo di buonumore. Questo per dirti che non sono così spirituale come mi pensi. E spero di non deluderti.

    Non è questione di porte aperte. Io sono abbastanza una donna da strada, rectius che vive in mezzo al mondo. Ma coi piedi piantati a terra e la testa in cielo.

    E Dio ha vinto il mondo.

  59. Mauro Leonardi ha detto:

    @Carmen.
    Io non sto parlando di Enrico -che ammiro e amo – ma del giornalista di Avvenire. Ester dice quello che penso meglio di come lo avrei detto io.

  60. Carmen ha detto:

    @don Mauro, ma questo è chiarissimo, non si preoccupi ;-) mi sembra solo che nell’evoluzione della discussione si è un po’ estremizzata la situazione di questa famiglia e di questo bambino, da “figlio della santa” a “colpevole della morte di sua madre”, mentre io sono convinta che la realtà sia in quello che dice Tres e in quello che dice Ester: tante domande e tanto amore.

  61. Patrizia Cecilia Giardi ha detto:

    @DGPC: ho letto il tuo post dove dici che le coppie che convivono ti rattristano un po’. Vorrei sapere qual’è la differenza tra la scelta del matrimonio e quella della convivenza,alla luce di quanto segue:”In Sicilia nel 2009 sono state presentate 319 cause (contro 341 del 2008) e l’85,9% di queste, ovvero 274, sono state accolte con sentenza positiva. Ludovico Puma, vicario giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Siculo, precisa che “da cinque anni il numero di cause introdotte si attesta su una media di 350 l’anno, mentre prima si aggirava sui 170/180. Chiaramente il motivo per cui sono cresciuti non è da attribuire all’aumento dei matrimoni falliti perché in Sicilia se ne registrano circa 12.000 l’anno, più o meno un matrimonio celebrato su quattro termina con una separazione o un divorzio. Il divario rimane comunque enorme per potere collegare i due fenomeni”.” da http://www.siciliainformazioni.com. “Un matrimonio fallito su 5 annullato dalla Sacra Rota.Le richieste aumentano del 25% l’ anno” http://www.corriere.it. Ora,sarai daccordo con me che il matrimonio celebrato in chiesa è un rito religioso,esclusivamente di competenza della chiesa, e quindi alla chiesa spetta il dovere di preparare i giovani a questo impegno, che per la chiesa è per sempre. Non so se mi spiego. Finchè morte non vi separi. L’uomo non separi ciò che Dio ha unito.Non se se è chiaro.Così, per tutte quelle persone , giovani donne e uomini, che si vogliono sposare ecco il corso prematrimoniale.In 3 mesi di colloqui,magari di giovani visti solo il giorno del battesimo,la chiesa sposa i giovani in chiesa e si mette a posto la coscienza. E si, perchè di coscienza si parla.E infatti i nunmeri ci dicono che la chiesa ha fallito nel suo obiettivo, ma perchè i preti che dovrebbero seguire i giovani sono, oggi come oggi, troppo impegnati e distratti da altre cose.Vedete,come un’insegnante ha fallito quando boccia troppi alunni,o al contrario li promuove tutti anche se non sono preparati, tanto ci penseranno gli insegnanti dell’anno dopo a bocciarli,così la chiesa ha fallito la missione quando poi un matrimonio su 5 viene sciolto.La Rota (grazie a Dio non più Sacra)Romana,nonostante ciò che dice Gesù nel Vangelo,un solo corpo una sola carne,scioglie il matrimonio e avvalla l’incacacità della Chiesa di insegnare ai fedeli a vivere in Cristo, nella religione cattolica. Quindi dovresti, a mio avviso, dispiacerti non per i giovani che convivono, ma per i preti che non hanno il tempo, la voglia?,di preparare e insegnare ai giovani, di accompagnarli fin da bambini alla maturità facendogli comprendere tutta la grandezza e la consapevolezza e i doveri dell’essere cattolico e di tutti i sacramenti che si debbono affrontare. Ovvio che la Rota è la “pezza” che la chiesa mette sulla propria incapacità di preparare i giovani.Non puoi nagarlo, dato i numeri. Naturalmente stendo un velo pietoso sul costo di tali cause,e la dinamica economica che certo non fa onore al Vaticano. Oggi come oggi, conviverei anche io.I numeri dei divorzi(ci sono anmche quelli)e degli annullamenti fa paura. Inoltre è già di fatto sconfessata l’indissolubilità.Come al solito,curare gli effetti e non la causa è molto più facile.

  62. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Caso di Chiara. Sarò breve, perchè sono un po’ sciroccato e reduce dalle ingenue emozioni della partita dell’Italia. ( perchè tormentano Balotelli, questi giornalisti disgraziati ?!?).
    Mi sembra di partecipare al discorso degli amici di Giobbe che facevano….. un blog sul tema. Dio suggerisce a Giobbe e compagni che forse è meglio stare zitti…. Io la penso così, anche per i giornalisti che vogliono essere trionfalisticamente edificanti!
    Io non amo la stampa di partito….preso e per questo mi azzuffo anzi meglio non ne parlo più con un santo amico prete che giura in verba Temporibus veniendis ( vulgo Avvenire ).
    Posso solo fare la seguente testimonianza: quando avevo 13 anni – figlio unico, con padre lontano per persecuzioni politiche – ho perso mia madre in una notte per uno reazione anafilattica alla streptomicina che allora cominciava a circolare in Italia. Mia madre era per me come un padre, come una amica, ecc. Andavamo persino allo stadio insieme.
    Me la sono dovuta cavare da me con l’aiuto di mia nonna, che aveva fatto l’iniezione fatale e pesnava di aver ucciso sua figlia !!!!
    Niente melodrammi, Feerico, ma è successo proprio così.
    Mi ha aiutato un buon parroco senza tanti discorsi mistici, abbracciandomi e guardandomi negli occhi. Niente pedofili, Patrizia. Era una specie di don Camillo che ci faceva ricordare il catechismo ….a pedate, con scarpe 45. La parrocchia era nel quartiere dei bordelli e una volta un tale che veniva dalla provincia, non proprio per motivi spirituali, vedendo un gruppo di ragazzi uscire dal cancello della parrocchia, ci chiese se quello era un casino ( senza l’accento finale !) Vecchia Emilia degli anni 50.
    Me la sono cavata da solo, con l’aiuto di Dio, con qualche complesso e insicurezza che Federico riconosce così bene con le sue nozioni di psicologia aziendale o forse solo personale. Perciò io direi taciamo, piangiamo, consoliamo per chi può farlo ed è amico. Uno sguardo affettuoso, un abbraccio e una pedata valgono molto di più di una disputa bbiblica sul dolore. Purtroppo quando alcuni temi molto interiori diventano tema di pubblico dibattito e siamo diventati così biologici che tutta l’etica sembra ridursi a bioetica e tutta la sessualità ( una volta amore umano ) si riduce alla battaglia pro o contro la contraccezione, le cose si confondono molto e si banalizzano molto.

