Blog
|
20 Febbraio 2012
IL CUORE – IL MIO CUORE UMANO, DI CARNE – FONTE DI RIVELAZIONE (CAP. 2) [data originale post: 20 febbraio 2012]
Come è successo per un’ altra Discussione, poiché blogger non ci fa superare i 200
commenti apriamo un secondo capitolo di questa Discussione. Siccome questa sera non potrò tornare sul blog, lo faccio ora anche se i commenti sono “solo” 195.
Non mi offendo don Mauro. Le osservazioni sono molto realiste, piene di buon senso. Ma io sono una sognatrice e soffro di fronte ai limiti delle realtà umane. Ma ora devo tornare a lavorare …
Certo che voi siete bravissimi. Siete riusciti a dire un sacco di cose sull’amicizia. Ne sono rimasto impressionato. Io riesco solo a pensare a.. a.. a. Boh, per me è difficilissimo. Ho amici e so dire chi mi è amico e chi no, ma ho molta difficoltà a definire l’amicizia. Comunque si era partiti dai segreti e dalla storia di Abelis. Ma non mi convince. Se posso dare un contributo, l’unica cosa che sono riuscito a mettere a fuoco è che l’amicizia richiede dei presupposti. Si diventa amico. Ma non si diventa amico dicendosi un segreto. Semmai si dicono i segreti a chi è già amico. Forse tra i presupposti c’è bisogno di una certa stima, magari reciproca, forse c’è bisogno di vedere qualcosa di noi nel possibile amico, un pezzo di vita, un modo di vedere le cose, un modo di ragionare, di affrontare la realtà o di interpretarla. Non è difficile trovare qualcosa del genere nell’altro, poi la si può far crescere. Se cresce, da quel pezzetto si può arrivare a prendere in sé un po’ alla volta anche tutto il resto dell’altro… cum-prendere, contenere in sé, racchiudere, includere…comprendere. Ma quando si è amici contano le parole tanto quanto il silenzio. Con un amico si usano poche parole.
Vabbé la lascio lì. Se non comprendete.. non vi preoccupate :).
con un amico si usano le parole che si usano, né poche né troppe.
Per il resto sono d’accordo. Bello!
Ciao Lyxos
A rigà, ma questo è un blog o un vulcano? Me sembra de ‘sta a fa’ uindsorf su la lava de l’Etna quann’è ncazzato nero. Bello, bello… Mo’ nun riesco a dì tutto peché ciò ‘n groppo ‘n gola. La cosa de don Ma’ de ieri da ‘a metro maffatto piagn. Pecché è quello che me successo a me cor pupetto pe’ tutto er giorno de domenica. “La prova era: in un ambiente qualsiasi a un’ora inappropriata, percepiamo la bellezza? ci fermiamo ad apprezzarla? Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?”. A me quello che me manca è er pupetto mio nei giorni qualsiasi, quelli cotidiani. Nun so se me spiego. Chiaro che la domenica è tutto bello pure se piove a catinelle come ieri. Ha fatto lo sciampo lui e o fatto lo sciampo pure io. Ma ne l’artri giorni semo sporchi. Io lo vedevo entra’ e uscì dar tunnel dei giochi e me veniva da piagne pecchè io lo dovrei da vedé nei tunnel de la vita normale. Nun è giusto che Rosa me l’ha portato via. E poi pensavo a la fortuna de quei genitori che i pischelli ce l’anno a casa tutto er santo giorno e magari se rompono i cojoni e guardano la tele o se fanno er solitario cor computer. Io er pupetto mio lo vorrei de vede’ cresce tipo tutto er calcio minuto pe’ minuto, co’ Rosa che me chiama all’aifon e me dice: s’è spiluccato la crosta der naso e l’ha ficcata su la mochet de i vicini.
A Sciagurà ma a tè le donne t’hanno fatto male? Pecché se capisce sai? “Ho esperienza che le donne parlino volentieri (magari non è diffusa, ma è la mia esperienza, non me ne vogliano le donne, non è un discorso di discriminazione. Se volete, per bilanciare, poi facciamo l’elenco dei limiti maschili nella relazione di amicizia). E parlano volentieri anche di ciò che provano e ciò che sentono. Spesso per loro parlare è un modo per ragionare, per metabolizzare e cristallizzare dei pensieri. Non sono amiche perché parlano, non sono amiche se raccontano ciò che sentono. Semplicemente stanno ragionando o hanno bisogno di esplicitare per poter interiorizzare. Mi è capitato più volte di avere a che fare con donne (gli uomini hanno meno propensione alla chiacchiera su di sé) che pensano che l’amicizia sia dirsi tutto, arrivando sino all’assurdità di pretendere di sapere anche i fatti altrui di cui io ero a conoscenza, aggiungendo pure il ricatto: se non mi dici tutto vuol dire che non siamo amici. In effetti non eravamo amici. Dirsi tutto non è il cuore dell’amicizia. Se così fosse lei come confessore dovrebbe essere il miglior amico di centinaia di persone.” Ma che, sei annato a sbatte’ ner muro de le renne? Lo vedi no’ nascional geografic? Ce stanno i lupi e quelle se mettono fianco a fianco con le corna de fora, ce sta er vento, er freddo, er gelo, e quelle se mettono vicine e se riscaldano e nun so che fanno. Fanno er muro de le renne. A Mentana – pe dì – da mia zia, ce sta la piazzetta, no? Li le pischelle fanno er muro de le renne. Parlano, parlano, rideno. Te guardano. E te sei fori. Credeno che sei un lupo ma sei un povero cane. Bastonato e abbandonato. Sì, io me so sentito così co’ Rosa. Mo’ che ce penso, sta cosa de parla de’ tutto co’ tutti ma no co’ me – e poi che parlava de li cazzi nostri, cioè de li cazzi miei – ce stava già prima de la cazzata. In primis. Mo’ faccio na premessa. Che leggendo quello che voi dite sicuro che potevo aspettà a parlà co’ Rosa. Magari me dicevo: mo smetto e tra vent’anni je lo dico. E poi se nu smettevo? Vabbé. So ccazzi, rigà.
Però Fefrel te c’hai ragione a dì che l’amiche d’ester nun deveno… deveno… però se io ar derby vado co’ quelli de’ a Roma e poi me metto a sbava’ per la Lazio (vabbé faccio pe’ dì, e n caso assurdo) sai che fanno? Me spaccano er … vabbé nun lo dico se no don Ma’…
A proposito, bravo don Ma’ pe libbro novo.
Però sta cosa dei segreti io un po’ l’ho capita pecché prima, cuando dicevo der pupetto stavo a punto de scrive er nome, no? Però poi nun l’ho fatto e mi sa che nun lo faccio, pecché dico: metti che un domani mi fijo viene sur blog (lo so che è na cazzata peché è piccolo, ma è pe’ dì la paura, no?) nun va bene che se trova spiazzata tutti i cazzi di papà e mamma suoi qui co degli sconosciuti. Che poi voi pe’ me nun siete sconosciuti. Però manco amici.
Cioè un po’ sì ma un po’ no. Pe esempio, co Rosa e Cesare che so ‘n cazzato nun me ne ‘mporta e i nomi li spiattello. Ma mi fijo no peché je voio un monno de bene e me ‘mporta. Nun so se se capisce.
Pure a Rosa je vojo bene. Però so ‘ncazzato. Eppoi mo’ che ho capito sta storia der muro de le renne…
buonanotte polifè! T’ho penzato cor pupetto!
Sei forte, chissà se esisti davvero e se parli come scrivi! Io però mi chiamo fefral, ok? Già ci sta quello sciagurato di sciagurata che mi storpia il nick. Poi finisce che mi vengono i complessi, le crisi di identità, cado in depressione. Fefral… ok?
Cià vado a dormire!
buonanotte frufru!
ciao polifemo!
lo sai che i lapponi vivevano in buche scavate nella terra? si, come delle marmotte, si facevano le case scavando nell terreno perchè lì non c’era l’umidità della neve.. e così vivevano nei buchi.. e quando morivano quei buchi diventavano le loro tombe e li seppellivano nella loro casa. Per questo i lapponi non usavano la casa altrui, perchè c’era dentro lo spirito del proprietario. Ognuno si faceva una casa nuova: prendeva e scavava. Ma sai perchè facevano i buchi? perchè erano migratori: avevano imparato ad addomesticare le renne e le portavano dove si stava meglio e dove c’era qualche ciuffo d’era da mangiare. Si, vivevano un po’ a disagio nei buchi del terreno però le renne stavano con loro e si muovevano con loro. Niente muri di renne e niente lupi. Niente cacce infinite nelle steppe e niente tende sulla neve.
Bella la storia delle buche e del ciuffo d’erba! Però mi è antipatico il tuo nickname (scusa ma devo essere sincera, e mi sembra una presa in giro del macho, perché mi pare di capire che sei un fanciullo, al mondo fragile delle donne, che non sono affatto fragili!)
Ho ripensato, tra il lavoro ieri sera e la palestra stamattina, al taglia/incolla di don Mauro, ai segreti di Polifemo, alla vita di Fefral 40 enne con 3 figli e il suv; e proprio non riesco a mettermi a lavorare senza far esplodere la verità del mio cuore umano.
Per stare nella “buca” ci vuole almeno un ciuffo d’erba. La famiglia, le istituzioni, possono essere la la “buca” soffocante per persone timorose e bisognose di protezione. Che poi è, realisticamente, la natura umana; persone fragili, di carne, protette dalle regole della “buca”.
Ma che noia! Che anticipo di morte senza resurrezione! Nel rispetto delle regole si vive benissimo; ma si può soffrire in silenzio e far montare una rabbia distruttiva. I tuoi segreti, che poi sono il tuo disperato tentativo di trovare almeno un ciuffo d’erba nella buca, prima o poi devono esplodere!!!
E qualcuno ci ha detto: “Il mondo ci aspetta. Sì!, amiamo appassionatamente questo mondo perché Dio ce l’ha insegnato”. Non c’è traccia di regole; né di segreti da custodire; ma solo di passione nella vita.
Buona giornata!
Vorrei tanto dirvi una cosa.. in tutta questa storia della istituzione vista come buca soffocante(matrimonio o istituzione religiosa che sia)mi sembra che vada spostato l’angolo visuale:le istituzioni sono NECESSARIE,DIFENDONO E IN UN CERTO SENSO DANNO FORZA (credo sia bello pensare…che non solo io,fatico per tenere in piedi il mio matrimonio,ma anche mio marito!stesso discorso religioso…non solo io,cerco di migliorare me stesso o diffondere il Vangelo etc..ma anche i miei fratelli di fede)..chiaro che poi ognuno ha i suoi limiti e a volte,davvero odiosi,non fosse altro perchè ti si ripresentano sempre davanti,dato che con quelle persone,ci convivi!
Ma qui,dipende tutto da te: voglio dire DA COME TU VEDI E USI QUELLE DIFFICOLTA’.Prese bene,ti possono aiutare a far venire fuori il meglio di te(chi la chiamerà laicamente,saggezza di vita e chi,cristianamente,umiltà e santità..)
