Blog | 12 Marzo 2012

Il CELIBATO E’ UGUALE NEGLI UOMINI E NELLE DONNE? [data originale post: 25 gennaio 2012]

Lidia con un commento del Jan 20, 2012 08:47 AM scriveva: “Comunque vorrei introdurre
un altro tema, che scrivo in maiuscolo ;) Io furbetta, così si nota:  Il CELIBATO è UGUALE NEGLI UOMINI E NELLE DONNE? Finora non ne abbiamo parlato. Io credo che una novità del cristianesimo sia di aver
introdotto anche per le donne la libertà di essere celibi senza dover dare spiegazioni (abusi medievali e ahimé post-medievali a parte, tipo Gertrude). Siccome per ora non affrontiamo la dimensione religiosa formulo per bene la domanda: se l’amico sceneggiatore di don Mauro [cfr mio commento del 14 gennaio:http://mauroleonardi.blogspot.com/2012/01/un-celibato-solo-umano-ha-senso-o-la_14.html] fosse stata una sceneggiatrice, che avremmo pensato? Donne che non si sposano per lavorare: egoiste? crudeli? snaturate? Oppure fautrici di una scelta? Insomma, proprio io che avevo detto chiudiamo la discussione ora dico che vorrei si parlasse di più di CELIBATO:UOMINI E DONNE.
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Come al solito aggiungo un paio di citazioni di Come Gesù che possono accompagnare la Discussione

“C’era un’epoca in cui non essere più vergini significava non potersi maritare. E qui, la parola «maritare», denuncia come la verginità, per quanto possibile anche al maschio,  venisse primariamente concepita a partire dalla donna e trovasse in lei quasi la sua forma decisiva e completa (e questa convinzione ha fornito non poco combustibile a un certo tipo di femminismo). Questa posizione aveva le sue conseguenze, a volte, anche in àmbito religioso, nelsenso che veniva visto con grande diffidenza chi voleva appartenere a un’istituzione religiosa avendo alle spalle esperienze sessuali.” (Come Gesù p.67)

“Ecco degli indizi su cosa significa nel progetto originario di Dio essere uomo e donna: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno un’unica carne» (Gn 2, 24). Contrariamente alle consuetudini del tempo, non la donna lascia la propria casa, la propria famiglia per unirsi al proprio uomo, ma invece l’uomo si distacca dalla propria parentela per unirsi alla propria donna. «Ciò è molto strano, considerando la cultura patriarcale in cui il testo è stato prodotto, una cultura in cui di fatto era la donna che, all’atto del matrimonio, abbandonava la propria casa per andare a vivere in quella del marito. (…) Se si tiene conto di tutto (…) bisogna argomentare che si parla dell’abbandono della propria casa d’origine da parte dell’uomo perché la sua casa reale è la sua sposa. In quest’ottica s’assommano nella donna molteplici prospettive della concezione ebraica, sia della terra che della storia, che infine delle nozze, che dell’una e dell’altra sono metafora. (…) Una  lettura progressiva, dunque, dell’unione dell’uomo e della donna come globalmente si propone in questo secondo capitolo della Genesi, vede al primo livello la donna come casa dell’uomo, come colei che gli edifica una dimora, una discendenza che dilata e fa crescere l’uomo; pertanto l’uomo che abbandona padre e madre li abbandona perché in realtà la sua casa è altrove: essa è la donna che il Signore Dio gli ha donato. «A un secondo livello l’uomo è Israele e la donna è la Terra Promessa, ed Israele già in Abramo inizia l’abbandono della casa paterna per avviarsi verso la sposa che gli è stata destinata: non per nulla solamente una volta giunto in Canaàn Sara darà ad Abramo il figlio Isacco. A un livello ulteriore l’uomo è l’intera stirpe umana, globalmente ed originariamente contenuta in ‘adàm, l’essere umano primigenio, e sua sposa è il creato, che da Dio gli è dato come sua terra e sua casa: la donna per l’uomo, Canaàn per Israele, il cosmo per l’umanità» (Le nozze dell’Agnello)” pp. 39 ss.

49 risposte a “Il CELIBATO E’ UGUALE NEGLI UOMINI E NELLE DONNE? [data originale post: 25 gennaio 2012]”

  1. Anonymous ha detto:

    MI sembra che in questione non sia la Verginità di uno o dell’altra ma il perchè uno abbraccia la Verginità. Per il successo mondano? Allora non è la Verginità che insegna Cristo e Cristo stesso testimonia. Mentre se la Verginità è intesa come sposalizio con Dio e dono all’umanità di quest’amore allora acquisisce un senso ancor più pieno ed umano ( umano senza virgolette in quanto Cristo era pienamente uomo).
    Non c’è differenza tra Verginità dell’uomo e della donna! C’è solo Amore ( prendersi cura) di Dio in questo mondo come se già si partecipasse a quello che poi sarà l’Amore eterno.
    Matteo Dellanoce

  2. Francesco Cecere ha detto:

    Vorrei segnalare a tutti i frequentatori del blog un libro che sto leggendo in questi giorni e che credo ci possa interessare tutti. E’ stato scritto da don Amedeo Cencini e si intitola Verginità e Celibato oggi. Per una sessualità pasquale (EDB, 2005). Ho letto diverse cose scritte da Cencini, ma questa mi sembra particolarmente bella e attinente i temi che stiamo trattando qui.

  3. Mauro Leonardi ha detto:

    Il libro segnalato da Francesco è molto bello – a livello divulgativo – e riguarda il celibato dei sacerdoti e dei religiosi, non quello dei laici. Ovviamente ci sono elementi in comune.