  63. Sandokan ha detto:

    Abba Antonio, scrutando l’abisso dei giudizi di Dio, chiese: “Signore, come mai alcuni muoiono in giovane età, altri vecchissimi? E perché alcuni sono poveri e altri sono ricchi? E come mai degli ingiusti sono ricchi e dei giusti sono poveri?”. E giunse a lui una voce che disse: “Antonio, veglia su di te”. Questi giudizi spettano a Dio; non ti giova conoscerli.

    In versione moderna, potremmo dire: “Antonio, fatti i fatti tuoi!”.

  64. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Patrizia. La Chiesa siamo noi. La chiesa domestica è la famiglia, i primi catechisti sono i genitori. I media educano oggi al posto dei genitori. Nella scuola circolano mille idee che confliggono e portano allo scetticismo, all’agnosticismo, il soggettivismo impera nella cultura e se una persona dice che esiste una verità sull’uomo è un fondamentalista, un intollerante e un talebano.
    La fedeltà è un optional a tutti i livelli. Non esiste più -nella testa di molti – un criterio di verità che non sia l’auteticità deòl sentimento, qui e ora.
    La Rota non può far altro che giudicare che in molti casi l’idea di matrimonio posta in essere dai contraenti non ha le caratteristiche che dovrebbe avere un matrimonio. I coniugi si sono ingannati perchè il matrimonio che hanno posto in essere era fin dall’inizio un fatto superficiale e precario, caricatura del matrimonio, istituzione naturale elevata da Gesù a rango di sacramento. Spesso hanno mentito, più o meno consapevolmente, ripondendo alle domande loro rivolte sotto giuramento. Erano più preoccupati dei fiori, del vestito, degli invitati,ecc
    La Chiesa, nella sua gerarchia è al servizio delle persone battezzate e non può impedire loro di ingannare o di ingannarsi, se loro non vogliono farsi aiutare e non può sospendere un loro diritto, se mostrano di essere capaci di esercitarlo e assicurano di saper quello che stanno facendo.
    IL discorso è molto ampio, è un discorso che investe il mistero del peccato e della grazia,dell’intelligenza e della volontà, della libertà e delle virtù, che tocca le caratteristiche della nostra cultura, ecc., ecc.
    La dichiarazione di nullità non un decreto che sciolga alcunchè ma che dichiara soltanto che il matrimonio celebrato era solo una parvenza di matrimonio.
    Che poi ci siano casi in cui anche la dichiarazione di nullità è fatta con leggerezza, è forzata da avvocati poco onesti, è decretata secondo coordinate culturali discutibili da qualche giudice, i Papi lo ripetono ogni anno e si fanno studi, convegni, ecc per evitare che questo accada.
    Io ti posso dire che non di rado si trovano matrimoni che ben poco hanno a che vedere con l’istituto naturale del matrimonio e con il sacramento che lo eleva all’ordine soprannaturale, però io non posso privare un cristiano dell’esercizio di un suo diritto a meno che non lo riconosca incapace. E’ un discorso doloroso e complicato. Non so se interessa a d. Mauro farne oggetto di un discorso sistematico, però non dobbiamo limitarci a prendere come oro colato ciò che spesso igiornali riportano in modo affrettatoe superficiale. Anche la statistica apparentemente ineccepibile può essere interpretata in modi diversi. Se si svuole si può parlare delle cause. Che ne dite ?

  65. Dory ha detto:

    Ester hai scritto pensieri bellissimi, tra l’altro in modo divino! Grazie.

  66. Vera ha detto:

    @ don G paolo e Patrizia, argomento matrimonio e nullità mi tocca molto da vicino, visto che il mio matrimonio è nullo ma mai ho portato avanti la cosa in tribunale, ma ai preliminari l’avvocato mi ha detto che mille e più sono i motivi per dichiararlo nullo. Direi a Patrizia che veramente la Chiesa ( prelati) non c’entrano proprio.. conosco gente che ha ottenuto nullità mentendo e pagando ma alla fine????? chi ci guadagna? Personalmente è Dio che ho davanti a me, e lui non lo piglia in giro nessuno. Non ho portato avanti il caso in tribunale, per tanti motivi, nesssun tribunale cancellerà mai la mia esperienza, la mia storia, il sacramento se pur celebrato con incoscienza e poi a qual fine….. solo se fosse servito ad entrare in convento ….. insomma non mi sento di annullare nulla perchè tutto esisterà sempre nel mio cuore e grazie al mio passato se pur terribile che ho incontrato Dio, se non mi avesse crocifissa non l’avrei amato.

  67. Mauro Leonardi ha detto:

    Pubblicato. (Questo però era un po’ debolino e già conosciuto… ma ti premio per gli altri bellissimi!)

  68. Mauro Leonardi ha detto:

    Finalmente Vera! aspettavo proprio un tuo intervento. Se non parli tu su queste cose, dobbiamo tacere tutti!

