
Blog – L’isola delle rose: una ventata di libertà in epoca di lockdown
Se avete Netflix e non l’avete ancora fatto, guardatevi L’isola delle rose.: un film bellissimo sulla libertà che prende spunto da una storia vera.
Giorgio Rosa progetta una piattaforma davanti a Rimini, al di fuori delle acque territoriali, e la dichiara indipendente nel ’68. Rosa prima costruisce un auto non omologabile, finisce in carcere, e quando la ragazza lo lascia spiegandogli che lui “vive in un mondo tutto suo”, decide di prendere quell’affermazione sul serio e costruirlo davvero “un mondo” tutto suo.
Rosa percorre le strade delle istituzioni ponendo con coerenza il problema di quale sia il punto dove la libertà personale si emancipa dalla regolamentazione. Se un ingegnere per superare un esame costruisce un veicolo che non può essere definito auto, in base a quale principio gli si può chiedere il libretto di circolazione? “Cos’è questa fissazione di omologare tutto? – dice a Gabriella (Matilda De Angelis) – Dobbiamo mettere un targhetta sul culetto di ogni piccione che vola in Piazza Maggiore?”. La cosa incredibile è che Rosa alla fine ottiene anche se in tono minore l’appoggio delle Nazioni Unite e del COnsiglio d’Europa.
Il sogno che abbiamo avuto tutti da bambini, quello di costruirci una casa sugli alberi esente dai richiami dei genitori, viene portato avanti da queste persone adulte che vogliono essere davvero libere.
Guardare questo film in epoca di lockdown è quella boccata d’aria che tutti vorremmo respirare. Raccontato così il film può sembrare strampalato ma i burocrati dell’epoca (anche dentro il Vaticano) si spaventarono moltissimo tanto che l’Italia scese in guerra contro l’Isola.
A dimostrazione che tutti siamo disponibili a difendere la libertà degli altri. Ma fino a un certo punto.
E sullo sfondo c’è l’Emila Romagna a farti capire che un Giorgio Rosa poteva nascere solo lì.