  4. Mauro Leonardi ha detto:

    Matteo Dellanoce espone in maniera sintetica e chiara l’insegnamento di sempre della Chiesa sul celibato dei religiosi e dei sacerdoti che, per il suo enorme rilievo storico e teologico, è l’unica forma di celibato che viene (giustamente) presa in considerazione dal Magistero e dalla teologia. Esiste anche un celibato dei laici, suscitato dallo Spirito Santo e riconosciuto dalla Chiesa nei termini propri, che oltre – non in alternativa – alle motivazioni addotte ne aggiunge altre che sono oggetto dei nostri discorsi in questo blog. In Come Gesù si sostiene, in sintesi, che il celibato dei laici si spiega attraverso una particolare armonizzazione di filiazione divina, amicizia e laicità.
    Finora, nella Discussione, siamo al livello primo e più umano del celibato dei laici. Stiamo pensando al tipo di celibato che può riguardare tutti ma proprio tutti, anche coloro che non credono. Ci stiamo chiedendo se un celibato così abbia senso o sia solo una non scelta subita.
    Lidia si chiede se in questo c’è differenza tra uomini e donne.

    Immagino che Matteo utilizzi il termine verginità come sinonimo di celibato, che è quanto in genere accade nei discorsi ecclesiali.

  5. Eli Galli ha detto:

    Pensavo che una differenza certamente c’è tra i due celibati. E viene anche percepita “socialmente”: periodicamente sulla stampa si ripropone la questione del celibato dei sacerdoti ma mai nessuno percepisce come “problema” che una suora non si sposi. E penso che si parli di religiosi perchè non si sa che esiste anche un celibato “Come Gesù”.
    Utilizzando la seconda riflessione di Don Mauro, forse un uomo celibe viene visto come un uomo senza casa. Una donna è casa. Una donna è come se bastasse sempre, per sè e per chi è da accogliere.

    P.S Lo sa Don Mauro che se cerco questa discussione accedendo direttamente dal Blog, non me la da? Ci sono entrata con il link del suo profilo Fb in cui comunicava l’apertura della nuova discussione. Però forse sono io che non sono capace.

  6. Paola Baratta ha detto:

    Una volta il mio professore di religione delle medie -grande uomo che ricordo ancora con affetto – ci disse che Dio era contemporaneamente Padre e Madre. Padre quanto alla Giustizia, Madre quanto alla Misericordia…Padre quanto alla Rivelazione, Madre quanto all’Incarnazione…Allora, pensavo, forse sì, c’è un modo diverso – tipicamente maschile o femminile – di vivere l’Amore. La vocazione alla vita consacrata, al matrimonio, al celibato “Come Gesù”…Occorre innanzi tutto premettere che ogni esperienza vocazionale ha un sua peculiarità essendo unica ogni persona umana. Ma ci sono tratti comuni per il genere maschile e per quello femminile? Naturalmente avendo io scelto la strada del matrimonio, posso fare solo delle supposizioni in merito al celibato. E eccole qui. Per il celibato maschile credo che paradossalmente una possibile cifra unificante possa essere proprio la capacità di avere una sensibilità in grado di comprendere in sè anche i tratti della sensibilità femminile (cfr, lettera del papa presente in questo blog). Voglio dire che spesso questi uomini “celibi per scelta” sanno spesso capire le “paturnie” emotive di noi donne meglio di chi a vario titolo a preso una scelta diversa. Questi uomini hanno acuito le capacità di ascolto, di empatia emotiva, di sensibilità per cui non esiste solo il bianco e il nero ma tante tonalità di grigio… Forse questo avviene prorpio perchè una scelta umana ma profonda del celibato implica un’apertura autentica alla vita degli altri (insomma è come se questi uomini divenissero “casa” un pò anche loro. Inoltre immagino che per gli uomini la dimensione “apostolica” (di testimonianza) implicita nella loro scelta possa essere fondamentale perchè gli uomini sono molto sensibili a questa parte “pratica” ( quindi saranno, che so, grandi professionisti, lavoratori, molto impegnati nel loro campo professionale). Per quanto riguarda le donne credo che invece in questo caso i tratti peculiarmente femminili ( l’essere casa, come giustamente sottolinea Eli, l’accoglienza, la cura, la tenerezza, etc) possano in una scelta celibataria femminile diventare più forti come se la scelta di un amore “verso tutti” funzionasse come cassa di risonanza per quell’inclinazione “materna” più propria del genere femminile.

  7. nocK ha detto:

    Pensavo che una differenza certamente c’è tra i due celibati. E viene anche percepita “socialmente”: periodicamente sulla stampa si ripropone la questione del celibato dei sacerdoti ma mai nessuno percepisce come “problema” che una suora non si sposi. E penso che si parli di religiosi perchè non si sa che esiste anche un celibato “Come Gesù”.
    Dal punto di vista sociale potrebbe essere anche una questione un po’ più terra terra, che riguarda proprio la genitalità,nel senso che è più difficile capire la verginità/celibato di un uomo piuttosto che la verginità/celibato di una donna. La donna passa da virtuosa,o, nel peggiore dei casi da frigida o bigotta. Passa comunque meno osservata. L’uomo che si dichiara vergine o celibe per scelta, porta a farti domande molto più profonde. Più chiaramente: se è concepibile che una donna possa vivere senza aver mai conosciuto i piaceri della carne, per l’uomo (anche proprio per come funziona) questo non è possibile, anche se questa conoscenza dovesse avvenire sempre (?) in maniera involontaria (polluzioni notturne).