A proposito dell’ideale pagano,mi viene in mente Seneca,che a chi gli faceva notare di avere una moglie tremenda,rispondeva”se uno ha una buona moglie,sarà un uomo felice,se invece, la ha insopportabile,sarà un filosofo,che è cosa buona ugualmente!” e per invece l’ideale cristiano,riporto una riflessione della Hillesum,che guardando le recinzioni di grandi ville,quelle della clausura e quelle del campo di concentramento,scrive”le recinzioni sono soltanto un punto di vista.noi da una parte e loro laggiù…non vivono forse anche essi,dietro le loro recinzioni?quando si ha una vita interiore,forse poco importa da che parte della recinzione di un campo uno si trovi”Se lo diceva lei,nelle sue terribili condizioni di vita,forse possiamo ben provarci anche noi…
Scusate se forse cose simili,le ho già scritte,ma sono quelle alle quali cerco di “legare” la mia vita e mi sa che in questo “lavoro” si tratta di riprendere quasi ogni giorno “cose vecchie dal proprio tesoro” come lo scriba del Vangelo…e come il popolo che si trovava fornito del cibo solo per un giorno(la famosa manna) e correva il serissimo rischio di dire..sempre lo stesso?SIAMO NAUSEATi da un cibo così leggero….(insomma finivano tutti ribelli come me…)
Paola sono d’accordo con quanto scrivi e spero che tu non ti sia sentita liquidata con i miei copia/incolla. In sintesi – non mi ricordo se l’ho già scritto – le istituzioni (per rimanere nell’ambito delle immagini di Sciagurata) sono come gli infissi delle finestre. Servono a tenere il calore, ma se ci sono solo gli infissi la casa è destinata nel giro di poche ore a diventare della stessa temperatura esterna del luogo in cui sta. Invece il calore (il fuoco, il camino, ecc.) è l’amore. Si può vivere di solo amore senza istituzioni? Se proprio fossi costretto a scegliere se stare nella steppa con un fuoco e basta o solo con la tenda è chiaro che sceglierei il primo, ma comunque meglio avere entrambi. E guarda che il discorso dell’istituzione riguarda anche il matrimonio. Per esempio san Giuseppe (Sciagurata scusa se parlo del vangelo ma lo faccio in termini umani e culturali come se fosse un testo profano) una volta scoperta che la sua sposa (Maria) era incinta e che lui non centrava nulla, avrebbe dovuto denunciarla e farla lapidare (cfr vangelo dell’adultera: Giovanni cap. 7). Perché l’istituzione protegge l’appartenenza. E’ il motivo per cui le colleghe di Ester l’avrebbero allontanata se avessero saputo che – lei celibe di Dio – s’era innamorata di un uomo. Qui Fefral c’è un’appartenenza che non è solo quella del corpo ma che si riferisce al corpo più esteso – il corpo sociale, la comunità. Che infatti, da sempre, punisce con la morte (o manda in esilio, che è come uccidere). E’ la stessa cosa che avviene al nostro amico Polifemo che verrebbe espulso dalla “chiesa” dei tifosi della Roma se commettesse l’eresia di passare ai tifosi della Lazio. Ma Giuseppe- per riprendere il discorso – che “era giusto” dice il vangelo (molto interessante che si faccia riferimento alla giustizia, cioè all’ambito dell’istituzione, e che non si dica “che era innamorato”) scorge nel cuore di Maria una giustizia più profonda e salva la sposa decidendo – di nascosto – di essere lui quello che avrebbe dovuto andar via. (Un po’ come avrebbe potuto fare Rosa). Ma questa è un’altra storia.
Scusa Fefral me so’ solo sbajato. Nun volevo storpia’ gnente. Ar pupetto jò dato pure i tuoi de baci.
ciao paola,
la storia delle buche era per polifemo e il muro di renne. Non volevo generare un mostro.
quanto al nick, sono disposto a cambiarlo. fai pure aun proposta!
no sciagura’ non cambiare nick. Qua abbiamo bisogno di un po’ di punti fermi. Già la vita è difficile col suv e le docce la sera
ps ma perchè le parole da digitare per non essere un robot diventano sempre più difficili? cos’è una specie di test d’intelligenza?
Non è un’altra storia, don Mauro. Perchè Giuseppe sa bene che l’istituzione è per la persona e non il contrario. E questo vale oggi come duemila anni fa
e io ho dato più baci al mio perchè mi ha fatto pensare quello che scrivevi ieri, che io che i figli ce li ho tutti i giorni con me devo godermeli giorno per giorno
Forse Polif si dovrebbe concentrare più sulla moglie e pensare che il bacio più bello del il bimbo è l’amore tra babbo e mamma
La tesi di don Mauro è davvero complessa da capire (sarò forse cotta io dopo ore di lavoro….). Ma una cosa è certa: se proprio devo pensare alle mie istituzioni, la mia famiglia formata da marito e bimbi, la mia famiglia soprannaturale, il mio mondo di amici e il mio lavoro, ha sempre più successo scaldare i cuori delle persone che non mostare la solidità delle finestre; anzi qualcuno dice che è bene che la porta per uscire dalle istituzioni sia sempre aperta, così da lasciare liberi di restarci per amore.
E’ un po’ come l’art. 18 della Fornero; garantisce il posto fisso ma non che poi il lavoratore renda davvero per lo stipendio che si prende, e che lavorando migliori se stesso e il mondo!. Ma questa è davvero un’altra storia.
Sarebbe poca cosa la mia vita se tenessi saldo il mio matrimonio o il mio legame con le istituzioni solo per poter sopravvivere al recinto che mi hanno messo; che io stessa ho voluto. Io, invece, voglio vivere con loro e per loro, dando la mia vita ogni giorno.
E si ritorna sempre al cuore, alla verità di ogni legame. Il più profondo, quello che davvero dà un anticipo di Paradiso, è, per una donna sposata, con il marito.
Se di Dio si dice che è un amante geloso, il marito dovrebbe essere un custode del castello/recinto?? Chissà, sarebbe più tranquillo pensare solo alle finestre e rassegnarsi quando, per le necessarie distrazioni della vita, li fuoco si attenua.
Rispetto il programma, ma non fa per me.
Semmai il piano del discorso è un altro. In famiglia, nelle istituzioni, come si fa a tenere il fuoco acceso? Nessuno può dare amore che non ha ricevuto. Ma qui andiamo sul piano troppo alto e devo tornare a lavorare…
Sciagurata, ciao! scusa se ti rispondo solo ora, dopo tre giorni! In verità neanche io ricordo se tu sei celibe per scelta oppure no..ma è importante? L’amicizia ha valore comunque, in ogni condizione..cmq hai ragione (non so se ricordi il tuo commento al mio post :)) sarà che io, nonostante le cavolate che abbia fatto, ho sempre trovato qualcuno che non mi ha condannata ma mi ha ascoltata e aiutata! Mi sembra più semplice poi stare ad ascoltare quello che mi dice il cuore quando sono con il mio amico o con mio marito..meglio parlare o tacere? Non c’è una regola. E’ vero, non serve dire tutto sempre..io dentro lo sento, lo capisco quand’è che devo sputare il rospo e quando me devo cucì la bocca!
Sinceramente non so cosa sia più doloroso: confessare ed essere puniti (esiliati) o tacere e creare una barriera. Ma perché non provare a cercare di cambiare queste due alternative? Io ci voglio provare nel mio piccolo..
E devo ancora riflettere sul discorso delle istituzioni!
Polifemo sei un mito per me! Mi stai insegnando molto..!
Don Mauro sarà un piacere leggere Abelis..!!
Buonanotte!!
ciao mm. non è importante che tu sia celibe per scelta o sposata per dovere o viceversa.. è importante la tua esperienza.
e leggendoti mi hai fatto pensare al rovescio della medaglia: guardare con gli occhi di chi subisce il torto, di chi si sente tradito, pugnalato.
da come parli sembra che tu nn sappia bene cosa vuol dire e questo è un merito, non un torto. sei fortunata e probabilmente anche brava. perché in amore certe cose non si fanno mai da soli.
E’ un dolore atroce, non ce n’è di più forti, almeno credo, di quello che provi quando la persona a cui hai affidato la tua vita ti pugnala con precisione. Non c’è scusante, non c’è un appiglio e precipiti nel vuoto totale. dici bene: ascoltare, comprendere, perdonare. si quella sarebbe la via.
Ma in quei casi è la tua vita che precipita, sei tu che muori e il senso del tuo essere sparisce. non sai più nulla, nemmeno le domande semplici hanno risposta: “io chi sono” e non sai nemmeno più “tu chi sei?” è il vuoto.
Se si ama davvero, perdonare è un casino! vuol dire cercare se stessi tra quello che resta, ritrovarsi, mettersi insieme pian piano, risalire con le unghie e poi cercare di donarsi di nuovo. con la forza che si ha e per come si è. e si è diversi.
e alla fine sai che succede? si riesce a scoprire che è stato tutto un bene e vedi la tua casa sulla roccia mentre prima era una stupida buca e non lo sapevi.. ma che vita! altro che muro di renne..coi cani travestiti da lupi.. la relazione, la donazione vera con tutto quello che deriva è sconvolgente.
Non riesco a correggere quindi aggiungo:
ho usato la parola amore, ma correggerei con amore/amicizia che no sono poi termini così diversi.
“Se si ama davvero, perdonare è un casino! vuol dire cercare se stessi tra quello che resta, ritrovarsi, mettersi insieme pian piano, risalire con le unghie e poi cercare di donarsi di nuovo. con la forza che si ha e per come si è. e si è diversi”
eh!
Grazie per quello che scrivi, Sciagurata. E’ proprio vero. Ma riuscire a vedere la casa sulla roccia a volte è proprio difficile, ci vuole tempo. Come ci vuole tempo a donarsi di nuovo, perchè prima bisogna riuscire a possedersi di nuovo e quando, come dici tu, non sai nemmeno più tu chi sei, non è facile.
Per questo insistevo sul discorso delle ghiande qualche giorno fa: ogni volta che si sceglie il male col pensiero che è meglio fare una cazzata autenticamente piuttosto che rispettare le regole come servi dobbiamo pensare che attorno lasciamo morti e feriti, che il male fa male, e che ogni volta che facciamo una cazzata. c’è qualcuno che stiamo pugnalando alle spalle.
Bella l’idea di Sciagurata di guardare con gli occhi di chi subisce il torto. E allora mettiamoci dalla parte di Rosa (la moglie di Polifemo, scusa Polifemo… poi fammi sapere se ti dà fastidio essere tirato così in ballo: d’altra parte sono tutti entusiasti di te!) e delle “sorelle” di Ester. Secondo me balza bene agli occhi anche tutta la problematica immensamente complicata (ha ragione Paola) del rapporto con l’istituzione.
Il problema di Rosa, cioè se perdonare o meno Polifemo che gli ha dichiarato di averla tradita, è un problema solo di Rosa, ed è il problema di cui ci parlano Sciagurata, Fefral e MM.: la casa sulla roccia ecc. (E’ proprio vero che perdonare davvero è proprio difficile, è proprio una cosa da Dio). Cioè a Rosa non gliene frega niente dell’istituzione matrimoniale. Non pensa “oddio se io faccio così dove andremo a finire, cosa faranno i miei figli e i miei vicini di casa. E poi il matrimonio è l’istituzione che salva la società.” Oppure, “no è giusto che il matrimonio si possa anche concludere con il divorzio”. A Rosa tutto questo non importa (almeno nella mia “Rosa ideale e astratta” è così). Quindi il problema di Polifemo è “solo” di capire se per il loro matrimonio, conoscendo Rosa e conoscendo sé stesso, è meglio parlare o non parlare. Probabilmente – a leggere le cose di Polifemo che il matrimonio voleva salvarlo – era meglio non farlo e dire le cose tra vent’anni. Ma questi discorsi sono facili da fare “dopo”. “Prima” a lui sembrava migliore la strada del chiedere perdono: “se Rosa mi perdona il nostro matrimonio sarà migliore di quello che c’è se io le sto accanto con questo groppo in gola”. Ma gli è andata male.