  69. fefral ha detto:

    (paola no… una donna da strada? Meno male che non c’è sciagurata, se no sai quanto la cavalcava ‘sta frase? :-) Baci!)

  70. Sandokan ha detto:

    “Avete notato come gli uomini preferiscano consultare una mappa per orientarsi mentre di solito le donne chiedono informazioni a qualcuno?”.
    Ammettiamolo. La riflessione non è originale. Alzi la mano chi di voi non ha mai sentito una frase del genere. Il più delle volte sopporto in silenzio frasi di questo tipo (ho imparato anche a stamparmi in faccia un sorriso che solo la mia consorte riesce a decifrare bene), ma l’altro giorno non ce l’ho fatta, mi sono avvicinato a mia moglie e le ho sussurrato: “Questo è vero … quando ci perdiamo per strada sei sempre tu a chiedermi di consultare la mappa!”.
    Purtroppo non sono in grado di comprendere quand’è il momento di fare dello spirito. Eravamo nel bel mezzo di una conferenza alla quale mi aveva trascinato perché qualcun altro mi ripetesse le stesse cose che lei mi dice da anni (a parte “te l’avevo detto io”, che è una frase che non è disposta a cedere a nessuno … fosse un vescovo sarebbe il suo motto episcopale). E io, invece di prestare attenzione alla nostra relatrice, stavo lì a dirle stupidaggini! Mi ha dato un calcio, per suggerirmi di tacere. “Ma … tesoro!? Uno che sappia consultare una mappa, nella vita, ci vuole! Non credi?”. “Non ti sopporto quando fai così”, mi ha risposto sorridendo.
    La serata sembrava potesse concludersi nel migliore dei modi, voi capite cosa intendo. Quanto a preliminari lei mi aveva dato un calcio, quindi eravamo a posto. Purtroppo mi ero scordato che eravamo invitati a una festa di compleanno. “Come dici? Andiamo a casa? Ma Giulio oggi compie quarant’anni!”. “E chi è Giulio?”. Poi mi sono ricordato chi fosse e mi sono ricordato anche perché l’avevo dimenticato.
    Arrivammo alla festa poco dopo, ma io avevo uno sguardo poco festaiolo. “Ho preso un calcio per nulla”, era tutto quello che riuscivo a pensare. Salutammo alcune vecchie conoscenza e provammo a infilarci in qualche conversazione in corso, sperando di non disturbare e di sfuggire a qualcuno che già ci aveva adocchiato. Avete presente Beautiful, la soap opera che ha più anni dei vostri figli e che ha per protagonisti sette uomini e sette donne (forse non sono sette, ma chissenefrega!) che si accoppiano – pardon, fanno sesso – sfruttando tutte le possibilità offerte dal calcolo combinatorio? Beh le conversazioni di queste feste sono come le puntate di Beautiful: puoi inserirti in qualunque istante e sembra che tu ci sia dentro da anni.
    Tuttavia la nostra missione di evitare scocciatori purtroppo fallì e noi non sfuggimmo al nostro destino: “Si parla di uomini, caro. Vieni a difenderti”. “Dici a me? Ma perché mi devo difendere, qual è l’accusa poi. Ma non avete altri argomenti di conversazione?”. “Via … anche gli uomini, quando si ritrovano da soli, finiscono per parlare di donne, lo sappiamo”. “Non direi, mia cara … mai poi di donne tutte intere. Preferiscono prenderne una, farla a pezzi ed esaminarla campione per campione”.
    La serata passò così, infilando una serie di conversazioni dopo l’altra – stando ben attenti a non parlare mai di qualcosa di cui realmente ci importasse – sperando di riuscire ad arrivare presto a quella buona, cioè a quella che ci avrebbe condotto all’uscita. Ma dovevamo aspettare la torta.
    Eccola! Applausi. La maggior parte dei presenti non conoscevano il festeggiato, sono pronto a scommetterci, ma sembravano felici. Che volessero fuggire via anche loro? Gli amici più intimi (i soliti buontemponi) gli avevano preparato una sorpresa: una torta celeste, a forma di pasticca di Viagra! Qualcuno, riferendosi al nostro ospite, commentò ad alta voce: “Sembra il riassunto del tuo passato e del tuo futuro”. Ma si può fare il riassunto del futuro?
    Consumata la torta ci avvicinammo per salutare. Mia moglie, che trova sempre la frase adatta all’occasione, si congedò amabilmente. Io, non sapendo bene cosa dire, mi tenni sul generico: “Attenzione, è un medicinale. Leggi attentamente il foglietto illustrativo”. E poi via, all’aria aperta, cercando di dimenticare.

  71. Tres ha detto:

    Don Gian Paolo che bella (mi posso permettere un aggettivo tanto inadeguato ma non me ne vengono altri?) la storia della sua vita: lei non è anziano ma gravido di vita. Anche @Vera, quanta sofferenza. E pure Ester con le sue ferite. Mi sa tanto che ognuno di noi non riesce a spiegare tanto la croce e l’amore perchè li stiamo vivendo. E allora a me sembra tanto “utile” raccontarci le vite.Buona giornata a tutti.

  72. Paola ha detto:

    Sandokan, io studio mappe ogni volta che devo raggiungere una meta che non conosco. E le studio anche per mio marito. E detesto il tom tom perché voglio sapere in anticipo dove sto andando e non mi piace abbandonarmi alle istruzioni alla cieca.
    Quanti anni hai? La tua visione delle donne è pre-bellica.
    Ciao!