  8. nocK ha detto:

    Nelle prime quattro righe citavo Eli GalliJan 26, 2012 04:49 AM

  9. Mauro Leonardi ha detto:

    Grazie Elisabetta. E’ uno scherzato che blogger fa anche a altri. Si vede che lo stiamo mettendo a prova con tutte le nostre Discussioni!
    Per rimediare in qualche modo, ho scritto nella seconda Discussione sul celibato che in ogni caso appare sempre, queste parole:” AVVISO A TUTTI I NAVIGANTI: se avete difficoltà a trovare la discussione “Il celibato è uguale negli uomini e nelle donne” cliccate nel riquadro rettangolare qui sopra in alto le parole in giallo “Mostra tutti i post” e appare subito. Spero sia un problema provvisorio di Blogger – Mauro Leonardi”

    Grazie Eli Galli!

  10. fefral ha detto:

    sembrerebbe che il post in questione non sia stato “etichettato”

  11. Lidia ha detto:

    IO credo che la questione del celibato sacerdotale non dipenda tanto dall’essere uomo: in effetti neanche il celibato dei monaci viene messo in discussione. Dipende dal fatto che la società pensa che l’attività sacrdotale possa essere svolta anche da uomini sposati, e che perciò l’imposizione latina del celibato è sbagliata perché non lascia libertà.
    Anche io credo che sia una questione sociale, e non intrinseca all’uomo/donna. è interessante comunque che la verginità femminile sia un valore (magari non come prima, ma sicuramente non scomparso dl tutto, almeno a parole) emntre quella maschile no. Insomma, una donna per sposarsi doveva essere vergine, ma l’uomo no: questa concezione fa sì che una donna nubile per scelta è comprensibile, ma l’uomo celibe per scelta viene identificato più con un “vitellone” che con un celibe casto.

  12. Mauro Leonardi ha detto:

    L’onnipresente Fefral aveva ragione…grazie!

  13. Mauro Leonardi ha detto:

    Nock credo proprio che le polluzioni notturne non siano la torcia elettrica con cui illuminare il nostro discorso. Mi sembra che la domanda di Lidia sulla differenza tra celibato (umano) al femminile e al maschile possa essere indagato meglio se si parte dal presupposto che la vita dell’uomo ha senso solo nell’amore, e così la domanda sul celibato diventa una domanda sull’amore. Diventa cioè: l’unico modo di amore possibile è quello del matrimonio? naturalmente la risposta è no, abbiamo diverse Discussioni sull’ argomento in questo blog. Per scendere al livello quotidiano, prosaico, esistenziale, che è quello che interessa Lidia, come si ama nella vita quotidiana se non si è moglie o marito? Io credo che una risposta sufficientemente ampia a questa domanda sia quella offerta dalla parola servizio (che oltretutto comprende anche la relazione sponsale). Si ama servendo. Questa affermazione andrebbe declinata, ma credo che già a livello intuitivo si capisca cosa intendo. E qui viene fuori la differenza tra uomo e donna. Non nel senso che gli uni servono e gli altri no, ma nel senso che la donna forse ha più capacità dell’ uomo di cogliere le mille piccole e grandi situazioni fisiche, psicologiche, spirituali con cui servire gli altri nella vita quotidiana: dal vedere il lavoro professionale come occasione di servizio, allo stare accanto a chi soffre, all’essere amica. Mi sembra che per l’uomo cogliere questa dimensione richieda un impegno un po’ maggiore: un impegno che auspico, ma che non è immediato e scontato come per una donna. Gesù nella parabola di Lazzaro e del ricco Epulone dice che “perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe” (Lc 16,21). Ecco, mi sembra più difficile che una donna passi accanto a un uomo piagato e non lo aiuti rispetto a un uomo che può farlo tranquillamente, preso com’è dai suoi progetti.
    C’è una poesia di Tagore molto bella in proposito. Dice: “dormivo, e sognavo che la vita fosse felicità/ mi svegliai, e vidi che la vita era servizio/ servii, e vidi che servire era la felicità”.

  14. MM. ha detto:

    1) umanamente parlando ne conosco di donne che hanno proprio scelto di non sposarsi per prendersi cura di altre persone..ma sono donne che svolgono lavori di puro servizio: la mia colf non si è sposata per dedicarsi alla sorella malata e al resto della famiglia; la mia tata ha sempre vissuto per la mia famiglia, da prima che mia madre si sposasse e ha cresciuto me e i miei fratelli e così tante altre..che gli puoi dire a donne così? altro che egoismo. Perchè facciamo più fatica a pensare che una donna stra-affermata professionalmente(magari anche una gran bella donna, per essere fini) abbia scelto di non sposarsi per dedicarsi al lavoro, perchè dobbiamo pensare che sia un’egoista? se il suo lavoro serve per servire..! forse ci fa un po’ rosicare? Credo che scegliere di vivere il celibato per motivi umani sia possibile, ma solo se il motivo umano mi spinge ad uscire da me, altrimenti è solo un ripiegarmi su me stessa. e questo vale sia per gli uomini che per le donne.
    2)certo che è diverso il celibato degli uomini da quello delle donne..i motivi per cui lo si sceglie si possono assomigliare (lavoro, dedizione agli altri)..ma l’uomo è uomo e lo vive da uomo e la donna è donna e lo vive da donna. o sono troppo superficiale? Anzi, se un uomo celibe mi si presenta tanto sensibile da capire le mie “paturnie” mi preoccuperei un po’.. (Paola Baratta, non me ne volere, ma non condivido in pieno quello che hai scritto). Mi piace l’idea della donna-casa :)