Il problema di Ester è infinitamente più complicato perché è molto facile che le sorelle di Ester – che dovrebbero ragionare innanzitutto in prima persona come Rosa – non lo facciano, e invece comincino a pensare in termini istituzionali. Più o meno così. “Bene Ester che vive il celibato per Dio come me si è innamorata e adesso come facciamo? Se poi scappa con un uomo chissà che scandalo. Cosa penserà la gente di noi? e della nostra Istituzione cosa penserà? e di Dio cosa penserà? che il celibato è tutta una finzione perché poi al primo che passa ti innamori e scappi con lui. E questo uomo, chi è? Lo ri-incontrerà? Facciamole cambiare di città. Diamole questo compito così si distrae. A chi lo devo dire delle mie superiore? Nelle nostre regole cosa è previsto? E io, che sono la superiora e quindi ho più o meno il ruolo che ha Dio, cosa le devo dire? come mi devo comportare? Certo io – se fosse per me – la perdonerei, ma come faccio? io devo far rispettare la regola, le leggi. Io sono un vigile urbano che vede un auto in divieto di sosta. A me non dà fastidio e anzi non dà fastidio a nessuno. Anzi, per essere sinceri ho visto che la signora andava in farmacia e magari deve comprare una medicina per il figlio che è a casa malato, ma non è giusto che io non le dia la multa. A parte il fatto che il mio superiore mi può sanzionare per omissione, è una questione di principio. Se non do la multa a lei perché dovrei darla a quell’altra signora della macchina accanto pure lei in divieto di sosta, e che invece in farmacia ci va per comprare una crema contro i brufoli che costa 100 euro? In fin dei conti non è vero che siamo tutti uguali e che ciascuno fa le scelte che vuole? perché comprare una crema di bellezza è meno importante della novalgina? magari per quei brufoli il marito la sta lasciando. Che ne so io?”
Cioè le sorelle di Ester devono fare i conti con un ideale – che loro chiamano Dio ma che magari con Dio non centra proprio nulla – che cresce a dismisura, che le carica, che diventa un peso insopportabile, e che le fa diventare delle guardiane inflessibili come le kapò dei lager nazisti? Rendo l’idea?
Giusto per essere sicuro di non creare fraintendimenti, è per me sottinteso che il discorso del rapporto con l’istituzione non esiste nel caso della confessione sacramentale e – in generale – del rapporto con il mio direttore spirituale. In entrambe queste situazioni – confessione, direzione spirituale – anche se con motivazioni diverse, il sacerdote o chi riceve la mia direzione spirituale ha l’obbligo di tenersi tutto per sé e quindi per lui/lei (la direzione spirituale può essere svolta anche dalle donne) il problema del rapporto con l’istituzione non esiste.
Sciagurata! mi hai fatto pensare molto e anche lei, don Mauro!voglio scrivere un po’ di cose, ma ora sono di corsa! Però una cosa che non c’entra niente te la voglio chiedere Sciagu..vai a dire la tua sulla discussione sul celibato umano?? Ho bisogno delle tue riflessioni :)ci sentiamo stasera!Ciao a tutti!
se le sorelle di Ester fanno tutti ‘sti ragionamenti, mi scusi don Mauro, dimostrano che non si sentono tradite o pugnalate alle spalle, e pure che non gliene frega niente di Ester. Il loro problema è proteggere l’istituzione. Ma non doveva essere il contrario?
Purtroppo, don Mauro, le sorelle di Ester ragionano proprio così
Io credo che, più che l’istituzione, ci sia proprio il problema della Volontà di Dio: “come faccio a sapere cosa Dio vuole? E se io non le dico niente pecco anche io davanti a Dio? E Dio cosa vuole da me? Etc etc”.
Sempre con questa benedetta Volontà di Dio, quanti drammi – che Dio ovviamente non vuole- causa….
Cioè non è un problema di istituzione, ma di Dio: come faccio a fare “la cosa giusta”, quella che DIo vuole? (quanti drammi causati da queste parole: “la persona giusta”, “la cosa giusta”…) E allora, per paura, si sceglie la via sicura: quella della legge, delle soluzioni prestabilite.
ora, io mi metto dalla parte delle sorelle di Ester, e capisco perfettamente che una cosa è farla facile, carità qua carità là, ma se io mi trovassi nella loro situazione sarei pure spaventata a morte: e mo’ che faccio? Però, ecco, l’amore è ciò che supera la paura, no? se c’è una sorella di Ester che – a prescindere dal fatto che sia più o meno “aperta”, “tradizionalista”, “vecchia”, “chiusa”, “comprensiva”- invece di ragionare in termini “amore per Ester contro amore, Volontà di Dio” inizia a ragionare in termini “amore per Ester = amore per Dio”, magari la soluzione arriva.
Io non credo che il problema sia solo delle sorelle di Ester, o delle istituzioni il problema è per tutti. Anche io, di fronte alla separazione dei miei (che poi è un altro tema ancora, perché io ero anche parte lesa, e perdonare davvero mi è costato lacrime e sangue, ma vabbè) ho avuto per anni la soluzione “facile”: è un peccato, punto e basta. Ergo, non posso e non devo accettarlo. Ora è chiaro che Ester non ha commesso essun peccato – però la reazione è la stessa. Il problema è che Dio non pensa così. Allora, a causa della separazone dei miei io ho sofferto ingiustamente (e a Dio questo non piace) – però allo stesso tempo mi viene chiesto di perdonare, capire, non scusare ma capire sì. E per me era difficile ma in un certos enso facile proprio perché amo i miei genitori. Amare i genitori del Mulino Bianco è facile, direi scontato. Ma amare con una diversa consapevolezza può essere frustrante (quando leggo vite di santi con famiglie tutte a posto un po’ mi viene da dire, vabbè, ma così non vale) ma ti fa capire che o ami o non ami, non c’è istituzione che tenga. Magari per le sorelle di Ester deve arrivare questa svolta: io amo Ester o no? se non la amo, bene, la cosa migliore è disinteressarmene proprio; ma se la amo, allora capisco da sola qual è la cosa “giusta”.
Sono d’accordo con Lidia!
Amare l’altro vuol dire guardare, condividere, con uno sguardo di stupore, la vita dell’altro che si va facendo ogni giorno. Insomma siamo o non siamo creature? Non tutti, nel matrimonio o nelle istituzioni, vivono la stessa vita, allo stesso passo. Chi saltella, tra una caduca e un’altra; chi invece mira diritto al traguardo; chi invece gira i tacchi e cambia strada. Allora chi può permettersi la responsabilità di mettere paletti nel percorso di un altro? E se fosse quel paletto messo dalle amiche di Ester a farla deviare dalla sua strada personalissima e meravigliosamente unica? Essere in un istituzione vuol dire passare dalla persona alla collettività standardizzata?
Le sorelle di Ester possono solo guardarla negli occhi e volerle bene. Anche chi ha funzioni di comando, se poi comandare vuol dire servire, vuol dire guardare con stupore la vita che si sta vivendo l’altro.
Molto più difficile per Rosa… Io, mio marito, lo avrei strozzato e ridotto a brandelli. Per questo penso che Polifemo debba davvero “fare i numeri” per riconquistarla. Altro che pupetto! Si deve occupare di lei, del suo cuore infranto e farla sognare di nuovo.
Concordo.A me ne da due e pure con sfondi a contrasto, punteggiatura mai usata e differenti tipi di stampa. Si è aggiunto un altro stress alla pubblicazione dei commenti!
Sono stata assente per qualche giorno e questa discussione è lievitata a dismisura: ho faticato a riprendere il filo!
Vorrei fare alcune considerazioni in merito alla mia esperienza.
Innanzitutto chiarisco che all’inizio di tutta questa discussione avevo detto di essermi innamorata di un uomo e non sono andata più in là perché l’attenzione si è spostata su questa faccenda del parlare o non parlare. Vedete per una celibe (non so se per un uomo valga lo stesso) che si innamora (e quindi in realtà non è ancora in una situazione di peccato) quello che accade dentro è uno scombussolamento così grande che non si capisce più niente: la vita sembra assumere un altro senso, un’altra direzione. Non è solo il vuoto per il vuoto che spesso lascia con sé il peccato, è la domanda più seria che secondo me sia stata posta nei Vangeli “ma voi chi dite che io sia?”. Voglio dire che quello che succede è che in batter d’occhio (più o meno) ciò che cade a pezzi sono le immagini di Dio che mi sono fatta. Ci si ritrova ‘nudi’ di fronte al Mistero, ci si ritrova infinitamente creature con i loro limiti e i loro desideri. E per questo è importante che uno si fermi e si domandi seriamente chi sono e cosa voglio. Perché avevo scelto il celibato? Chi è Lui per me? Cosa è veramente l’amore?
E tutto questo non si fa in un minuto, neppure in una settimana, neanche in un anno…e se nel frattempo si decide di rimanere non si risolve tutto: quel Mistero rimane lì a interrogarti, a bussare costantemente alla porta del tuo essere, a rimescolare la vita, a farla rileggere in un modo inaspettato e nuovo, a cambiarti come mai era successo e si comincia veramente a pensare che io non so proprio nulla di Lui, del suo Amore, del suo Essere profondo, insomma io non lo conosco però lo voglio conoscere! E su questo si gioca la propria libertà: ci sto, cioè sto davanti a questa ‘cosa’ che mi stupisce, che non riesco a contenere, a cui ho dedicato la vita. E qui, oserei dire, comincia il bello. Ci si accorge che della vita non avevo proprio capito nulla! Ma questa è un’altra faccenda. Perché vi scrivo questo? forse per dirvi semplicemente che per un celibe è importante che questo avvenga, le modalità sono le più disparate, così come sono diversi i volti di ciascuno di noi. Per me la via è stata quella di essermi innamorata…. E non la cambierei per nulla! Questo lo dico solo ora!
(continua)
L’altra considerazione la faccio invece in merito all’istituzione o alle mie sorelle, come le avete chiamate in questi giorni. Partiamo dal fatto che io parlo della mia situazione concreta, cioè non ragiono sulla teoria o sull’ipotesi. Ogni istituzione è di fatto diversa dall’altra, malgrado possa avere la stessa forma, gli stessi principi, la stessa regola o che so io. Ogni istituzione è diversa dall’altra per il semplice fatto che è composta da quei precisi volti. Questo non è un dato scontato.
Imparare a vivere insieme non è semplice (e questo penso valga anche per il matrimonio).Io credo che questa consapevolezza bisogna averla. Non dico che questo significhi nascondersi qualcosa. Dico solo che si fa un passo alla volta, soprattutto dentro un’istituzione come questa.
Le persone con cui vivo, io non le ho scelte: abbiamo provenienze diverse, età diverse, cultura diversa, abitudini diverse…. E conoscersi non è uno scherzo, imparare a volersi bene non è un dato scontato. È una sfida. Nel mondo e nella Chiesa odierna è una sfida che è necessario affrontare. In passato era più semplice risolvere tutto con ‘non devono esserci amicizie particolari’. Oggi questo discorso non regge più, ma questo non significa che sia semplice diventare amici. È una ginnastica ed io non sento di non essere vera perché non ho detto loro del mio amico. So solo che devo aspettare e che forse domani lo dirò a una di loro… o che so io.
La fiducia si costruisce non è un dato iniziale.
Ma non voglio mettermi dalla parte di chi ha subito un torto. Questo non sarebbe giusto. È vero che lo ‘sbaglio’ l’ho fatto io. È vero che il mio rischio era quello di tradire Gesù Cristo, ma questo in soldoni cosa vuol dire? Io non sono una monade, la ferita eventualmente inferta a Lui è la ferita che infliggo al suo Corpo, alla Chiesa, e dunque anche alle mie sorelle. C’è un legame imprescindibile che ci annoda gli uni agli altri e che se io rompo genera sofferenza. Questo è vero. Allora cosa bisogna fare: non parlare, nascondere? Non penso che sia questa la via giusta.
