Corriere della Sera – Don Mauro Leonardi: «Non demonizzare i social: non solo rischi ma anche bellezza e verità»
Da un prete con 3 milioni di «Mi piace» una bussola per i nuovi media, specie per ragazzi e adolescenti. Il colloquio con Ester Palma su Instagram del «Corriere Roma» di Ester Palma
«La domanda che mi viene rivolta più frequentemente dagli utenti di TikTok – in gergo creators – è: “Che ci fa un prete qui?” e io, con un po d’ironia, rispondo: “Come si può essere prete e non essere qui?”». «Usare i social e restare liberi» è l’invito di Mauro Leonardi, prete ed educatore, creator di grande successo sui social: per dire, su TikTok ha superato i 3 milioni di «mi piace», il suo blog (mauroleonardi.it) è collegato a una pagina Facebook che ha oltre 150mila seguaci, una pagina Facebook personale con altri 40mila follower, una pagina Instagram con oltre 13 mila follower.
Ma il grande successo lo ha ottenuto con i suoi video di pochi secondi su TikTok dove parla ai giovani di vita e di fede, di sesso e di questioni ecclesiali, di libertà e creatività, di inclusione e di tolleranza. È lui il protagonista della nuova diretta Instagram del Corriere Roma, questa sera alle 19. Scrive don Mauro nell’introduzione al suo nuovo libro, «Il Vangelo secondo TikTok» (Edizioni Terra Santa): «I social sono aziende con l’obiettivo di fare business raccogliendo le nostre informazioni. Ci sono certamente dei rischi, ma nonostante tutto essi ci permettono di comunicare con il mondo e di essere creativi. E allora? Come sopravvivere agli algoritmi usandoli a nostro vantaggio? Gesù, pur di condividere la nostra vita, oltre a insegnare la strada della Croce non aveva disdegnato di ridere e ballare con noi uomini: perché io, dopo aver pubblicato diversi libri “seri” ed essermi iscritto a tanti social “seri”, non avrei dovuto fare lo stesso?».
Ci sono grandi possibilità (e anche grandi rischi, ne parleremo anche stasera) nella nostra era ipertecnologica sempre più interconnessa e le piattaforme del web hanno aperto nuove frontiere per condividere contenuti positivi, educativi e, non ultimo, anche spirituali. Spiega don Mauro, 62 anni, comasco trapiantato a Roma dal 1988, quando fu ordinato sacerdote da Giovanni Paolo II. Dal 2015 vive al centro Elis, a Casal Bruciato, dove svolge il suo lavoro pastorale: «Ogni volta che me lo chiedono, cerco di spiegare che sono un prete “normale” e tra me e me rifletto su quanto sia significativo che ancora venga percepito come “non normale” un sacerdote che, oltre a fare ciò che fanno tutti, si impegna anche nella comunicazione secondo i canoni della vita di oggi. Fino al secondo dopoguerra, il sacerdote “normale” era quello che stava in tutte le relazioni, sane o malate, del suo territorio, che in genere era quello della parrocchia, più o meno sovrapponibile al paese (o al quartiere se si era in città). Con la diffusione di massa dell’auto, del treno e in genere dei mezzi di trasporto che non fossero i piedi, la carrozza o la bicicletta, le persone iniziarono a spostarsi lontano dal luogo dove vivevano, ma il prete continuava a rimanere nelle immediate vicinanze della chiesa. Nessuno però si accorgeva del divario che si stava creando. La vita si svolgeva altrove e nessuno ci pensava. Cresceva il lamento dei buoni cattolici perché alla Messa del mattino c’erano solo gli anziani, e nessuno capiva che c’erano solo loro perché il resto delle persone era altrove».
Prosegue: «La nascita dei social ci ha improvvisamente dato la possibilità di essere ovunque, ci ha precipitato nella sfida di essere nuovamente con la nostra gente, ma questa semplice realtà è ancora lontana dall’essere percepita come vera e positiva: spesso è solo letta come una minaccia, e come tale viene combattuta». Per don Mauro c’è un metodo efficace per usare i social in modo intelligente e restare liberi di pensare con la propria testa, senza lasciarsi plagiare nei pensieri e nelle azioni. Ha scritto questo manuale – traboccante di dati, di case history e di esempi – per i tantissimi fan che lo seguono e per chi desidera muoversi da protagonisti nell’universo social, sopravvivendo al diluvio di immagini e informazioni, di hater e fake news, di challenge e furti di identità, di consumismo indotto e narcisistica ostentazione di sé. Perché secondo don Mauro c’è il bello nei social, ma bisogna sapere come trovarlo.
Tratto da ilCorriere