  15. Eli galli ha detto:

    “Non c’è differenza tra Verginità dell’uomo e della donna! C’è solo Amore ( prendersi cura) di “. Matteo all’inizio della discussione dice questo (non mi funziona il mouse e il copia incolla è venuto incompleto). Non lo so. Secondo me il problema è nel manico. Un uomo che vive il celibato, non lo vive bene o male perchè ha “problemi” con il celibato, ma perchè ha problemi con il suo essere uomo. Non intendo uomo-genere umano ma uomo-maschio. Idem una donna. Prima di fare discernimento sulla nostra vocazione dovremmo farlo sulla nostra condizione. Prima “Chi sono?” e poi “Come?”. Il tipo di uomo che sei, sarà il celibe che sarai. Ci lavori (termine di Don Mauro) sopra alla tua mascolinità? Da quel lavoro uscirà fuori un marito e un celibe che farà il suo lavoro: cioè l’uomo. Io con le mie amiche/i celibi o sposati/e se ho delle difficoltà non le ho con le loro vocazioni ma con loro proprio, Tizio Rossi e Tizia Bianchi.

  16. fefral ha detto:

    forse è un po’ OT ma vorrei sottolineare una cosa che aveva scritto sciagurata da qualche altra parte. Ogni lavoro umano onesto serve, può rendere il mondo migliore.
    Per questo penso che una donna che non si sposa non debba necessariamente “sostituire” il mancato matrimonio con una professione “di servizio” per sentirsi comunque appagata. Può essere una donna completa e realizzata e felice anche come dirigente d’azienda, bibliotecaria, architetto o consulente finanziario.
    E non credo neppure che sia strettamente necessario inserire qualche atto di servizio esplicito perchè un lavoro “serva”. Un lavoro fatto bene, con professionalità, onestamente, è già buono in sè.

  17. Lidia ha detto:

    ieri ho letto un articolo su Demi Moore, che dopo aver divorziato è caduta in depressione. Ok – capita. Ok – divorziare è orribile. però le circostanze mi hanno ricordato di questa discussione.
    Allora, Demi Moore è stata sposata per 13 anni con Bruce Willis. Tre figli, un divorzio “sereno”, civile, ottimi rapporti. Poi, chissà: la paura di restare sola, l’età, un amore improvviso…sta di fatto che si è risposata con un ragazzo di 27 anni (lei ne aveva all’epoca 43), che però (niente da dire sull’età, ma il ragazzo è evidentemente immaturo) non ha fatto altro che tradirla, e alla fine persino Demi Moore s’è stancata, e ha divorziato. E ora è in clinica per riprendersi.
    Ecco, qui sta il punto: le donne “hanno paura di restare sole”. per carità, non tutte, ma in genere…sì. E, posso essere sincerissima? le donne che dicono “io non ho paura, ho il lavoro, gli amici” mi danno ansia, mi chiedo sempre se lo pensino davvero o sia una scusa. E non vorrei, non dovrei pensare così.
    Ma perché mi viene così sponataneo?!
    La mia domanda non era tanto sull’essenza del celibato, MM. ha ragione, io sono una donna e lo vivo da donna, oppure io sono un uomo e lo vivo da uomo. Però è vero che la società, ma anche l’autocoscienza femminile ha reazioni diverse diverse davanti a una “zitella” e a uno “scapolo”.
    Si capisce? Dipende da come sono fatte le donne dentro, ed è inevitabile, oppure quest’eterna paura che fa finire persino un’attrice bella, di talento come Demi Moore in ospedale dipende da una società che “non perdona le zitelle”?

  18. Cristiana ha detto:

    Non vorrei insistere(l’ho già scritto nella discussione precedente), ma preferisco declinare la parola servizio con la parola dono. servizio nel nostro sentire ha a che fare con l’idea di ‘schiavo’, di un di meno e un di più, di mancanza di dignità. La parola dono invece ci permette forse di guardare la verità dell’uomo-donna nella sua scaturigine. Ci siamo per essere dono e questo in linea di principio è uguale per maschio e femmina, ma tale principio si declina poi in una diversità. L’uomo e la donna si donano in modo diverso..
    Sono d’accordo con fefral quando scrive che “Può essere una donna completa e realizzata e felice anche come dirigente d’azienda, bibliotecaria, architetto o consulente finanziario.
    E non credo neppure che sia strettamente necessario inserire qualche atto di servizio esplicito perchè un lavoro “serva”. Un lavoro fatto bene, con professionalità, onestamente, è già buono in sè.”
    Quello che intendo quando parlo di dono è proprio la disponibilità del nostro essere che chiede di uscire da sè. E questo è vero nel lavoro (qualunque esso sia)e nelle mille altre cose che fanno la nostra vita…

  19. Eli galli ha detto:

    Precisa e chiara!Come sempre.

  20. eli galli ha detto:

    Lidia ciao, una volta avevo letto che gli archeologi, quando scoprono uno scheletro, riconoscono se è maschile o femminile dalle ossa del bacino. Il bacino di una donna è a scodella, quello di un uomo è piatto. Noi abbiamo lo spazio per qualcun altro nelle ossa, non dipende dal fatto se ci sposiamo o no, celibi o no, lasciate o no. La società potrà cambiare, gli asili nido aumentare, noi non andare più in depressione se ci lasciano ma siamo fatte a scodella.

  21. eli galli ha detto:

    Un po’per scherzare e un po’ no: quando elenchiamo le possibilità di felicità, servizio, dono nel lavoro di una donna ci mettiamo pure le casalinghe? E’un lavoro molto bello, da prendere in considerazione anche come scelta di vita professionale (non solo parentesi tra un figlio piccolo e l’altro o in attesa di un lavoro “vero”). E’ proprio vero quello che dicevano qui sopra Cristiana e Lidia: non si fa servizio e dono solo in lavori molto importanti in cui c’è Servizio e Dono. Sono andata un po’fuori tema scusate.