Quando mi sono accorta che c’era un’effettiva incapacità di accogliere questa cosa, c’era paura, senso di inadeguatezza, imbarazzo…. chiamatelo come volete! Ho dovuto innanzitutto comprendere la mia istituzione (perché anch’io ne faccio parte). Guardarla con verità nei suoi aspetti positivi e in quelli negativi, nei suoi punti di forza e in quelli di debolezza; là dove si riusciva a camminare insieme con le regole che facevano ‘gli infissi’ e là dove questi infissi erano diventato il tutto, lo scudo, la parola certa, a volte il giudizio che uccide (io insieme a loro, cioè noi). L’istituzione la facciamo noi e spesso quando essa diventa soffocante è perché si è smarrito qualcosa di essenziale e bisogna ritrovarlo!!!
(continua… spero più tardi!)
Grazie sciagurata! Grazie davvero per quello che hai scritto!
Posso chiede ‘na cosa alle donne de ‘sto blog?
Visto che me so’ svergognato pe’ bene co voi, potete dimme se ve capitava d’esse ar posto de Rosa che facevate? Se vostro marito poniamo ve direbbe che va tradito tipo la cazzata c’ho fatto io, che facevate? Pero me raccomanno d’esse veraci de core. Sciagura’ er discorsetto suo sur fatto che perdonà è difficile l’ha fatto, vabbé però è ‘n omo (pure don Ma’ è ‘n omo però è prete). Fefral è stata brava e l’ha detto subbito che s’ncazzava tipo Rosa. E l’artre che facevano? Così, de core, senza stacce a pensà. Preferivate dormì co uno sincero o con un pallista? Nun me scandalizzo se me dite con pallista. Cioè tipo ner senso che se poi io (donna) so che se le cose le so, poi me ‘n cazzo e faccio sartà tutto all’aria e ce va de mezzo er pupetto che c’ha diritto a avecce un padre, mejo se nun le so. (Se capisce?). Però a me me sembrava impossibile nun dì gnente. Sarà pecché so un omo e Rosa nun m’aveva mai tradito (‘ndo stà lo stronzetto de Federico? me sa che sé scuaiato…) ma nun me sembrava na cosa tanto grossa de perdona’. Oh me ‘nteressa pure l’opinione de quelle che nun so sposate tipo Vanessa, MM., Ester e compagnia.
Post scritto: don Ma’ hai visto che me sforzo de nun dì parolacce?
Scusa Polifemo se per ora torno a Ester,ma vorrei proprio farle una domanda:Ester,tu scrivi che davanti all’innamoramento,ti sei posta la più importante domanda del vangelo-Chi è Lui per me? Cosa è veramente l’amore?
E tutto questo non si fa in un minuto, neppure in una settimana, neanche in un anno…Si comincia veramente a pensare che io non so proprio nulla di Lui, del suo Amore, del suo Essere profondo, insomma io non lo conosco però lo voglio”
Parole sacrosante,adatte penso a molti di noi che leggiamo il blog,ma piuttosto incomprensibili nel tuo caso:come hai potuto accettare una istituzione,delle regole(che non mi pare siano tra le più leggere!)se…non avevi capito nulla di Lui?Voglio dire che nel matrimonio è facilissimo ingannarsi,farsi prendere dall’aspetto fisico di lui,dalle parole che lui ti dice e magari non ti ripeterà mai più..ma in una scelta di celibato?come sei riuscita ad accettare tutto un cammino in salita?Conosco persone tenute fuori dalla tua stessa istituzione,perchè ritenute “fragili”,o con l’ancora peggiore motivazione che in certi contesti-“si entra e si esce una volta sola,quindi se hai dei problemi e non li hai risolti gira al largo”…e quelle povere persone a cercar di capire che gli manca o ad accettare tante belle umiliazioni,pedagogiche forse,ma terribili…e non si parla di celibato!!figurarsi cosa avrai dovuto superare tu!dunque,come puoi poi dire,che Lui non lo avevi conosciuto?Sei stata accolta a braccia aperte e sei riuscita a far sempre tutto quello che ti chiedevano,tanto da non aver mai sperimentato una resistenza-fallimento-umiliazione???
Caro don Ma’, è un problema molto serio quello di conciliare giustizia e carità. Ed è un problema che può essere risolto, forse anche sbagliando, solo nella coscienza di ciascuno. Si parla delle sorelle di Ester come se si parlasse di persone che non hanno coscienza, ma soprattutto che non hanno umiltà, quindi che non hanno verità. Sembra che ci sia un’alternativa: o giustizia o carità. O carità superiore o carità inferiore. No. Non è così. Giustizia e carità possono convivere molto bene, ma solo quando c’è l’umiltà. Io posso prendere una decisione, quella che sia, l’una o l’altra, l’importante che ci sia l’umiltà di sapere che posso star sbagliando, e che probabilmente nel prendere quella decisione sbaglierò. Se sono umile ascolto. Perché se sono umile l’importante è la verità. La verità è la carità con Dio e con me stesso, poi viene la carità con gli altri. L’indecisione – e tutti quei ‘che faccio’ – è frutto del fatto che non voglio sbagliare. Ma chi l’ha detto che l’importante sia non sbagliare.
Il punto Lidia non è la volontà di Dio ma il fatto che l’istituzione pensi di dovere farsi carico del fatto che tu corrisponda alla volontà di Dio! ma questo è sommamente sbagliato perché il problema tra te e Dio e un tuo (vostro) problema, non dell’istituzione. Nessuno può farsi carico della mia santità. Questo non è per niente facile da capire ma ce lo insegna proprio la parabola del figliol prodigo: il Padre lascia che i due figli facciano la loro vita. Il problema terribile di chi vive un ruolo (e tutti noi lo facciamo, non solo i sacerdoti o i/le superiori delle comunità ma anche genitori, insegnanti e quant’altro) è il malinteso senso di responsabilità. Un genitore si tormenta perché il figlio sbaglia. La cura, la strada giusta del giusto senso di responsabilità è la verità. E la verità è che nessuna sorella di Ester può fare alcunché perché il cuore di Ester sia un millimetro più vicino o più lontano da Dio di quanto Dio e Ester vogliano. Potranno condizionarla, inibirla, manipolarla perché stia dentro un monastero, o un seminario, o un matrimonio, ma a Dio e a lei tutto questo non interessa. E ‘come volersi riparare dal vento stando dentro una gabbia con le sbarre di ferro.
Ma questo problema è terribile. Io l’ho sentito moltissimo nella mia vita di sacerdote, è il problema dei adriesi. E ho capito perché c’è solo un fariseo che si converte: Nicodemo. E’ facile dal di fuori condannare i farisei ma è vero che siamo tutti farisei. E non lo siamo quando andiamo con le prostitute ma quando il nostro io ci fa pensare “ci sono qua io a difendere Dio!”. I farisei crocifiggono Cristo perché vogliono in buona fede sapere se è o no il Messia per proteggere dall’errore il popolo loro affidato. Ma il popolo loro affidato è di Dio non mio. Un mio fratello sacerdote martirizza fino all’inverosimile una povera coppia di giovani che si devono sposare, perché si è messo in testa di far loro sapere che nel loro caso non ci sono i “gravi motivi oggettivi” per vivere i metodi naturali e che quindi un figlio lo devono fare subito, appena sposati, anche se non hanno un lavoro stabile, non hanno una casa e, diciamola tutta, manco sanno cos’è la vita sessuale perché hanno vissuto il fidanzamento “in un certo modo”. Ma quale demonio tormenta il povero sacerdote? La convinzione che lui sia responsabile della corrispondenza di coppia alla volontà di Dio!! Dice Lidia: “e se io non le dico niente circa la volontà di Dio nel suo caso, pecco anch’io?”. Eccolo qui il sofisma, la lingua biforcuta del demonio! Ma tu come puoi sapere quale sia la volontà di Dio nel suo caso? Ma ci rendiamo conto delle parole che diciamo? (Scusa Lidia, capisci che non ce l’ho con te…). Ma questo non vale solo per il sacerdote. Vale per lo psicoterapeuta, per milioni di persone.
Il senso di responsabilità è un modo terribile che ha la superbia di diventare padrona della nostra vita.
non ho capito perché invece di scrivere farisei è venuto fuori adriesi…
Polifemo rispondo prima a te, visto che mi hai tirato in ballo. è una cosa di cui non ho esperienza per cui parlo solo per assurdo (nel senso che fino a che non si è in situazione si parla per astratto), però io mi sarei veramente inc… e probabilmente ti avrei preso a botte, ma tante! però forse non avrei chiuso la porta di casa (questo sempre per ipotesi)e ti avrei fatto penare un sacco per riconquistarmi… il pupetto lo lascio stare.
Sul fattore avrei preferito non saperlo, non so cosa dire. Prima o poi avrei voluto saperlo, il tempo avrebbe deciso le botte che comunque ti avrei dato!!! Detto questo ripeto che è difficile esprimermi!
a MN (ma sei nuova o sei sempre MM che ha sbagliato lettera?)vorrei rispondere con un po’ di calma, perchè le questioni che sollevi sono di diversa natura. Se dovessi dire che quando ho fatto questa scelta non conoscevo il Signore, ti direi che non è vero, pensavo di conoscerlo e anche bene! e invece non è così… ho scoperto che Lui è sempre oltre e meno male. Il suo volto ci si mostra gradualmente, almeno per me è così. Prova a pensare al figlio prodigo, forse che non conosceva suo padre quando è partito? certo che lo conosceva e sapeva persino, spinto dal bisogno, che un piatto di minestra glielo avrebbe dato… e in realtà non lo conosceva perchè quel padre fa altro rispetto a quello che lui pensava e aspettava. Insomma una cosa così, però mi devi dare un po’ di tempo per risponderti meglio e adesso non ne ho.C’è un po’ di amarezza nelle cose che scrivi circa le istituzioni e la fragilità delle persone… forse c’entra con le cose che non ho fatto in tempo a scrivere prima.
Cosa è che rende un’istituzione rigida e tagliente? Io penso proprio che sia la paura: quando una novità bussa alle porte della nostra esperienza è bello, ma è anche scomodo. Occorre farle spazio, oppure si decide – senza in realtà accorgersi neppure di questa decisione – di farla rientrare nel nostro schema, nello ‘spazio’ conosciuto e se non entra? Si elimina. È molto semplice! Ma in tutto questo io non trovo cattiveria, trovo solo paura.
Le motivazioni della paura possono essere molteplici. Nel caso specifico chi viveva con me non era proprio pronto ad affrontare questa ‘cosa’. Troppo fuori dagli schemi, troppo destabilizzante.
Riprendo le parole di d. Mauro: Cioè le sorelle di Ester devono fare i conti con un ideale – che loro chiamano Dio ma che magari con Dio non centra proprio nulla – che cresce a dismisura, che le carica, che diventa un peso insopportabile, e che le fa diventare delle guardiane inflessibili come le kapò dei lager nazisti? Rendo l’idea?
Si. Rende l’idea, in modo molto plastico e se vuole anche un po’ esagerato, ma per capirsi va bene. Persino il peso può diventare una forma di sicurezza preferibile alla libertà.
Ma il punto centrale di quello che ha scritto mi sembra proprio quello del dover fare i conti con un ideale. Siamo partiti con questa discussione parlando del cuore di carne come fonte di rivelazione e arriviamo ora a parlare della rigidità provocata dall’ideale. Tra queste due cose c’è un abisso e spesso, preferiamo la seconda alla prima. E con questo non voglio dire che il sogno, o il desiderio non sia positivo (in questo ha ragione Paola), ma il sogno e il desiderio hanno a che fare con la nostra carne, l’ideale spesso è invece un insieme astratto di non so che cosa.
E questa è la grande novità del cristianesimo, la carne, la nostra carne… se manca nelle istituzioni è segno che qualcosa non va e allora bisogna riprendere a lavorare! È quello che sto cercando di fare… e magari ci riusciamo pure!!!