  73. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Paola, Paola, paladina militante e chi ti potrà tenere testa ??? Dato che capiti a tiro ti vorrei suggerire di arricchire la donna del nostro tempo che è in te – biologicamente acculturata, in questo mondo medicalizzato in cui non il cuore non ha più palpiti ma solo tachicardie, tanto che l’innamorato dovrà presentare all’amata l’elettrocardiogramma per dimostrarle con frequenza ed extrasistole l’intensità del suo amore- con la lettura di un illustre psichiatra e filosofo che si chiama Victor Frankl ( un austriaco super dotato e vincente reduce dai lager tedeschi pieno di slanci spirituali ) che certo conoscerai, per far percepire anche la dimensione spirituale dell’amore, altrimenti si arriva a pensare che i valori spirituali sono astrazioni metafisiche, non vitali. Così credo capirai il valore militante anche del dolore sofferto, della depressione patita, dei rifiuti e delle sconfitte tra le pareti domestiche, dell’eroismo di sopportare disamori e sconfitte. Avrai letto i Dialoghi delle carmelitane di Bernanos ( questi cupi vcattolici francesi non mi entusiasmano ma in questo caso servono ) in cui chi cerca ppassionatamente il martirio offrendosi, viene risparmiato e chi temeva e fuggiva alla fine si offre volontaria e sale sul patibolo. Forse ti può servire. Guarda che la donna prebellica o bellica era molto ben dotata di attributi….metaforicamnte maschili!!!!!

  74. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Tres. Lo sapevo che ti saresti accorta dalla storia che ho raccontato: noi ci intendiamo con facilità. Forse un tempo, ancora vicina a una guerra che faceva guardare in faccia la morte ogni giorno, era più facile guardare in faccia i fatti più drammatici. Oggi oltre a non avere accanto la morte, viviamo di un mito virtuale della felicità e di una immagine di Dio orologiaio e….onorevole che risolve i problemi che complica i problemi e piena le gambe alle persone. Però il progressismo insito nella cultura fa disprezzare l’esperienza del passato e chi ci ha preceduto viene considerato non una reliqia ma un reliquato o un liquame ( sono affezionato a questa frase e la dico sperando di raccogliere qualche risultato; per ora non si vede granchè ma la speranza è l’ultima a morire )

  75. Paola ha detto:

    Hello don GP! Questi due non li ho letti ma li metto in coda alla lista di libri che vorrei leggere.
    Ho letto invece Muta il tuo dolore in danza, di Henri Nouwen e l’ho adorato.
    La donna pre-bellica era custode del focolare; ora siamo custodi del focolare e del pezzo di mondo che incontriamo sul lavoro. Forse troppo custodi. Custodite solo da Dio, al vertice.

  76. Paola ha detto:

    Henri Nouwen, non insegna come sopravvivere ai tempi difficili, i tempi della sofferenza e della prova, ma semplicemente suggerisce come vivere in pienezza anche durante e dopo di essi. E addita con sensibilità la via per una vita che abbia nella fedeltà incrollabile di Dio e nella speranza eterna il suo fondamento: quel tipo di vita, appunto, che ci fa capaci di danzare anche nelle tenebre della notte più oscura

  77. Tres ha detto:

    Don Gian Paolo caro.

  78. Tres ha detto:

    Con Sandokan riesco ad essere poco obiettiva perchè il suo modo di scrivere mi piace troppo. Io lo trovo veramente divertente e interessante: connubio difficile da trovare. Io, @Paola, non ci vedo una concezione della donna di nessun tipo. Sandokan parla, in ogni racconto, della moglie e della figlia: al limite, quindi, una concezione di famiglia. E secondo me questo Sandokan la moglie l’ama un sacco. Parla con ironia dei luoghi comuni, metaforici e non, della vita quotidiana di una coppia normale, mi sembra. Quando una mia figlia arriverà con un Tarzan a casa mi ricorderò di questi racconti surreali, ma che a me hanno dato un sacco di spunti. E non riuscirò a non ridere alla prossima cena di un “Giulio” qualsiasi a cui parteciperò.E poi: “Quanto a preliminari lei mi aveva dato un calcio, quindi eravamo a posto.” me fa morì dalle risate.

  79. Mauro Leonardi ha detto:

    Insomma: una giovane coppia concepisce due volte ed entrambe le volte il bimbo nasce con malattie tali per cui dopo mezz’ora dal parto muore. Al terzo tentativo, quando finalmente il bimbo nasce sano, è la mamma ad ammalarsi e muore in pochi mesi. Voi come la chiamate questa? Sì… è quella parolina lì che è venuta in mente a tutti noi e che comincia per sf… ed è la parola che noi gente qualsiasi usiamo quando l’ingiustizia arriva e colpisce ripetutamente le stesse persone. Insomma il noto proverbio: la fortuna è cieca ma la sf… ci vede benissimo!
    Ora, io rivendico il diritto/dovere di ogni cristiano di chiamare le cose con il proprio nome e di potersi arrabbiare con il proprio Padre Dio (arrabbiare non significa bestemmiarlo). Credo che sia l’unico modo vero di pregare in queste situazioni e l’unico modo di rispettare la verità di cui parla san Paolo quando dice della Croce che è scandalo per gli ebrei e stoltezza per i greci. E trovo ipocrita chi non è d’accordo e fa discorsetti edificanti. Li fa semplicemente perché non ci si trova dentro. E non sto parlando di Chiara ed Enrico che, come san Policarpo durante il martirio, erano sostenuti da una grazie particolare. Io penso a tutti quelli che, come bere un bicchier d’acqua, non si accorgono dell’enorme ingiustizia che cade addosso a queste persone.
    Altra faccenda è che io – dopo, solo dopo… – quest’ingiustizia la metta nelle mani di mio Padre Dio.
    Ma prima con lui mi ci arrabbio e ci faccio una bella litigata.