  22. Eli galli ha detto:

    Ultima cosa scusate: se pensiamo al celibato come qualcosa in più del essere semplicemente “non sposati”, le differenze sono solo nei differenti modi di viverlo (scodella o piatto piano). Se lo pensiamo solo come una rinuncia al matrimonio, beh certo è una vita mancante di qualcosa. Socialmente credo che sia sempre un po’ “scandalo e pazzia” ogni rinuncia. Forse dovremmo avere delle vite che parlano un po’ più di pienezza che di rinuncia. Delle vite dove anche la rinuncia è pienezza, cioè crea spazio per altra pienezza. Ok, un celibe rinuncia. Ma quanto è piena la tua vita, celibe? In questo modo, maschile o femminile, è solo un modo diverso di leggere la realtà,e così diventa ricchezza.

  23. Anonymous ha detto:

    Wao quante cose interessanti leggo..grazie,invece per me il CELIBATO,CONSACRAZIONE SACERDOTALE,O farsi SUORA,O sposarsi.l’importante che la scelta che si fa,si faccia con la massima liberta’e con cuore sincero,perche’ si puo’ ferire qualcuno.percio’ e’ sempre cosa buona e giusta,pregare e farsi aiutare in un discernimento vocazionale serio e sincero,senza che nessuno spinga alla persona a fargli fare per forza una strada..perche’ poi scoppia.Penso che se una persona uomo o donna,che non si sposa,e abbraccia il celibato e’ perche’ credo senta dentro di se,che la famiglia non e’ fatta per lui..o lei…e abbraccia il celibato,o consacrazione non perche’ non ama,o e’ una persona egoista,ma per amare a braccia aperte piu’ persone e aiutarle,stargli vicino(con il cuore)mettere la propria vita completamente a disposizione del SIGNORE,E PER GLI ALTRI.E’ Una chiamata che ti spinge verso una direzione,per vivere uno stile di vita che ti senti di vivere nella vita.Cosi’ anche chi si sposa,sceglie di sposarsi xche’ dentro di se sente di farsi una famiglia..ma scegliere sempre con la massima liberta’ del cuore, e di avere un amore terreno e crescere i figli.VANESSA

  24. Anonymous ha detto:

    Don Mauro ho una domanda???In che senso il celibato maschile e diverso dal celibato femminile…????Grazie Vanessa

  25. fefral ha detto:

    Eli “Un po’per scherzare e un po’ no: quando elenchiamo le possibilità di felicità, servizio, dono nel lavoro di una donna ci mettiamo pure le casalinghe” penso che questo sia il lavoro in cui più facilmente si possa trovare la dimensione di servizio e dono. La sfida è trovarla in professioni meno esplicitamente di servizio. Il tema del lavoro “come Gesù” mi appassiona molto. Gesù faceva il falegname, non il medico o l’insegnante (mestieri in cui forse la dimensione del servizio è più immediatamente identificabile). Magari ai giorni nostri avrebbe potuto essere un ingegnere, un bancario, un notaio, un meccanico. Ci sarà un motivo per cui non ha scelto un lavoro “di servizio” (Cristiana, io generalmente uso “servizio” quando parlo di lavoro. “dono” quando parlo di rapporti di amore e di amicizia, ma spesso alterno i termini. Servire non ha accezione negativa: Gesù è venuto per servire, quindi è una cosa bella! Una persona che non serve a che serve?)

  26. Mauro Leonardi ha detto:

    Vanessa questa domanda non la devi fare a me. E’ l’argomento di questa Discussione e l’ha lanciata Lidia. Però se vuoi ti offro a te e a tutti una riflessione molto terra terra di cui faccio esperienza spesso e che in qualche modo centra con l’idea della differenza tra celibato al maschile e al femminile.

    Sappiamo tutti che una trentenne e un trentenne non sposati sono due persone molto diverse. E quando dico “non sposate” intendo proprio la mera constatazione fattuale, cioè due persone che non sono sposate ma che non hanno fatto la scelta del celibato. La differenza sappiamo tutti qual è, ed è presto detta: è che il trentenne pensa di avere ancora davanti vent’anni prima di dover trovare moglie, mentre la trentenne pensa che di anni davanti ne ha molti di mento, nell’ordine della dita di una mano.
    Ora, mettiamo da parte il fatto che il trentenne maschio non ha tutte le ragioni di queste mondo per pensare che sposarsi a cinquant’anni è come farlo a trenta, perché non è facilissimo essere padri a settant’anni con un figlio di venti (se tutto va bene). Il punto che voglio mettere a fuoco con il mio intervento è che a quei bivi della vita (trent’anni è solo un esempio) è molto importante aver maturato dentro di sé l’idea del celibato come vita riuscita, e cioè che non è obbligatorio essere sposati per dare senso alla propria esistenza. Ho visto diverse ragazze riuscire a maturare questa convinzione – e non sto pensando a gente che aveva un’ideale religioso, ma proprio alla piena scoperta che si può amare, servire, vivere con il proprio lavoro, le proprie amicizie, e gli altri legami familiari – ed essere in questo modo libere di fronte al matrimonio: non erano “obbligate” a sposarsi, si sarebbero sposate solo se avessero trovato la persona giusta, quello di cui si innamoravano. Queste ragazze erano felici e questo, paradossalmente, rendeva loro molto più facile sposarsi (più facile avvicinarsi al miele che all’aceto).
    Molto spesso invece i maschi vanno avanti dritti per la loro strada senza maturare affatto l’idea positiva di celibato di cui stiamo parlando, e succede quel che succede.
    Ovviamente ci sono anche donne che non maturano affatto l’idea positiva di celibato, e vengono ghermite dal panico da zitella.
    E anche lì succede quel che succede…
    Grazie!