Complimenti d. Mauro per il nuovo libro… il titolo mi suona curioso e mi ricorda Abele…
Adesso penso di avervi tediato abbastanza! Notte!
Polifemo…E’ difficile dire come reagirei. Probabilmente come Rosa, almeno all’inizio. Perchè vedi, sentirsi tradite fisicamente o moralmente ( ma per una donna il tradimento comunque sia coinvolge tutte le sue dimensioni fisiche ed emotive ed è una cosa grande da perdonare):”E’ un dolore atroce, non ce n’è di più forti, almeno credo, di quello che provi quando la persona a cui hai affidato la tua vita ti pugnala con precisione. Non c’è scusante, non c’è un appiglio e precipiti nel vuoto totale. dici bene: ascoltare, comprendere, perdonare. si quella sarebbe la via.
Ma in quei casi è la tua vita che precipita, sei tu che muori e il senso del tuo essere sparisce. non sai più nulla, nemmeno le domande semplici hanno risposta: “io chi sono” e non sai nemmeno più “tu chi sei?” è il vuoto.
Se si ama davvero, perdonare è un casino! vuol dire cercare se stessi tra quello che resta, ritrovarsi, mettersi insieme pian piano, risalire con le unghie e poi cercare di donarsi di nuovo. con la forza che si ha e per come si è. e si è diversi. ” ( cito sciagurata).
Io sto vivendo una sofferenza diversa nel mio matrimonio: niente tradimenti fisici, ma nonostante ciò mi sento tanto sola, ferita, delusa…Ho urlato, ho sbattuto le porte, sono tornata e ho soffocato il dolore in una cupa rassegnazione. Mi sono rialzata, sono ricaduta…Nonostante ciò, sono ancora qui a casa con lui…ma ti assicuro dentro di me ci sono “i morti e i feriti”: i miei sentimenti e tanta paura. E non so se ce la faccio ad affrontare tutto questo ancora ( forse per questo Rosa se ne è andata…Non ce la faceva ad affrontare il dolore…). Non solo per le sofferenza che mi ha dato lui ma perchè sono consapevole ORA della mia personale fragilità, di quanto poco IO sia stata fedele alle promesse dell’altare. Essenzialmente non ho reagito come Rosa perchè non so come reagire!!! Anche perchè “io non so chi sono” e non solo perchè ho perso le coordinate del mio matrimonio e mi sento ferita da lui, ma anche perchè insieme a questo dolore è venuto anche un incontro nuovo, imprevisto e imprevedibile con la Fede…
(Continua)Che casino!. E quando lui mi chiede di riprovare insieme….Io non ho la minima idea di COME fare Polifemo per realizzare una cosa VERA, VERA, VERA…Per costruirla davvero la piccola Chiesa Domestica. Per innalzarla a 4000 metri ‘sta casa sulla roccia… Non solo per i problemi con lui, ma anche perchè mi sento tanto piccola e impreparata per un Progetto così Grande. Ma come faccio se non so niente ancora del MATRIMONIO VERO (cristiano perchè sono credente)? Perdonare??? ma se io sto da poco cominciando a sperimentare la gioia immensa di essere Perdonata! E di perdonarmi… Io so solo che nel bel mezzo di una crisi matrimoniale profonda… Mi sono anche “innamorata” di Gesù! Ha un senso? Forse… Sto vivendo giornate e “momenti” impensabili fino a qualche mese fa: per esempio oggi è la prima volta che digiuno per il mercoledì delle ceneri: fino a poco tempo fa avrei bollato il tutto come una formalità un pò bigotta. E invece eccomi qui, con una fame da lupi… Non perchè è precetto, ma perchè voglio farGli spazio. Una piccola attezione tutta per Dio. L’Amore nei particolari. “Ma questa qui chi è”??? Mi chiedo io stupefatta di me stessa? Non mi riconosco più. Sento la “giustizia” di nuovi valori che affiorano da chissà quale parte sopita della mia coscienza…. E non ho idea di “come metterli in pratica”. Intuisco la bellezza di certe verità mai prima sperimentate ma…Non le saprei spiegare, NON LE SO SPIEGARE NEPPURE A ME. Nondimeno vorrei viverLe (anche nel matrimonio, anche nel mio matrimonio tanto in crisi) perchè quelle verità sono il richiamo Imperioso di Gesù che io ho sempre cercato, ho sempre amato forse, ma mai come ora si fa sentire sempre e mi tiene tesa e non lascia mai questo mio cuore di carne…fonte di rivelazione, sì, ma anche di dolore, speranza! E’ come se mi avessero tolto la benda dagli occhi dopo una lunga cecità: avverto la bellezza dei colori ma è tutto confuso…Mi sembro come una che ha appena messo l’apparecchio e non si capisce quando parla… Ecco. Questo passa per la testa ad una donna ferita (e che nel mio caso sta anche vivendo un cambiamento nella fede).Non so se ti ho risposto….ma l’ho fatto “de core”. Ciao Polifemo.
stavo pensando al tizio della mail da cui è iniziata la discussione. E al confronto con Ester. Boh, forse perchè Ester è donna e solidarizzo, ma a me pare che ci sia un abisso tra i due. Quello che si lamenta di non piacere agli altri e trova una a cui piace e non racconta nulla a casa ma finge di essere felice quando invece dentro è lacerato. Lei invece che pure si innamora, parte da questa storia per mettersi in discussione, mettersi in crisi e capire di più se stessa. Inoltre nei confronti delle sue coinquiline (sorelle non va bene? Come dobbiamo chiamarle, Ester?) mostra comprensione e quasi rispetto per il fatto che non sarebbero in grado di comprenderla. Forse sbaglio, ma io ci trovo affetto da parte di ester nei loro confronti… un affetto che non è amicizia (se fossero amiche lei racconterebbe) ma non è la paura del giudizio che invece si legge tra le righe della mail del tizio.
Polifè ti ho detto come reagirei. Ma non come mi sentirei. Mi sentirei una merda, una caccola spiaccicata, una moglie inutile e sbagliata, se mio marito mi raccontasse di avermi tradito.
E’ una cosa grave, Polifè. Non è una sciocchezza la cazzata che hai fatto. Anche se per vuoi maschi non vuol die nulla. Ma mi sto addormentando sulla tastier, magari ne riparliamo domai:
Io sono MM.!! MN non sono io!! MN cambia nick che sennò ci confondono! Grazie!
Polifemo io mi sarei incazzata a morte..e mi sarei sentita come ha descritto fefral! E’ una cosa grave, sì ma io non penso che per voi maschi non voglia dire nulla..cioè per lo meno per un uomo sposato che ama sua moglie, come te. Però io non avrei mandato tutto all’aria!Soprattutto col pupo di mezzo! Ma sicuro è una strada ardua quella del perdono..una mia amica sposata mi ha detto che per noi donne è più facile convivere con un marito che ci picchia piuttosto che condividere il letto con uno che c’ha messo le corna, perchè il tradimento fisico è dolorosissimo. Però io avrei provato a perdonarti, a ricostruire..certo è difficile poi non cadere nel sospetto continuo, perchè..”se l’ha fatto una volta, può anche rifarlo..”
Comunque sì ne riparliamo domani..devo anche rispondere a Sciagurata, ma che fine ha fatto??
MM,mi dispiace aver creato confusione!Il mio, era un nick ragionato,significava -Molti No-che è quello che sto vivendo,ma vedo di cambiare nick e se riesco,anche vita;dicono che i no,i paletti,e simili aiutano a crescere,ma io ne sento solo l’amaro,vabbè,ciao.
Ciao M & M’s
Sto lottando con la recessione ma arriverò.. Ora riesco a malapena a leggere..
Ciao Molti No.
Tocchi un tema bello. Da fuori molti no, da dentro troppi si.
Io lo vedo come un punto di crescita della libertà: riuscire a dirsi più no e a trasmettere agli altri molti si.
certo, io sono d’accordo, infatti dico che questo discorso è sbagliato. Però è appunto quello che si fa tante volte. e va aldilà dell’istituzione, no?
Io ho parlato anche del mio caso specifico, lo so che è ostico e non c’entra niente con mogli tradite, celibi innamorati etc. , ma per me è stato illuminante :)Diciamo che capisco bene il pupetto di Polifemo :)
Polifemo non so se ti interessa, io ho vissuto la tua storia dalla parte del pupetto.
se vuoi sapere come l’ho vissuta te la racconto, però io ero più grande quando è successo, di anni ne avevo 13. Io amo tantissimo i miei genitori, ma devo dire che ci ho messo anni per perdonarli, e tante cose fanno ancora molto male.
Un abbraccio, guarda, se vale qualcosa di’ a tua moglie Rosa che lei si può sentire uno schifo, ma non ha idea di come si sentirà il suo pupetto fra qualche anno, perciò che ci pensi bene.
La sua dignità di donna è una cosa che tu hai calpestato, ma siccome il pupetto esiste, forse adesso è lui la cosa prioritaria. persino nella separazione, se ci doveste arrivare, mi raccomando…posso dare consigli fondati :)
Ester e Polifemo siete, forse, caduti nella stessa illusione: credere di farcela senza chi vi è accanto; credere di essere forti e pazienti verso chi vi era accanto; credere che potevate far tacere le richieste del vostro cuore di carne..
Polifemo, forse, tornando a casa, prima della parentesi yamamay, avrà trovato Rosa alle prese col pupo, poco sexy e seduttiva; molto moglie e mamma e poco amante. E Polifemo, da uomo saggio, avrà pensato che poteva vivere bene con una moglie/mamma e che il tempo della Rosa/amante era finito il giorno del matrimonio. In fondo, pure don Mauro, se capisco bene Come Gesù, ha una visione di moglie e marito “saggi” (prima si innamorano, batte il cuore, poi, se sei fortunata, … amici; che tristezza!!).
E invece questa è la vera cazz… (ci sta bene ma proprio non ce la faccio a scriverlo!!!).
Polifemo aveva bisogno di una amante!!! … e Rosa poteva essere la sua amante più divertente ma … lei, immagino, era distratta dal pupo.
E perchè Polifemo non lo hai detto questo a Rosa prima della parentesi yamamay? Perché non le hai detto: Rosa, cara, molla il pupo e regaliamoci 2 ore da amanti! a mirar le stelle, mano nella mano!!! Quello era il momento per parlare, per soddisfare le richieste del tuo cuore di carne, rivelatore della tua verità di uomo.
Hai mai visto al bar? Se un uomo e una donna o parlano gesticolando di figli, di bollette, di progetti di lavoro: sono moglie e marito. Se due invece si guardano negli occhi, si sfiorano la mano, lei tiratissima, lui che si dà un tono .. sono o saranno presto amanti.
Se tua moglie è la tua amante, il tuo cuore non te ne chiederà un’altra, perché sarà già sazio d’amore. Se invece ci sono buchi nel tuo cuore, nei tuoi bisogni di relazioni vere, profonde, e non ti fai capire da chi ti sta accanto, non gli spieghi cosa ti manca per essere felice, allora si crea lo spazio, nel tuo cuore, perché altre persone entrino nel tuo cuore.
Polifemo, a questo punto parla, parla con Rosa e molla il pupo!!!
Lidia rispondi con assoluta libertà ma se ti va di raccontarcelo e pensi che possa essere utile per noi (anche per me sacerdote) per crescere, fallo pure. Ma con assoluta libertà.