  80. Sandokan ha detto:

    Mi hai fatto tornare alla mente un messaggio che un mio amico (che voleva fare lo spiritoso) mi inviò quando nacque mia figlia. E’ in realtà un brano della Bibbia:

    Siracide 42, 9-13

    [9] Una figlia è per il padre un’inquietudine segreta,
    la preoccupazione per lei allontana il sonno:
    nella sua giovinezza, perché non sfiorisca,
    una volta accasata, perché non sia ripudiata.
    [10] Finché è ragazza, si teme che sia sedotta
    e che resti incinta nella casa paterna;
    quando è con un marito, che cada in colpa,
    quando è accasata, che sia sterile.
    [11] Su una figlia indocile rafforza la vigilanza,
    perché non ti renda scherno dei nemici,
    oggetto di chiacchiere in città e favola della gente,
    sì da farti vergognare davanti a tutti.
    [12] Non mostri la sua bellezza a qualsiasi uomo,
    non segga a ciarlare insieme con le altre donne,
    [13] perché dagli abiti esce fuori la tignola
    e dalla donna malizia di donna.

  81. Sandokan ha detto:

    Era per @Tres … sono un uomo, quindi posso sbagliare.

  82. Antonio ha detto:

    Questo va bene per chi quest’ingiustizia la subisce direttamente, per la sua famiglia, per i suoi amici … quanto agli altri, credo che il silenzio (che non è indifferenza, è rispetto) sarebbe la cosa migliore.

  83. Tres ha detto:

    Ciao @Sandokan, sei un uomo…e quindi sbaglierai sicuro…ma nel frattempo è un piacere leggerti. Quando sbaglierai, se me ne accorgo, ti dirò la mia opinione. Alla prossima e grazie per i pensieri e le risate.

  84. Tres ha detto:

    Non lo so @Don Mauro, l’ho già scritto da qualche parte ma non lo ritrovo, a volte chi non si arrabbia con Dio è perchè ha un altro modo di parlare, pregare e semplicemente davanti alle ingiustizie ammutolisce. Io ad esempio mi arrabbio da morire per le cose piccole e rimango muta davanti alle cose grandi. E’una tragedia quella che è successa, chi può capirla? Si rimane senza parole. Oppure si urla la propria rabbia. Sullo scandalo sono daccordo con lei. Ester mi aveva aiutato a ragionarci sopra.

  85. Paola ha detto:

    don Mauro, la tua è la logica della forza e del potere.

    Sfigato allora sarebbe chi è malato di cancro, chi ha un figlio malato, chi viene accusato ingiustamente, chi viene violentato, chi viene tradito dal marito? allora la regina Elisabetta sarebbe ben più figa di madre Teresa in questa logica? e allora tutti prima o poi cadrebbero nella sfiga della morte? ma allora il primo tra gli sfigati sarebbe proprio Gesù, che è stato preferito a Barabba?

    Io non mi sento ipocrita a dire che Chiara ha vissuto non da sfigata né da regina. Non chiedo spiegazioni a Dio del perché lei ha avuto tutto questo dolore da vivere. Dio non mi risponde a queste domande; ma Dio mi ha parlato col video di Chiara. Quel giorno io mi sono sentita una sfigata perché non ho saputo ringraziare per la mia vita, o almeno non l’ho fatto abbastanza. Lei è morta anche per farmi sentire quanto sfigata sono io a non vivere le 12 ore ogni giorno saltando di gioia nelle prove grandi o piccole che vivo.

    Ma chi siamo noi per voler capire la logica di Dio?

    mi comincio pure a sentire sfigata a scrivere discorsetti in questo blog

  86. MM. ha detto:

    c’è molto da pensare su tutta la faccenda di Chiara..io sono cresciuta a suon di “Dio manda le Croci a quelli che ama di più perché li tratta come trattò suo Figlio”.. E quando è morta mia mamma, io ero appena adolescente, una persona mi ha detto “vestiti con abiti allegri al funerale, perché è una festa”..un vaffanculo ci stava tutto ma ero troppo annebbiata dal dolore per reagire. Quello che dice don Mauro lo condivido e anche quello che dicono Tres e Ester.. Dare cittadinanza al dolore e chiamare Croce la croce, non permettendo a nessuno di darti risposte che saltano i passaggi (come dice Ester). La croce io non la capisco, la posso accettare ma non la capisco proprio. Fa male e basta. Devo avere un amore molto più grande del dolore per portarla..

  87. Vera ha detto:

    @ MM Dio non manda le Croci, ma fanno parte della vita, il morire, il nascere ammalati, le malattie ecc, un incidente chi lo ha voluto? ma è conseguenza di distrazione, o malessere, o ubriachezza o velocità, quindi è l’uomo abbastanza capace di distruggersi da solo. Se non dipende da noi, diciamo che Dio ha recuperato una vita,un suo dono dato e ripreso… non si dice nella Bibbia che lui è padrone della vita? che la riprende quando vuole? Ovviamente la nostra umanità urla e si ribella . Sono d’accordo al “litigio” con Dio, ma se accettiamo non arriva la pace nè il coraggio e la forza per andare avanti. La vita è un campo molto vasto per esercitarsi a vincere con Dio. Vi voglio bene

  88. Lucy ha detto:

    Quante “litigate” ho fatto io con Dio! Se per litigare si intende il chiedersi-perchè? perché?-di un qualcosa che non si riesce a capire con la ragione(e non bisogna per forza incontrare chissà quali sofferenze, anche perchè la soglia di sopportazione è quanto mai soggettiva!)E quando litigavo, in genere decidevo di sparire dalla circolazione e non dare più tempo e pensieri a Dio!( Mi viene in mente la breve preghiera” Io si , mi fido di Te…ma tu non fidarti di me,Signore!”, che è proprio vera e da riprendere a ogni “fine litigio”…)
    Poi qualcuno mi ha suggerito 2 piccoli “sistemi” per ridurre la “piena” del litigio: sono cose semplici,ma le scrivo qui, perchè a me aiutano spesso!
    1) ristabilire il senso delle proporzioni (un pò come fa Dio quando si rivolge a Giobbe che giustamente si lamenta e gli chiede-“Dove eri …quando ho creato questo e quello?”) e quindi riconoscersi piccoli,fare piccoli atti di umiltà..
    2)contrapporre ad ogni “perchè” che ti martella la testa,
    un “Tu sai”…(cioè fare tanti atti di fiducia, ripetendoli proprio tante volte… quasi come un rosario che guarisce le angosce del cuore…) Ora devo cenare…un saluto a tutti!