  27. Anonymous ha detto:

    Grazie Don Mauro…!!! invece per le altre persone cosa significa??la differenza di celibato maschile e femminile…???grazie vanessa

  28. Cristiana ha detto:

    Fefral, ho capito benissimo quello che scrivevi circa il servizio ed è ovvio che mi domando perchè quando Gesù ha voluto spiegare il senso della sua missione (diciamo così!) ha detto: “sono venuto per servire e non per essere servito”. Per me forse è una questione di linguaggio (o della logorazione che alcune parole hanno subito nel corso del tempo). Rimango convinta che anche il lavoro è un dono, un modo di donarsi cioè di rendere presente la verità di sè dentro la vita.
    Però qui stiamo parlando di celibato uomo e donna… uguali o diversi? mi sembra evidente che, benchè il principio sia il medesimo, una diversità esista, perchè di fatto siamo diversi. In cosa consiste questa diversità? credo che la risposta vada semplicemente ricercata nella maturazione dell’idea del maschile e femminile. L’argomento sarebbe proprio interessante!
    In fondo penso che la domanda di Lidia possa anche suonare in questo modo: il matrimonio è uguale negli uomini e nelle donne?

  29. Lidia ha detto:

    Ok, però la mia domanda non riguardava l’essenza del celibato, quanto il suo essere percepito dalla società.
    Insomma: un celibe cinquant’enne una celib cinquant’enne non sono genralmente visti ugualmente dalla società (e, di conseguenza, da se stessi). Perché? Ecco, questa era la mia domanda…

  30. la sciagurata rispose ha detto:

    ciao lidia,
    tu generalizzi e porti il tema sul giudizio sociale dell’essere celibe al maschile o al femminile. Ed è vero che esiste una diversa valutazione in termini generali.
    Ma il punto secondo me è dato dall’esteriorizzazione della propria scelta che da ognuno. Se l’idea di celibe donna è data dalla “gattara” di turno (donna di mezz’età che vive tra i gatti) è ovvio che il giudizio non sia di invidia, mentre se l’idea di celibe donna è quello di una persona proiettata sull’attenzione al prossimo, il giudizio è di stima.
    Il consenso della società è un aspetto importante ma penso che sia fortemente influenzato dalla consapevolezza e dalla determinazione nella scelta del singolo.
    Quindi ritengo un percorso logico scorretto definire il singolo partendo dal comune sentire sociale per la categoria a cui il singolo appartiene.
    La tua domanda secondo me trova risposta nel comportamento dei singoli: poichè ci sono molte donne che non vivono liberamente la propria scelta di single a cinquant’anni (perchè non la volevano e ci sono finite dentro), nel comune sentire la cinquantenne single è tendenzialmente depressa/isterica/insoddisfatta.
    Ma questo non toglie che tizia può essere single e felice e stimabile e invidiabile perchè vive il proprio celibato determinazione e sostanza.

  31. fefral ha detto:

    non so, sciagurata: se una cresce con l’idea che si deve sposare per forza perchè altrimenti è incompleta, mi sembra abbastanza normale che se per qualche motivo non arriva a farlo si possa sentire depressa/isterica/insoddisfatta.
    Tra l’altro quest’ansia del matrimonio, soprattutto per la donna, io la vedo molto frequente in ambienti cattolici. E l’alternativa unica che viene spesso proposta è quella di una vocazione religiosa. L’idea di una donna che a 50 anni non è sposata viene vista spesso con disprezzo o con compassione.

  32. Mauro Leonardi ha detto:

    Ho appena pubblicato nella sezione del blog “06 Tracce di bellezza e di verità”

    http://mauroleonardi.blogspot.com/2012/01/una-donna-si-innamora-mail-del-692011.html#more

    la mail “Una donna si innamora” sulla quale c’è stata una bellissima discussone quest’estate. Ho pensato che c’entrasse con questa Discussione al meno un po’.
    Mi sbaglio?

  33. Lidia ha detto:

    Certo, non toglie che ci possano essere celibi per scelta felici (e chi non lo è per scelta. uomo o donna che sia, penso un po’ infelice lo sia cmq…).
    Poi, certo, ci sono cinquantenni splendide, felici e realizzate e la società le accetta, e cinquant’enni sfigatissimi, ma di solito questi ultimi non sono celibi per scelta.
    Diciamo così: una Condoleeza Rice, che è nubile, la si considera “un’egoista che dà peso solo al lavoro e che un giorno se ne pentirà” ma di un che ne so non mi viene in mente nessun uomo importante celibe non si pensa mai “se ne pentirà”…

  34. la sciagurata rispose ha detto:

    forse perchè la celibe non si è sposata un uomo mentre il celibe non si è sposato una donna?! :-)

  35. fefral ha detto:

    Eh già, sciagura’ non ci avevo pensato: una donna che non si sposa è un’egoista perchè lascia le altre a doversi smazzare da sole quelle piattole di uomini incapaci di badare a se stessi.

  36. la sciagurata rispose ha detto:

    sei sempre brav a difendere la categoria.. però c’è una verità dietro a sto discorso scemo.
    Le donne pensano sempre al matrimonio dal loro punto di vista (come gli uomini del resto) ma prova tu a sposare una donna. (per sempre)
    gli uomini sposano una donna
    le donne sposano un uomo.
    non è mica la stessa cosa!!
    forse anche per questo il celibato maschile è diverso da quello femminile.