Però, don Mauro, il senso di responsabilità è una cosa buona. Lasciando da parte il Padre della parabola, che è Dio, e che non batte ciglio non appena il figlio minore gli chiede la sua parte di eredità, vabbé voglio vedere un padre con la p minuscola che faccia la stessa cosa. Un genitore è preoccupato perché il figlio sbaglia, e fa bene ad esserlo. Un professore è preoccupato se uno studente non capisce niente, e fa bene ad esserlo. Un fariseo è preoccupato se c’è uno che dice di essere il Figlio di Dio e… onestamente… fa molto bene ad esserlo. Negli anni di lontananza del figlio minore, quando andava a prostitute, il fratello maggiore probabilmente veniva portato ad esempio. Lui sì che è assennato, lui sì che è bravo, lui sì che… non dà problemi. I farisei ci crescono intorno silenziosamente, tra le approvazioni, il fariseo cresce in me silenziosamente. Quando il figlio maggiore ‘scoppia’ è già troppo tardi. Il problema vero è quando il senso di responsabilità non sfocia in una ricerca della verità. E’ troppo lungo, troppo difficile, fa troppa paura, si è troppo superbi. Anzi, non si vuole proprio pensare a sé stessi perché…. ‘perché il senso di responsabilità mi porta ad occuparmi degli altri’. Andiamo bene. Allora diventa molto più semplice agire per rimuovere il problema, ma non per risolverlo, per eliminarlo. Se il figlio sbaglia, perché il genitore non si chiede dove ha sbagliato lui genitore, perché non si chiede, e chiede ad altri, cosa può cambiare in sé stesso? Il professore perché non mette in discussione i suoi metodi didattici? Insomma, perché i farisei non rinascono di nuovo?
Paola, scusa ma secondo me sei andata oltre. Non sappiamo se Rosa era sexy o con le mani che puzzavano di cipolla. Polifemo ha fatto una cazzata. Perchè l’ha fatta può dircelo solo lui
@Lyxos “Insomma, perché i farisei non rinascono di nuovo?”
Il problema è quando i farisei sono convinti di agire in nome e per conto di Dio.
E’ più facile che un genitore si metta in discussione rispetto a un superiore di un’istituzione religiosa. Perchè un genitore difficilmente si mette in testa di conoscere la volontà di Dio per i propri figli.
@don Mauro ” Ma tu come puoi sapere quale sia la volontà di Dio nel suo caso?” A me una volta è stato detto “ho visto che questa è la volontà di Dio per te”. Mi chiedo ancora se quella volta è apparso l’arcangelo o chissà cosa! Sono d’accordo con Lyxos e quello che scriveva nel suo penultimo commento: è un problema di umiltà
Fefral, ero sicura che mi avresti risposto così!!!
Ma non sono andata oltre. Sono andata dentro il problema di ogni coppia, da Adamo e Eva in poi.
E’ tutta fantasia sui personaggi, ovvio. Polifemo e Rosa non li conosco.
Ma è il problema di ogni coppia. Non sei d’accordo?
Ora torno al lavoro ma appena mi libero ritorno …
può essere, poi chissà…la storia del marito traditore perché la moglie è poco amante è sicuramente vera in molti casi, sicuramente falsa in molti altri, e siccome Polifemo e Rosa sono due persone reali direi di non usare i loro nomi, perché io al posto loro mi arrabbierei.
Non vorrei raccontare troppo perché in fondo non sono l’unica persona coinvolta, posso dire a Polifemo: guarda, i figli soffrono innanzi tutto per la mancanza di uno dei due genitori ma soprattutto per il disaccordo fra i due. Soffrono a vedere che i genitori accusano l’altro, soprattutto. del resto dire a te queste cose è inutile, piuttosto a tua moglie.
Comunque, se una donna non deve mai dimenticare di essere prima moglie che madre, e un padre di essere prima marito e poi padre, come coppia non si devono mai dimenticare di essere prima genitori che coppia.
Quello che dice Paola è vero, fa bene “mollare i figli per un po’” ed essere amanti, ma senza dimenticare che sono, appunto, prima di tutto, genitori.
Non bisogna mai dimenticare che l’amore per il coniuge è, per il figlio, parte dell’amore che il genitore ha per lui. Coem dire: polifemo la cavolata l’ha fatta non solo contro Rosa ma contro il pupetto pure; idem Rosa, lasciando Polifemo.
Vabbè, adesso basta, sono reduce da un’ora e mezza di Matrix sul tema padri separati e non ne posso più.
mq Polifè: il tuo pupetto mo’ soffre. Dillo a Rosa, cercate di capire che NON è uguale che lo amiate tanto a distanza.
mq, se rosa proprio con te non ci vuole tornare…almeno che andiate d’accordo. perdonare è un casino, ma purtroppo va fatto – tu Polifemo mostrati pentito e speriamo che la situazione si sistemi. E cmq non stare a tormentarti, ormai ceh devi fare…adesso pensa al pupetto, e, anche se non puoi fare di più, cerca di farlgi sempre sempre sempre sentire che tu, a Rosa, LE VUOI BENE. PArlargli bene di lei, etc. Guarda, fa tanto a un figlio…qui aprlo per esperienza personale. Sentire un genitore che prla bene dell’altro fa davvero bene.
sarà anche il problema di ogni coppia. Ma mi sembra abbastanza banale e pure un po’ maschilista dire che lui cornifica lei perchè lei è troppo distratta dal pupo. L’ho sentita troppe volte, soprattutto da parte di persone che non hanno idea di come gira un matrimonio, di cosa succede ad una donna dopo che fa un figlio, o due, o tre.
Prima di dire la mia, vorrei ricordare a tutti di NON USARE l’opzione “rispondi” per lunghi interventi ma solo con frasi di poche parole. I commenti sono molto e non è possibile risalire troppo in alto. Io – con tutto che blogger mi manda i commenti di ciascuno via mail – mi sono accorto di Lyxos solo ora.
Ecco le mie tre cosette.
MN. scusa ma quello che hai scritto di Ester mi sembra molto forte: “…. Ester,tu scrivi che davanti all’innamoramento,ti sei posta la più importante domanda del vangelo-Chi è Lui per me? …
Parole sacrosante, adatte penso a molti di noi che leggiamo il blog, ma piuttosto incomprensibili nel tuo caso ecc. ecc.”…. ma perché mai? ma perché? ma perché gettiamo addosso ai celibi il compito di essere perfetti? ma perché mai l’idea di Dio che ha un celibe deve essere più alta e migliore di quella di una persona che si sposa? Guardate che il problema dell’idealizzazione è molto grave: è da lì che nascono tragedie come il marxismo e il nazismo. Vedo dietro questa impostazione il pericolo di confondere santità e eroismo. Anche se nelle cause di beatificazione si parla di “virtù eroiche” non centra nulla con la nostra idea di eroicità. MN. Ester è tale e quale a te. Lei ha corso il rischio di idealizzare la sua istituzione come tu hai fatto con tuo marito (non so sei maschio o femmina, o sposato o celibe). Sai quanti matrimoni saltano perché si dice “tu non sei l’uomo che io ho sposato!”?? Siamo tutti uguali. Tutti uguali. Tutti un po’ buoni e un po’ cattivi, un po’ sani e un po’ malti, un poò profumati e un po’ puzzolenti.
Scusa MN….
Paola, a proposito di essere amanti e di quello che si vede al bar ti racconto questa. Io, dal 1980 al 1986 abitavo a Genova e andavo a correre sul lungo mare, Corso Italia si chiama. Il lungo mare di Genova è uguale a tutti e cioè ha spesso coppiette che profittano dello fondale romantico per effondersi il loro amore, niente di strano. Però il lngo mare di Genova ha di particolare – soprattutto d’inverno – che ci sono anche molte coppie di anziani, milanesi che cercano un clima più mite. Per cui mentre correvo alternavo la vista di coppiette avvinghiate a quella di coppie sedute sulla panchina verso il mare, a un buon metro di distanza l’uno dall’altro (le panchine di corso Italia sono belle ampie) con l’uomo che legge il giornale e la donna che sferruzza la maglia (ti parlo di trent’anni fa, e le coppie di allora avevano allora settant’anni). Se il vecchio del giornale si fosse avvicinato alla sua vecchia (come avviene in certi patetici film di adesso) brancolando un comportamento come quello della coppetta che stava dieci metri più in là si sarebbe sentito dire: “ma non vedo che ti sto facendo la maglia?”. Con questo non voglio dire che non ci debbano essere tra due persone sposate o avviate al matrimonio anche manifestazioni di affetto di tipo sessuale ma è chiaro che la manifestazione serve per manifestare qualcosa che manifesto non è. Mi ricordo una scena di pochi anni fa tra mio papà e mia mamma (ora entrambi morti) in cui avevano appena comprato il cellulare e mio padre si divertiva a mandare a mia mamma sms che dicevano “ti amo”. E mia mamma metteva gli occhiali, cercava di capire come aprirlo, e poi si mettevano tutti e due a ridere come matti…
Lyxos.
Rispondo alla tua obiezione sul senso di responsabilità con questa storiella che racconto spesso nelle meditazioni.
“Immaginate – dico – che io stia nella mia stanza e d’un tratto sento bussare. Vado alla porta, apro, e trovo davanti a me un signore con in testa un berretto da Napoleone. Mi dice: “lei è don Mauro il famoso direttore spirituale?” – tipico atteggiamento manipolativo dei matti e delle persone deboli. “E’ lei è… Napoleone?” chiedo. “Sì!”. “Il francese?”. “Certo” mi risponde. Io gli dico: “Prego entri” e dentro di me dico, odio un matto. E adesso come faccio? Ci sediamo e lui mi dice: “vede io ho bisogno che lei mi insegni a pregare perché io ho poca fede. Sono andato da molti sacerdoti ma nessuno mi aiuta. Solo lei mi può aiutare.” “Mi dica” rispondo non sapendo che pesci pigliare. “Perché dice che non ha fede?”. “Vede io prego prego ma sono tormentato dall’angoscia. Perché siamo a novembre, io ho le mie truppe francesi che stanno attaccando la Russia ma io non sono tranquillo. Mi dico: ce la faranno? non ce la faranno? arriveranno a Mosca o prima arriverà l’inverno?”. A questo punto io potrei fare due cose. La prima, per togliermelo dai piedi senza aiutarlo, potrei dirgli: “Caro Signore faccia così: prenda il vangelo di san Matteo, capitolo 6: i gigli dei campi e gli uccelli del cielo. Lo legga e lo rilegga ma… non deve dubitare. Deve sentirsi proprio sicuro del fatto che Dio la tratta così. Lo faccia e vedrà”. Probabilmente il signore mi sorriderà, si alzerà e se ne andrà, e io avrò modo di dire alla mia segretaria di non farlo più entrare (io non ho una segretaria, ma nel racconto ci sta bene). Oppure posso aiutarlo davvero e dirgli: “Guardi caro signore è molto facile non avere più nessuna ansia per le sue truppe francesi perché… lei non ha nessuna truppa francese!! Lei non è Napoleone!!!”. E’ chiaro che in questo secondo caso rischierei un sacco di botte. Per cui, a volte, invece di fare la seconda cosa, faccio la prima.
Però sul blog voglio dire la verità.
Noi non siamo Napoleone. Rilassiamoci.
Paola mi è rimasto l’amaro in bocca e ho paura di avere esagerato nel risponderti. Capisco quello che vuoi dire, e quando alludi a me immagino che ti riferisca al capitolo di Come Gesù “l’innamoramento non è amore”. Ho ricevuto diverse critiche per quel capitolo. Una che le riassume tutte dice: non doveva dire “innamoramento” doveva dire “infatuazione”. “Si – ho risposto – come se avvenisse che quando un marito lascia una moglie per un’altra donna dica: ‘cara me ne vado: mi sono infatuato di un’altra donna’!”. Ovviamente dice “mi sono innamorato”, e per quello ho usato il termine “innamoramento” e ho scritto “l’innamoramento non è amore”. Anche se capisco quello che intendi quando auspichi che l’amore tra un marito e una moglie abbia anche, sempre, la forza e la freschezza dell’innamoramento. Lo capisco e sono d’accordo. E credo che siano anche molto molto importanti i gesti a carattere sessuale, e sia bello che i due si prendano del tempo per loro due, e vadano anche a fare le vacanze assieme. Rimane che…
Don Mauro, “Rimane che” … Sua mamma era una superdonna se il marito le mandava l’sms con ti amo anche dopo anni di matrimonio!!! Lui è riuscita a farla “ridere come matti”: meraviglioso! E con due genitori così, caro don Mauro, non ha ancora chiaro che l’amore coniugale o tiene vivissimo l’innamoramento e si spegne tutto???