  89. Mauro Leonardi ha detto:

    @Paola
    Quello che è accaduto a Chiara è una profonda ingiustizia. E bisogna imparare a riconoscerla come tale. Così come la Croce di Cristo è stata una profondissima ingiustizia. MM. ed Ester lo hanno capito. Vera riconosce la verità, e cioè che dopo il peccato originale la nostra vita è piena di ingiustizie, ciorè di croci. Vi ricopio questo bellissimo brano che un biografo attribuisce a san Francesco. E vado a letto tenendomelo in bocca come un confetto, perché nel vivere come dice lui qui sotto sta la santità.

    « – Tu non mi comprendi – riprese Francesco – perché questo mio atteggiamento umile e sottomesso ti sembra vile e passivo. Ma si tratta di ben altro. anche’io per lungo tempo non ho capito. Mi sono dibattuto nel buio come un povero uccello nella pania. Ma il Signore ha avuto pietà di me e mi ha rivelato che la più alta attività dell’uomo e la sua maturità consistono anziché nella ricerca di un ideale, per quanto nobile e santo, nell’accettare con gioia la realtà, tutta la realtà. L’uomo che vagheggia il suo ideale, rimane chiuso in se stesso. Egli non comunica veramente con gli altri, né prende conoscenza dell’universo. Gli mancano il silenzio, la profondità e la pace. La profondità dell’uomo non è altro che la sua disposizione ad accogliere il mondo. Gli uomini restano, quasi tutti, isolati in se stessi, ad onta delle apparenze. Essi sono simili ad insetti che non riescono a spogliarsi del loro guscio. Essi si agitano, disperati, nel cerchio dei loro limiti. In fin dei conti, essi si ritrovano al punto di partenza. Essi credono d’aver cambiato qualcosa, e non s’avvedono di morire senza aver visto la luce del giorno. Gli uomini non sono mai del tutto svegli alla realtà».

    Forse a volte – lo dico anche pensando alla discussione sulla contraccezione – non ci si capisce e non ci si sente compresi perché… l’uomo che vagheggia il suo ideale, rimane chiuso in se stesso. Egli non comunica veramente con gli altri, né prende conoscenza dell’universo…
    Buona Notte!

  90. Paola ha detto:

    Il dolore è un mistero, inevitabile, da vivere.
    Pensare che è un’ingiustizia è dare un giudizio al dolore. E’ ricondurlo ad un codice normativo soggettivamente determinato. E sentire che c’è una frattura tra quello che ci hanno promesso e quello che viviamo.
    Giusto è Abramo che segue Dio pur non capendolo.
    Dio ci ha promesso dolore, la croce di ogni giorno con l’unica rassicurazione di aiutarci a portarla.
    Vedere un’ingiustizia nel dolore è vivere da incazzati.
    Vive da figlio chi di fronte al dolore inevitabile, come morte malattie, si inginocchia e soffre non sentendosi solo. Proprio come San Francesco sopra “La profondità dell’uomo non è altro che la sua disposizione ad accogliere il mondo”. Accoglie il mondo, don Mauro, è accogliere le croci inevitabili, come un mistero.

    L’ingiustizia è caricare altri di croci evitabili.

  91. Lucy ha detto:

    Paola , non riesco proprio a non risponderti, anche se per esperienza diretta, non credo molto nel dialogo su questi temi:non per ottuso pessimismo, ma perchè credo che ci sia un tempo per ogni cosa nella vita e se uno sta vivendo il suo momento “su”, non può capire bene chi ne vive un altro ( a meno che non lo abbia già vissuto)
    E poi per cambiar atteggiamento, non basta sentir pareri contrari, quello al più può aprire un pò gli occhi, ma il cambiamento uno lo deve VOLERE E CERCARE (e solo allora forse e in parte…riesce ad ottenerlo.)
    Premessa troppo lunga! ma volevo solo dire che non è giusto, nè possibile accettare croci senza passare attraverso i dubbi e il proprio essere arrabbiati ,senza toccare con mano che… proprio non ce la faccio!Anche perchè il dolore umano vive purtroppo due drammatiche incognite:il non sapere QUANDO nè COME andrà a finire! E’ facile quando uno è morto riconoscere il suo valore…ma quella persona, quando è stata male, mica sapeva se sarebbe durato poco o anni e anni!Credo che anche nella Passione, Gesù abbia voluto vivere queste due incognite…altrimenti non avrebbe avuto senso sudar sangue…se aveva presente ,in quel momento,che sarebbe risorto!(è un mio pensiero, non so se giusto!)
    E poi beata te, se riesci a distinguere croci evitabili e non!Noi uomini non siamo tagliati con l’accetta e le situazioni sono estremamente complicate, un difficile chiaroscuro soprattutto nelle sofferenze date dai rapporti umani!Solo nella malattia forse si può escludere il concorso umano diretto ( e anzi, solo in CERTE MALATTIE, perchè già se consideriamo tutte quelle psicologiche e psichiatriche, il discorso si fa difficile!)
    Non voglio passar per la sfortunata del blog, per questo non racconterò molti dettagli, ma mio marito, ha in un certo senso,lo stesso vigore combattivo di Paola, la stessa sicurezza granitica di essere nel giusto( e questo non solo con me, ma ovviamente anche con i figli..)…e dunque la sua reazione, di fronte alle malattie,o alle sofferenze, soprattutto se psicologiche,non è mai mettersi in crisi o farsi domande, ma si può così riassumere- se io sono sereno e l’ altro ha problemi, sarà il suo modo di ragionare sbagliato!se sta male ,è perchè vuole star male…perchè non cambia testa?Sono problemi di amore? ma già il fatto che io sopporti persone sbagliate, vuol dire che le amo! al massimo si può medicalizzare la cosa(ciè andar da uno specialista per eventuali pillole…)Ecco davanti a questo, io che dovrei fare? mettermi a distinguere che tipo di croce è? o peggio, come hai scritto tu giorni fa-pensare -ognuno ha in mano i mezzi per far del suo matrimonio un capolavoro?
    Certo i mezzi li ho!!!! ma vanno nel senso di s Francesco “L’uomo che vagheggia il suo ideale, rimane chiuso in se stesso”….e dunque rinuncia al mio modello di famiglia ideale( io non sarò mai in un family fest!!) e piccoli umilissimi tentativi di amare chi ho vicino e di costruire…ma non sapendo COME finirà e SE finirà bene (umanamente parlando).
    Altro mezzo, sarà ricordarmi spesso delle frase del funerale di Chiara” siamo nati, per non morire…” e su questa base di visione soprannaturale, recuperare giorno dopo giorno, un minimo di speranza…Ti abbraccio, Paola, ma pensaci…