  37. fefral ha detto:

    sai che ti dico? Secondo me è in quel “per sempre” la differenza. Una donna quando dice per sempre è un po’ più consapevole di quello che dice. Nel suo per sempre ci sono già tutti i giorni e le settimane e i mesi che verranno, lei il film della sua vita ce l’ha già abbastanza chiaro quando prende un impegno (e di conseguenza si riesce a immaginare anche un “per sempre” da sola).
    Un uomo difficilmente guarda più in là del giorno dopo e quindi il suo per sempre è un po’ più a portata di mano, più vivibile. E a volte il per sempre della donna all’uomo mette l’ansia addosso. Mentre il per sempre dell’uomo (che vuol dire in genere fino a stasera) lascia la donna con la sensazione di non essere amata abbastanza.
    (Io comunque non credo che reggerei a lungo a essere sposata con una donna)

  38. Mauro Leonardi ha detto:

    Cosa centra “Una donna si innamora” con la Discussione sulla differenza tra il celibato maschile e femminile?

    Nella lettera “Una donna si innamora” l’autrice sostiene che il modo di innamorarsi di una donna è molto diverso da quello maschile. Da qui le differenze rispetto al celibato.

    a) maschio sposato e femmina sposata che si innamorano di un’altra persona. Che differenza c’è? (questo è stato in pratica l’argomento della Discussione su fb e vedo che anche la Discussione sul blog si sviluppa secondo questa linea: è lo svolgimento più logico e immediato).
    b) maschio celibe e donna celibe che si innamorano di un’altra persona. Qui il problema si divide in due perché potrebbe la situazione è diversa a seconda se chi vive il celibato ha o no un impegno spirituale/religioso. Anche se poi il confine è più sfumato di quanto sembra. L’altro giorno per esempio qualcuno mi parlava di Soren Kierkegaard che visse il celibato per essere libero di portare avanti la sua causa. Certo, nel caso di chi stesse vivendo il celibato per non aver trovato l’amore della vita, sarebbe assurdo non sposarsi.
    c) maschio celibe e donna celibe che vivono il celibato oltre che per un motivo umano – a mio convincimento irrinunciabile – anche per un religioso, si aprono almeno due ambiti di riflessione. Il primo è quello della fedeltà “verso fuori”. cioè nel modo di comportarsi verso la persona di cui ci si è innamorati; il secondo è quello della fedeltà “verso dentro” cioè, detto in una parola, verso Gesù. In questo senso è molto interessante notare come sia diverso il modo di dare la vita a Gesù proprio di una donna e di un uomo. Secondo me è una diversità molto coerente con la lettera “Una donna si innamora”

  39. Cristiana ha detto:

    siccome una donna si innamora sempre… cioè legge e vive la realtà con questo sguardo,insito in lei, è chiaro che anche una donna celibe si può innamorare di quell’uomo che vede ogni tanto sulla metro, di quello che lavora con lei, o che so io. e allora cosa succede? succede che quella donna deve ritornare a pensare dentro di sè, nella profondità del suo essere a cosa ha scelto, a perchè lo ha scelto, se quel suo essere ‘casa’ che fa la sua stessa essenza, ha senso nel suo celibato. Diviene una questione di fedeltà. Prima che verso fuori o verso dentro, cioè verso Q/qualcuno, è una fedeltà al suo sè, a quel suo modo singolare di essere ‘casa’ che ha voluto, non solo, che ha riconosciuto essere il proprio. Cambierà il suo modo di essere celibe l’essere innamorata? io credo proprio di sì, ma qui bisognerebbe ascoltare le esperienze! credo di sì perchè non c’è niente come l’amore capace di dilatare i confini del ‘cuore’ e dunque anche di quella casa che la donna è. Se poi il celibato è stato scelto per Gesù, allora qui le cose diventano ancora più singolari. C’è di mezzo una relazione unica, anzi la relazione unica e la donna questo lo sa!Allora cosa diventa la fedeltà? diventa ancora una forma di dono, o magari di offerta (se vogliamo usare questa espressione poco di moda), forse un modo reale per comprendere il senso e il valore di quell’amicizia di cui tanto si è parlato.
    e verso l’altro? cioè verso fuori? la fedeltà non la guarderei in primis come una questione di coerenza o di testimonianza (benchè tutto questo abbia il suo valore) piuttosto come la possibilità di vivere un’amicizia vera sapendo che l’altro le è stato affidato, perchè lo custodisca. senza scappare e senza pensare di essere immuni da sbagli! dunque con tutte le precauzioni del caso. e ognuna sa quali sono!

  40. Mauro Leonardi ha detto:

    Cristiana quello che scrivi mi piace moltissimo. Quest’estate quando ho ricevuto le diverse mail che poi sono divenute “Una donna si innamora” sono rimasto colpito proprio da quello che dici tu, e cioè il connotare l’essenza della donna come “essere che si innamora”. Mi sembra convincente e affascinante.