Non volevo innervosirti Fefral, nè offendere te, Polifemo o tua moglie Rosa. Volevo solo rispondere a te Polifemo: avresti dovuto, prima della yamamay adventure, parlare con Rosa e capire dove stava andando il vostro matrimonio (che era già in crisi prima della yamamay adventure). I
l tradimento non è l’inizio della crisi, ma la fine della crisi. Infatti Polifemo tu tradisci e capisci. Capisci che vuoi Rosa. Ora è l’unica amante che desideri (da quanto capisco leggendo i tuoi interventi).
Detto questo magari è l’opposto; magari Rosa è supersexy, ma non cucina mai la pasta con le cipolle, e invece tu Polifemo entrando in quell’appartamento hai sentito il profumo di cipolle che gli ha dato alla testa! Le logiche di coppia sono uniche. Alcune mogli amano la pancetta del marito perché così si sentono rilassate e al sicuro; io, invece, obbligo mio marito ad andare in palestra perché mi piacciono gli uomini con i muscoli.
Allora per dare un senso a questo blog, per dire come dice la mia tata ai bimbi che litigano (it takes two to tango: si balla il tango in due; si litiga in due) per continuare a credere e sperare e a urlare al mondo che basta risentimenti, basta pessimismi; che si può essere felici nel matrimonio, perché se non si è felici nel matrimonio si è sbagliato tutto nella vita, allora io penso che ci dobbiamo dire che l’uomo può e deve chieder cosa vuole dalla donna; e la donna deve dire al marito cosa si aspetta dal suo matrimonio, cosa le manca per essere davvero felice.
Perché tu Fefral hai 3 figli, io più di te, qualcun’altra nel blog 1 o 7. Ma tu ed io, e loro che leggono, siamo – o dovremmo essere – prima di mamme isteriche che accompagnano i figli alle varie attività, o che passano da un impegno di lavoro ad un altro, delle donne che, anche con l’aiuto del marito, sanno mantenere la loro femminilità, bellezza; che sanno accogliere, proprio come fanno gli amanti, il loro uomo.
E non sono maschilista; tutt’altro.
Paola, non mi piace tutto questo chiedere e avere bisogno. Nel matrimonio o si impara ad amarsi davvero o finisce a puttane. Tutte le cose che racconti (la pancetta, la palestra, la cenetta romantica, il week end senza pupi) sono come il sale nella minestra. Danno sapore, ma se non c’è la minestra non servono a nulla. Se la moglie si sa amata con le mani che sanno di cipolla avrà anche voglia di farsi bella per far felice il marito. Ma se il marito le dice che ha bisogno che lei sia sexy altrimenti lui guarda le bionde di 20 più giovani lei si sentirà trattata come un oggetto (e avrebbe ragione)
Ripeto, Paola, questo modo di impostare il ragionamento l’ho sentito fare troppe volte e secondo me è bacato all’origine e un po’ svilente se prima non ci si chiarisce su cosa è il matrimonio e l’essersi donati all’altro per tutta la vita.
Anche la storia di mollare il pupo. Prima di tutto bisogna imparare ad amarsi col pupo di mezzo. Il marito deve amare anche la mamma che sua moglie è diventata. E la moglie deve amare anche il padre che il marito è diventato. Poi ci può (e ci deve) stare ogni tanto anche di mollare i ragazzini per stare un po’ da soli.
Le mamme isteriche in questo discorso non c’entrano nulla
io sono dßaccordo quando Paola dice che le donne devono saper dire cosa manca loro, e gli uomini anche, se penso ai miei genitori il loro era un problema di comunicazione, si fossero parlati prima con serenità (forse) non si sarebbero lasciati. Cmq starei attenta a dire “se uno non è felice nel matrimonio ha sbagliato tutto nella vita”: ci sono così tanti e tanti casi…però il senso lo capisco, indubbiamente la felcità è un indicatore importante.
Due anni fa mio nonno è morto dopo un mese di sentro-fuori dall’ospedale, e quando è tornato a casa dopo uno dei soggiorno in ospedale quando ha visto mia nonna ha detto “Tesoro!” ed era davvero felice (lui aveva 93 anni mia nonna 86). è stato davvero commovente e bello.
Certo Fefral che se hai una minestra pazzesca e … poi ti dimentichi il sale … devi buttare tutto!
Ma hai ragione anche tu; se non c’è la minestra … che ci si fa col sale?
No tranquilla non sei maschilista.. Mi spiace per tuo marito. Non tanto perché tu lo obblighi ad andare in palestra.. Ma perché da come è scritta sembra che lui ci vada! :-)
Nsomma volete tutte che torno con Rosa, però nessuno de voi quello c’ha fatto Rosa lo farebbe. Incazzate dure però poi me riprendete. Nun so. Però certe cose me le state a fa capì. Primo che nun è vero che la storia del solo sesso è vera. D’artra parte cuanno ch’eravamo pischelli co Rosa io ce provavo e lei me menava. Certi ceffoni. Rosa nun l’ha mai accettata sta storia che tanto è solo corpo. Nun l’ha mai capita. E io manco, a dì la verità. C’ha ragione Ester: “Prima o poi avrei voluto saperlo”. Prima o poi. Non subbito, come che ho fatto io. Ho capito che io ho voluto liberamme subito de la cazzata pe no ‘sta male. Rosa ho sporcato, e lei puliva. Io c’avevo ‘n amico che me faceva sempre arrabbià e poi diceva: scusa, scusa. Io lo scusavo, ma na bella vorta jo detto: e no mò basta! Prima cambi e poi me chiedi scusa. Nun l’ho più visto. Forse era un periodo che io de cazzate ne facevo tante, co’ Rosa. Piccole ma tante. Peché tanto ce stava sempre Rosa a rimedià a tutto. Mentre ve leggevo me so’ tornate in mente du cose. Una de na vorta che Rosa s’è proprio incazzata peché so passato co le scarpe sur pavimento c’aveva appena lavato. N’artra poi ch’è peggio. Tovaia bianca, pulita, inmacolata. Arrivano i maccheroni cor sugo e io ne faccio cadé subito tre cor pomidoro. Quella vorta nun ha urlato. E’ stata zitta e se né annata. Pe’ un po’ nun l’ho vista. Seconno me l’era scesa na lacrima e nun se voleva de fa vedé. Però io mica ho magnato. Aspettavo. Sì. Nun dovevo dì gnente e sofrì un po’. Per imparà.
@Paola “Ma tu ed io, e loro che leggono, siamo – o dovremmo essere – prima di mamme isteriche che accompagnano i figli alle varie attività, o che passano da un impegno di lavoro ad un altro, delle donne che, anche con l’aiuto del marito, sanno mantenere la loro femminilità, bellezza; che sanno accogliere, proprio come fanno gli amanti, il loro uomo.”
rileggendoti ho l’impressione che parliamo due lingue diverse.
Quella che la moglie deve farsi sexy perchè così il marito non si cerca la figa fuori è una stronzata: conosco bellissime mogli con più corna delle renne di polifemo. Tutti casi di troppo sale in un piatto senza minestra.
Non sto dicendo che una debba farsi trovare con i vestiti unti di frittura e i capelli color prugna con mezzo centimetro di ricrescita, ma, per dire, se mio marito arriva a casa e mi trova a giocare coi bambini (capita non più di due volte l’anno, tranquilli) so per certo che è più felice che se mi faccio trovare con indosso solo gli ultimi acquisti di yamamay e le luci soffuse.
Off topic: come riesci ad andare in palestra con un marito, più di tre figli e un lavoro? Magari sei pure di quelle che vanno a messa tutti i giorni? (non ricordo se hai scritto nella pagina della giornata tipo!
eh, Polifè, c’hai ragione. La storia del solo sesso non è vera. Anche se voi maschi ‘sta cosa la usate spesso come scusa con voi stessi e pure con le donne. Una scopata non è mai solo una scopata. Una donna lo sa (anche se poi magari non lo dice). Un uomo spesso non lo sa. E magari ci crede davvero che è solo sesso. Ma non è così. Non è così mai, anche se davvero non c’è nient’altro, nessun coinvolgimento sentimentale, niente di niente. Anche se succede una volta sola. Anche se non c’è una moglie che stai tradendo ma semplicemente ti stai semplicemente togliendo una voglia con una che ci sta.
Per questo, polifè, io non so se ti riprenderei.
Però non ti preoccupare, io non sono un granchè buona eh! Lo vedi, le altre dicono tutte che poi ti perdonano. Quindi forse anche Rosa lo farà.
scusa polifemo, ma ora rosa sta sola o sta con un alto uomo?
(puoi anche non rispondere, se la domanda è indiscreta)
Lo chiedo perchè la mia esperienza è che il coniuge che butta fuori di casa l’altro coniuge non rimane a lungo solo.. e questo è un casino per riuscire a ritrovarsi o cercare di riavvicinarsi.
Fefral, non ho una giornata tipo ma ho un tipo di giornata in cui mi sorprendo a scoprire quando Dio mi ama! E vivo il dono dell’altro, di quelli che incontro, marito figli o colleghi, anche in palestra (oggi andrò in piscina ma … non ti scandalizzare). Penso che ogni giornata sia un’occasione per rendere il mondo un po’ più bello. E mi chiedo come posso portare luce e bellezza nella vita degli altri, di mio marito in modo particolare. Bellezza che certo non è lo yamamay style che abbiamo tanto stigmatizzato.
Ma senza il mio Gesù, perderei allegria e buonumore …
Sarò off line per tre settimane ma … vi penso!
Don Mauro, apriamo un blog sulla donna, custode della bellezza nel mondo?
non mi scandalizzo, la mia domanda era dettata da vera curiosità. Il multitasking non mi regala il dono dell’ubiquità e se posso scrivere nel blog mentre preparo la cena e ascolto mia figlia che ripete storia, oppure mentre spulcio le notizie appena arrivo in ufficio e parlo al telefono col capo, non posso contemporaneamente andare in palestra o in chiesa ed essere a casa o in ufficio o al supermercato. La mia giornata è di 24 ore e ne uso circa 6 per dormire, le altre 18 sono già parecchio inzeppate di impegni e persone.
Beata te che riesci a far tutto ed essere pure di buon umore!
calpestare la dignità di donna!
&çà$%???? :-)
ho digitato su google:
“donna, custode della bellezza” ma non è uscito nulla oltre a siti di estetiste e la photogallery di un certo mario custode della bellezza delle mummie.
Se si fa una ricerca per immagini invece la cosa si fa più interessante..
Ma questa della custode quando l’hai inventata? dopo il gin tonic?
comunque se vai off line per tre settimane ti aspetteremo per approfondire..
Ma la tata viene via con te o rimane in piscina?
bon voyage: ti penserò tanto anche io…
Lidia è brava, voleva dire che l’ha cornificata ma non voleva offendere le renne. Lei sì che è buona come la pizza ;-)
ragà volevo condividere con voi che pure questo mese non sono incinta! Lo so che alla maggior parte non gliene frega niente, ma forse qualcuna può capire perchè il mio umore è decisamente migliore di ieri :-)
ecco perchè eri così puntigliosa negli ultimi giorni. Vedi di segnarti la data sul calendario sennò tra un mese sei di nuovo qui a scassare le palle a Paola.