  92. fefral ha detto:

    Paola, Dio non ci ha promesso il dolore, ci ha promesso le beatitudini
    La croce, il dolore, non ce l’ha messo Lui nel mondo, ce l’abbiamo messo noi. L’uomo è fatto per essere felice. E il dolore è un’ingiustizia a cui è naturale, normale, ribellarsi. Il dolore è contro natura. Inevitabile, a volte, ma contro natura
    Sono assolutamente d’accordo con don Mauro.

  93. Paola ha detto:

    ho tre giorni di fuoco ma appena posso vi rispondo, per dialogare, ovviamente

  94. Mauro Leonardi ha detto:

    @Paola
    La morte è un’ ‘ingiustizia sempre. E di fronte all’ingiustizia ci si arrabbia. E poi si diventa tristi. Nel progetto originario di Dio, la morte non c’era. E’ entrata nel mondo a causa del peccato (Rm 6.23). San Josemaría Escrivá quando gli parlavano di una persona giovane che moriva si arrabbiava con Dio. E poi – solo poi, dopo la preghiera – arrivava la pace. Gesù secondo me nell’orto degli ulivi all’inizio era arrabbiato. Quando dice a Pietro: basta! Lc 22,38 o quando dice “non siete riusciti a stare con me manco un’ora!”. Dopo la preghiera diventa agnello mansueto. Ce lo dicono GP2 e B16 che quello che succede nell’orto è un mistero. E questo per la morte vale sempre. Conosco un signore di settant’anni arrabbiatissimo per la morte della mamma di 99. E soprattutto arrabbiato per quelli che gli dicevano che in fondo la vita se l’era fatta. “Poteva arrivare a cento, o anche a cento uno. Stava benissimo!”. E aveva ragione.

  95. Tres ha detto:

    Non capisco dov’è che non ci capiamo. Non mi sembra sia necessario un aut aut. Se una persona è tartassata dalla vita e io lo vedo e lo dico, cioè leggo la realtà:”Te ne sono capitate tante!”, dov’è il problema di superficialità, di banalità, di poca fede, di forza, di potere, di bambineggiare? Ma non si può arrivare a Dio in tanti modi? Come diceva mi pare Ester, dal mio dubbio, rabbia non potrebbe nascere una nuova apertura al mistero, alla fede? Ma quante litigate tra amici, moglie e marito, fratelli, finalmente si sgonfiano, si quietano, quando uno dei due sbotta? Davanti alle lacrime e al dolore sputato in faccia all’altro, spesso si rimane in silenzio e poi ci si abbraccia o ci si va a fare una passeggiata, a seconda dei temperamenti, e poi si torna. Con Dio non si dovrebbe avere un faccia a faccia? Dove Lo offendo se me ne sto attonita o arrabbiata davanti ai tartassati dalla vita?

  96. Dory ha detto:

    Il dolore. Nessuno ci spiega il dolore. chi tenta di spiegare il dolore offende l’intelligenza e il cuore. Chi tenta di attenuare il dolore è sciocco o ipocrita. Gesù è stato flagellato, incoronato di spine, spogliato, crocifisso, “dissetato” con aceto e fiele, preso in giro, derubato. Quel dolore ha lasciato ferite. Ferite vere con sangue vero. E’ stata un’ingiustizia vera…Uno scandalo che ha fatto oscurare il cielo e ha fatto esclamare ad un centurione. “veramente questi era figlio di Dio”. Io credo nel Dio cristiano non perchè attenui il dolore, non erchè spieghi il dolore, ma perchè l’ha vissuto con noi, in noi (nella nostra carne, nel nostro sangue) per noi. Non ha spiegato. Ha vissuto. Non ha fatto la filosofia della sofferenza..L’ha portata su di sè e le ha dato uno scopo. Per lui, per noi e per tutti. Soffrendo, arrabbiandosi anche col Padre suo “Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?” e avendo Paura “Padre,allontana da me questo calice…” Sudando freddo, sudando sangue…Quando vedo le ferite di Cristo, non enso a quanto bello e salvifico il dolore…penso a quanto si bello e salvifico il fatto che Dio è venuto a condividerlo con noi per darci la vita eterna.