    Cristiana chiede di conoscere delle esperienze. Forse bisognerebbe scrivergliele…

  41. Polifemo ha detto:

    Brava Patrizia. Co’ ‘sta stronaza che la castità vuol dire nun fa sesso mai fatto torna’ la voja de scrive. “Io, a differenza di te, identifico la castità nella rinuncia ai rapporti sessuali.” Brava questo lo dicevo pure io ventanni fa’ a don Ma’ è lui m’ha detto: ma scusa Polifemo (vabbé chiaro che nun me chiamava così..) ma te, se vedi na rivista porno pe dì che sei un porco c’ha bisogno de fatte le pippe? Vabbé Patriza parola più parola meno. Scusa don Ma’ so passati ventanni, era sempre la volta ch’abbiamo fatto il discorso dei baci e della lingua… E io detto: si, don Ma’ se nun me le faccio so casto. E lui sai ch’ha fatto Patrì? Sé messo a ride! me so ‘ncazzato… Poi a casa me so attrezzato coi giornaletti e… vabbé me so vergognato, e ho capito che c’hanno raggione quelli che dicono che le cose del cristianesimo so cose de’ core. De’ core capito? me l’ha detto pure Fefral che n’ha scopata nun è mai solo ‘na scopata. Se no Patri sei mussulmana. Vabbè se sei mussulmana, te rispetto. Ma, mò faccio na premessa. Io c’ho un ragazzo che me dà na mano. Se chiama Muammed. Vabbè è de quelli de l’arabia. Allora se messo a dimme che il ramadan e la quaresima so la stessa robba e io gli ho detto propio sto discorso der core. Pe me è un discorso importante, de core. Me fa proprio ride che nel ramadan de giorno nun se magna e de notte c’abbuffiamo. Poi c’è quest’altra: “Inoltre,a differenza di te,diffido degli uomini che vivono il celibato con castità totale,di loro diffido moltissimo….a meno chè non siano omosessuali”. Te prego nun te n’andà dala discussione perché questa me la devi proprio spiegà. Cioè, ma se uno c’ha il core casto me sembra che è uguale se vive il celibato (come me adesso) o è… omosessuale (vabbé). O no?!

    Scusa don Ma’ mò dove lo metto sto commento peché Patrizia nun se sa de dove spunta. Io lo metto sia qui che la.
    Ciao

  42. fefral ha detto:

    donMa’ vent’anni fa diceva le parolacce?

  43. Mauro Leonardi ha detto:

    Veramente, nel mio piccolo privato, le parolacce le dico anche adesso… però mi sembra chiaro che Polifemo ha – diciamo così – traslitterato…

  44. Mauro Leonardi ha detto:

    Questo commento è stato eliminato dall’autore.

  45. Patrizia Cecilia Giardi ha detto:

    se le donne smettessero di avere figli per la carriera o per crescere i figli degli altri o per qualsiasi altro motivo, l’umanità si estinguerebbe.Non vi sembra una differenza sostanziale? E’ moilto sintetizzata, ma a ben pensarci è così.Questa è la ditterenza.

  46. Mauro Leonardi ha detto:

    Patrizia intuisco qualcosa d’importante dietro le tue parole na non riesco a afferrarlo. Ce la fai a esplicitarlo?

  47. Dory ha detto:

    Dunque…La scelta del celibato avrebbe in nuce un movente autodistruttivo…Perchè in effetti se tutti gli uomini e le donne prendessero questa scelta, come dice Patrizia, il genere umano si estinguerebbe. Questa affermazione non mi sembra tracciare una differenza significativa tra celibato maschile e femminile: perchè per generare un essere umano ci vogliono ambedue i generi. Piuttosto l’affermazione pone un interrogativo serio sul valore stesso del celibato che, se assolutizzato, porterebbe all’estinzione della specie umana. Però..Non ravviso, personalmente, questo rischio. Infatti, mi ricordo con tristezza un’epoca in cui ci si sposava solo “per avere figli”. Cioè il matrimonio valeva solo in ottica procreativa. La componente unitiva era totalmente sacrificata e dimenticata. Mi sembra però che invece da un pò di tempo, per fortuna, si sia chiarito che è proprio la componente unitiva ad essere il fulcro del sacramento matrimoniale. Non la procreazione. Voglio dire…L’apertura alla vita deriva proprio dalla componente unitiva della coppia. Non si tratta di “fare” un figlio insieme (che brutta espressione!), ma di operare una fusione totale e profonda (pur senza eliminare l’individuo) che è “intrinsecamente ” generativa: e questo anche se magari per varie ragioni figli biologici (che infatti sono un dono, non un diritto!) non ne verranno. Non voglio certo dire allora che non sia importante l’apertura alla vita, ma ancor più importante è maturare ripeto nel concetto dell’Unità. In tal senso chi prende la scelta del celibato in autenticità è in grado, secondo me, persino di “illuminare” in modo particolarmente vivido questo concetto di “unione”: perchè decide di essere dono per tutti, in un’unione “invisibile” e quotidiana con Gesù. Quindi…A meno che la scelta celibataria non sia meramente egoistica essa mi pare possa incarnare bene quella dimensione del perdono (dono elevato al quadrato) e di essere per l’altro nella gratuità che invera la dimensione più alta dell’Unità. E tale Unità è intrinsecamente generativa (infatti è quella che appartiene all’Essere Trinitario). Anche se magari figli biologici non ce l’hai ( ma avrai figli “nello spirito”, fratelli nell’amicizia…Insomma una Famiglia molto più ampia!): del resto generare un figlio biologico è relativamente semplice se non ci sono componenti di salute ostative alla procreazione…Molto più difficile è maturare la categoria della donazione gratuita, della genitorialità, della filiazione e della fratellanza con gli Altri ( che significa, in poche parole “morire” per l’altro): che siano figli biologici e non. Su questo piano, credo, la scelta del celibato può essere una testimonianza illuminante. Anche per chi si sposa.

  48. Tiziana Morso ha detto:

    ma è lo stesso anche per gli uomini no?

  49. Mauro Leonardi ha detto:

    Tiziana Morso dà per scontato che sia lo stesso… e lo fa là sopra…