(che sarà appena rientrata dalle dolomiti)
tre settimane sulle dolomiti? Naaaaaa…. secondo me va alle maldive
a proposito di cuore di panna: vorrei un parere dalle donne presenti su come cambia il rapporto di coppia quando la moglie diventa madre.
Non parlo delle notti insonni e dei pannolini, quelle le sappiamo benissimo. Parlo della donazione. Cambia qualcosa nell’affettività della donna quando diventa madre? perchè cambia il rapporto col marito?
Paola la donna custode della bellezza nel mondo è una bellissima idea. Se vai nella zona del blog dove si parla del nostro blog (sezione 02) lo puoi scrivere. Ci mancherai per tre settimane. Ma per sul serio non smettere di leggerci.
A volte la donna scopre per la prima volta il dono di sè nella maternità. Scopre di essere importante per qualcuno solo dopo aver partorito un figlio. E’ una cosa bella, ma il rischio è che la donna dimentichi di essere prima moglie che madre e che un giorno si era impegnata a donare sé stessa per tutta la vita a suo marito.
Altre volte la donna dopo il parto, ritrovandosi profondamente cambiata teme di non essere più amata dal marito perchè non è più quella di prima. Perché è vero che non è più quella di prima. E spesso succede che il marito non riesce ad amare quella nuova donna con cui condivide il letto. Conosco mariti che non si avvicinano più alla moglie fin da quando lei si scopre incinta, e questo alla donna fa male.
Cosa succede all’uomo quando sua moglie diventa madre?
Io penso che se non c’è amore vero tra i coniugi prima dei figli difficilmente verrà fuori dopo. Viceversa se la donazione reciproca è autentica già prima allora sicuramente la nascita dei figli cambierà il rapporto, potrà anche scombussolarlo un po’, ma sarà un arricchimento anche per il rapporto di coppia
Anche io non so fare le faccette, ma ti mando forte forte un abbraccio anche se virtuale!Certo che ti capisco…E non scordo quanto mi sei stata vicina in un momento difficile, difficile!
;-) buonanotte Dory
non so, mi sembra parziale questa cosa del timore di non essere amata dal marito. Io ho visto cambiamenti sostanziali, non semplici timori, cioè i anche quelli, ma pure molto di più.
Per questo chiedevo se cambia il modo di vivere la propri donazione o la propria affettività.
La maternità è per una donna l’esperienza di amore più forte che può capitarle. Cambiamenti sostanziali ce ne sono sempre. Se siano in bene o in male dipende. Ho visto matrimoni andare in crisi dopo la nascita di un figlio. Non ho mai visto matrimoni già in crisi risolversi dopo un figlio. Quando succede così è probabilmente perché entrambi i coniugi non sono pronti ad amarsi nel cambiamento.
La donna cambia, scopre una dimensione dell’amore che non ha mai avuto modo di provare nella sua vita. Il marito in questa fase ha un ruolo importantissimo: quello di accompagnare la moglie in questa scoperta di sé come madre. E cambiare lui stesso insieme a lei, scoprendo la paternità attraverso di lei. Se questo accade è un momento di crescita pazzesca anche per il rapporto di coppia. Entrambi imparano cosa significa essere importanti per la vita di un’altra persona. Per la sua sopravvivenza (un neonato se non è amato e accudito muore). Il rischio per la donna che rimane sola in questo momento è un delirio di onnipotenza. Il pensiero che è solo lei in grado di provvedere a quel bambino. Per la donna la dimensione “è importante per te che io esista” è molto presente. Nei confronti di un figlio questo aspetto può diventare assoluto.
Io insisto molto sul ruolo del marito in questa fase della vita di una donna. Ma questa presenza non si inventa all’improvviso. Un figlio si fa insieme. Fin da prima di concepirlo. Temo molto quelle donne che dicono “voglio un figlio” indipendentemente dal marito. Il desiderio di un figlio dovrebbe nascere nella coppia e non essere solo la risposta all’orologio biologico femminile. “voglio un figlio con te” dovrebbe essere e da parte di entrambi. E allora si cambia insieme. In maniera sostanziale, ma insieme. È la coppia che cambia, è il loro amore che trova una nuova forma.
Ma probabilmente non ti ho risposto, sciagurata. Tu che cosa vuoi sapere?
Ciao don Mauro! Mi faccio di nuovo viva dopo un po’.
Qui da te vedo che le discussioni fervono sempre… Ho letto qualche commento (non ho fatto in tempo a rileggere tutto), però forse la cosa più semplice è ritornare al punto di partenza. Condivido molto tutte le citazioni con cui è iniziata questa discussione. Mi colpisce in particolare l’ultima, tratta dal tuo libro: “il cuore è una bussola infallibile, ma bisogna esercitarla prima di scopire la gioià che dà”. L’ho riletta parecchie volte, e trovo che sia molto vera, perché nella mia esperienza è così. Difficile spiegare perché, ma è proprio come scrivi tu. Io personalmente ho impiegato molti anni a fidarmi del mio cuore: avrei voluto censurare quei sentimenti che ritenevo negativi (o che la gente intorno a me riteneva “indegni”), e d’altra parte non sapevo che spazio dare a tutte le mie aspirazioni (affetti veri, soddisfazioni professionali…). Soprattutto, capire il significato dell’essere nata in una famiglia come la mia (e non per particolari problemi, ma proprio perché era la mia e non un’altra)o di avere un certo carattere… Ho impiegato tanti anni, e i lavori sono ancora in corso! Ma la fortuna è stata, da una parte, aver incontrato certi rapporti che si sono rivelati col tempo davvero eccezionali (per come hanno saputo guardare a me e tutto quel che mi riguardava), e d’altra parte avergli dato credito, aver rischiato qualcosa di me. Spesso si rischia, e ci si butta via: allora riacquistano significato alcuni dubbi che avevamo su certe nostre intuizioni, sul disagio che provavamo prima di partire. Altre volte invece i dubbi spariscono cammin facendo, e “l’uomo nero” nascosto dietro la porta si rivela appunto solo per quel che è: un’ombra insignificante.
Ma la gioia più grande, come hai scritto tu, è scoprire che il nostro cuore è un alleato, non gioca brutti scherzi. E, col tempo, rivela tutta la profondità e il valore che ha la vita. Questo per me è vero per aver incontrato persone che vivevano consapevolmnte la loro fede, ma non penso che sia diverso per altri: puntare su ciò che riconosciamo più grande di noi,e rischiare, traendone le conseguenze; e così scoprire qualcosa in più di come funziona il mondo, e per cosa batte il nostro cuore…
Monica che bello che tu sia tornata e che ci aiuti a tornare all’inizio della Discussione. Copio queste tue due frasi: “il cuore è una bussola infallibile, ma bisogna esercitarla prima di scopire la gioià che dà”; “la gioia più grande, come hai scritto tu, è scoprire che il nostro cuore è un alleato, non gioca brutti scherzi. E, col tempo, rivela tutta la profondità e il valore che ha la vita. “
Il cuore è una bussola…bellissimo! ma il problema è che il nostro è un cuore ambivalente, può ospitare le cose più nobili e le peggiori e soprattutto ha una incredibile capacità di “ondeggiamento”;credo che ,anche senza fare generalizzazioni, uomini e donne siano accomunati proprio dal cuore, inteso come quello che uno ha dentro,IL MODO DI PORSI DAVANTI ALLA VITA.
Vorrei fare solo una piccola riflessione, legata anche a particolari esperienze che sto vivendo in questi giorni;
celibi o sposati,che siamo….comunque la nostra vita ,passa,“si consuma”.
Sarà un pò triste, ma penso che il senso più vero all’agire,alla vita,si trovi paradossalmente nel porsi davanti alla morte, unico appuntamento che sicuramente non mancheremo; del resto, il momento della morte,rivela in modo impietoso per che cosa uno ha vissuto ,quali erano i tesori del suo cuore!
Se tutta la mia felicità deve essere ora e qui,se non c’è niente altro, il mio sarà un cuore da” consumatore”, nel senso di consumare esperienze,più o meno forti, consumare amori e non voler perdere nessuna occasione di tale consumo,magari anche lecito,ma spesso con un atteggiamento”onnivoro” che spinge ad ignorare gli altri e vivere da “solo”,nella ricerca di me,della mia realizzazione,fosse anche la mia perfezione professionale,morale o altro.
Se invece il mio cuore imparo ad usarlo come una bussola, che mi riorienti continuamente e pazientemente verso l’altro o verso l’Altro….allora sarò sempre un consumatore della vita!!
,ma nel bellissimo significato di “esperienza vissuta sino in fondo”(come quando si dice che il matrimonio E’ CONSUMATO)
o esperienza vissuta per gli altri,(figli o amici dei celibi che siano)(come quando un sacrificio è consumato),perchè a ben vedere, l’amore che tutti cerchiamo,come salvezza e gioia per il nostro cuore,almeno in questa vita, non è tanto o soltanto qualcosa che splende,ma soprattutto qualcosa che “consuma”.
Beh, Polifemo, non è detto che la ficchi nella moquet dei vicini, perchè potrebbe ficcarla pure nel tuo cardigan appena acquistato! Scherzi a parte, mi dispiace tanto per questa situazione di cui parli, non ne sapevo nulla e avrei continuato a ignorarla se don Mauro non mi avesse dato un paio di dritte! Ma la tua donna è una irremovibile e che non ama neanche lasciar parlare o è una che se ti metti d’impegno, magari anche per tanti giorni di seguito, poi riesci a convincerla ad ascoltarti? Magari potremmo studiare tutti come porgere gli argomenti per farle capire che tuo figlio ha diritto di crescere con suo padre!
Vincenzo, ti consiglio di mettere qui in fondo la tua “risposta” a quella di Polifemo. Lì sopra è impossibile che la vada a vedere….
Grazie!
Ah Polifemo, famme ‘n piacere! Sfidamo don Mauro (sennò se po convince che lui no’ sbaja mai!): Vatte a guarda’ ‘n po’ e cose c’hai scritto all’inizio de ‘sto forum che c’è ‘na risposta pure pe’te (che me dici? tre anni d’ Università a Roma me so serviti a quarcosa?)
Ti è capitato mai di sentire l’animo pervaso dall’Amore di tutto il creato? Ti è capitato mai di sentire che il tuo cuore volesse restituire anche solo un milionesimo di quel Bene? E poi con lo stesso tuo cuore, così fragile, ti sei guardato mai? Ti sei domandato come sia possibile mai ospitare un Bene così nel soffio di vento che è la tua vita? E stupirti nel pensare di volerne restituire anche anche una piccolissima parte a chi ti è accanto, tu così piccolo, così imperfetto? L’Immenso a volte schiude le sue porte se noi gli apriamo il cuore. E proprio la nostra piccolezza fa sì che questi attimi in cui sembra quasi di poter parlare con L’Eternità siano il più grande dei Miracoli: un segno invisibile, nascosto magari nell’azione più quotidiana, mentre guardi fuori dalla finestra o ascolti una canzone, mentre pulisci casa o parli con collega nella pausa caffè. Ma è in quell’attimo che il cuore si solleva come un’aquila sulle montagne e “parla” con l’Immenso mistero della nostalgia dell’Infinito che ospita, in fondo, io lo credo, ogni nostro battito ogni nostro passo.
@ Lisander proprio stasera parlavo con una persona molto speciale (credo che pochi possono capire ciò che hai detto, nel senso che bisogna provarlo) e dicevo in qualche modo il mio stupore nell’affermare questo amore dentro che scoppia e che senti di donare all’autore della tua gioia, attraverso gli altri. Tante volte ringrazio il Signore perchè sa dosare anche questa fuoco d’amore altrimenti non sarei capace di contenerlo rimanendo viva. Un cuore tanto fragile e ricco di cerotti ma miracolosamente vivo. Grazie in comunione d’amore….