  97. Paola ha detto:

    mi sembra il ragionare pre-Emmaus ma se continui a tenere questa posizione avrai le tue ragioni. a me totalmente oscure.
    se a me capiterà di lamentarmi perché mia mamma muore a 99 anni spero di incontrare qualcuno meno ipocrita che mi dia una svegliata e mi insegni che dopo c’è la vita eterna e, come dice mio suocero, si va a far le capriole con gli angeli, cosa che a 99 anni deve essere un bel divertimento

  98. sandokan ha detto:

    Prova

  99. sandokan ha detto:

    Sappiate che non c’è niente di più alto, di più forte, di più utile per la vita futura di un qualche bel ricordo, in particolare se conservato dall’infanzia, dalla casa paterna.
    Vi parlano molto della vostra educazione, ma forse un bel ricordo, un ricordo sacro, custodito dall’infanzia è la migliore educazione possibile. Se un uomo può raccogliere tanti di questi ricordi, allora sarà salvo per tutta la vita. E se anche un solo buon ricordo rimarrà con noi nel nostro cuore, anche quello potrà servirci un giorno per la salvezza. Forse diventeremo cattivi, non saremo in grado di fermarci neanche davanti alla peggiore azione, rideremo delle lacrime altrui e degli uomini che diranno, come ha fatto Kolja poco fa “Voglio soffrire per tutti gli uomini”, e forse ci befferemo malignamente di uomini simili.
    Tuttavia, per quanto cattivi potremo essere, non appena ci ricorderemo di come abbiamo sepolto Iljusa, di come gli abbiamo voluto bene negli ultimi giorni e di come ora abbiamo parlato amichevolmente insieme vicino a questa pietra, allora anche il più spietato di noi e il più beffardo, se tali diventeremo, non avrà il coraggio, dentro di sé, di ridere di come è stato buono in questo momento! Anzi, forse proprio questo ricordo lo tratterrà dal commettere un grande male ed egli penserà e dirà “Si, quella volta sono stato buono, coraggioso e onesto”.
    Che rida pure tra sé e sé, non importa, gli uomini spesso deridono ciò che è bello e buono solo per leggerezza, ma vi assicuro, signori, che non avrà finito di beffarsi che subito dirà nel cuore “No, ho fatto male a deriderlo, perché di questo non si deve ridere!”.
    ————–
    Karamazov, uno potrebbe non leggere altro nella vita (a parte Abelis … of course)!
    Come è vero. Quanto sono necessari i buoni ricordi. Le definizioni da dizionario, le best practices, sono utili per … come dire … mettere da parte ordinatamente le proprie esperienze sapendo, in caso di bisogno (quando diventiamo cattivi) dove andarle a cercare. Ma c’è al mondo chi non ha esperienze che ha voglia di custodire. Per me, ad esempio, il matrimonio è mio padre e mia madre che ballano in salotto mentre io, bambino, scelgo i dischi da far suonare, litigando con mio fratello che i dischi voleva sceglierli lui. Per tutti il matrimonio è questo?
    Amici miei, sono un lettore accanito. Mia moglie, per prendermi in giro con le sue amiche (o per prendere in giro qualche sua conoscente, che sceglie i libri in base al colore delle tende del salotto) mi rimprovera spesso di questa mia debolezza: “Ogni volta che esce torna a casa con un libro”. E poi aggiunge, come aggravante: “Non solo lo compra, lo legge pure!”.
    Non sono sempre stato così. Lo sono diventato con il tempo, grazie a un mio amico. Forse non era proprio un mio amico, semplicemente mi piacevano i discorsi che faceva. Erano discorsi impossibili da riassumere perché non finivano mai. O meglio, finivano. Ma la fine era sempre il principio di un discorso successivo … di cui avremmo parlato il giorno dopo, il mese dopo o forse mai più.
    Ad altri miei amici le sue parole davano sui nervi proprio per questo motivo: “ma che ha voluto dire?”. Non voleva dire niente, o forse quello che voleva dire non si poteva dire con un discorso sistematico. E allora distribuiva collane di perla … le perle le raccoglieva dalle sue letture (Pomilio, Dostoevskij, Rilke, Kafka, Calvino) più che dalla sua vita, ma le collane che regalava erano sue.
    L’effetto che questi suoi discorsi ebbero su di me fu che iniziai a leggere tutti i libri che citava. Iniziai, mi ricordo, da Dostoevskij. Lessi tutto Dostoevskij quasi d’un fiato (e si può dire che, fino ad allora, non avevo mai letto un libro, se si escludono i libri di scuola). Poi scoprii che Dostoevskij traduceva Dickens … e allora lessi tutto Dickens. Ecco, tutto cominciò così.
    Un libro che amo molto è “Il giovane Holden”. Questa però è una scoperta che ho fatto da me quando sentii parlare di Holden come di qualcuno che, osservando un fatto, ha come “prima impressione” quella che per tutti gli altri è la terza o la quarta. Ecco, ho pensato, anch’io sono così. Questo mi rende un po’ malinconico. Non desidero essere solo eppure a volte lo sono.
    Malinconico … ma anche allegro. E’ possibile?
    Sono andato su wikipedia per cercare il significato della parola malinconia: “Il desiderio, in fondo all’anima, di una cosa, di una persona mai conosciuta o di un amore che non si è mai avuto, ma di cui si sente dolorosamente la mancanza o per raggiungere i quali non ci si sente all’altezza”. Malinconico … ma anche allegro: è possibile, se qualcuno ha voglia di aiutarmi.
    ——————————–
    Ad ogni modo, mi immagino sempre tutti questi ragazzi che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere nel dirupo, voglio dire, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l’unica cosa che mi piacerebbe veramente fare. Lo so che è una pazzia.

  100. Vera ha detto:

    @ don Giampaolo è proprio così, io ne ho fatto esperienza diretta, uno dei motivi di nullità sta proprio nell’inconsapevolezza del gesto, una assoluta assenza di preparazione e la fiducia senza nessun fondamento di un sacerdote che mi ha sposata a scatola chiusa senza preoccuparsi di una fondata preparazione cristiana e responsabile al matrimonio. Ma ci sono tanti altri motivi, che non cito. Il discorso nullità mi ha sempre fatto tremare, perchè io sono sempre umana e so parlare e spiegare le cose umane, ma come le vede Dio?, e se sbagliassi a valutare i fatti, i sentimenti, le ragioni umane per una richiesta di nullità? E’ delicata la questione, se sbagliassi davanti a Dio ? ho scelto di non procedere e lasciare al Signore la mia vita.

  101. Vera ha detto:

    Ho scritto un commento ma si è inserito non di seguito a questo di don Giampaolo ma all’inizio, è normale padre Mauro