Don Massimiliano Nastasi – Solennità della SS. Trinità / A

Es 34, 4-6.8-9    Dn 3, 52-56    2 Cor 13, 11-13    Gv 3, 16-18

La liturgia, nella domenica dopo Pentecoste, che chiude il tempo pasquale, celebra la solennità della Santissima Trinità. Dopo cinquanta giorni dalla resurrezione di Gesù Cristo alla manifestazione imponente dello Spirito Santo sui discepoli a Gerusalemme (At 2, 1-13), la Chiesa contempla il mistero divino delle Tre Persone rivelate all’umanità attraverso l’«oeconomia salutis» [Ireneo di Lione, Adv. haer. III, 24, 1, in A. Cosentino (a cura di), Contro le eresie /2, in «CTP» 208, Città Nuova, Roma 2009, 138].

Dio, come ci mostra il cammino liturgico del tempo di quaresima, lentamente si rivela ad Israele in Abramo con la promessa della terra e di una numerosa discendenza – «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione» (Gen 12, 1-2) – e in Mosè pronunciando il suo nome: «Io sono colui che sono / יַהְוֶה‎» (Es 3, 14). Infatti, «benché il nome di JHWH sia conosciuto e usato nel periodo precedente all’Esodo, Egli viene identificato con il “Dio personale di Israele” nella luce della connessione fra i due grandi eventi fondatori dell’identità teologica di Israele: la promessa fatta ad Abramo (Gen 12, 2-3.15) e la liberazione dell’Egitto (Es 19-20)» [Commissione Teologica internazionale, Dio Trinità, unità degli uomini (2014) n. 19]. In altri termini, Israele conosce Adonai come Salvatore del popolo prima ancora di riconoscerlo come Creatore del mondo.

In Davide, poi, Dio promettendogli un discendente che «edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio» (2 Sam 7, 13-14); per concludere con la promessa ai profeti dello Spirito di vita: «Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete» (Ez 37, 14).

Il culmine della rivelazione veterotestamentaria di Dio, però, avviene dopo la stipula del patto di alleanza con Israele liberato dalla schiavitù d’Egitto e la sua seguente infedeltà con il vitello di metallo fuso (Es 32). L’ira del Signore, infatti, si trasforma in una dichiarazione di amore e di pazienza, ma soprattutto di relazione fiduciosa di fronte alla richiesta di Mosè di poter vedere la sua gloria: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34, 6). Adonai rivela suo nome e la sua stessa presenza, ma restando nascosto nella nube (Es 33, 19).

Tale annebbiamento del volto di Dio, pensato nella sua fedeltà ed unicità, lentamente si dirada «quando venne la pienezza del tempo» (Gal 4, 4). Gesù nella sua storia umana, infatti, oltre a compiere «opere sorprendenti» [Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche XVIII, 63, in L. Moraldi (a cura di), vol. II, UTET, Torino 2018, 841], fa conoscere Adonai come Padre – «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14, 9) – e promette lo Spirito Santo: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità» (Gv 16, 13). Gli esegeti, difatti, «sono quasi tutti d’accordo nel ritenere che questo nuovo e sorprendente modo di esprimersi risalga a Gesù» [W. Kasper, Il Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 20037, 194].

Il Padre, perciò, è l’origine e il contenuto della rivelazione e il Figlio è il rivelatore che a sua volta rivela la presenza del Paraclito. La manifestazione di un Dio, essere perfetto e sussistente, che è piena comunione di relazione in sé e per l’altro, come riassume Paolo al termine della sua lettera: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13). Una sintesi della storia della salvezza ove Cristo è associato con “Dio” e con lo “Spirito Santo” nel dono delle benedizioni spirituali e dove «grazia” ed “amore”, hanno caratterizzato il rapporto di Dio con gli esseri umani, i quali sono partecipi, attraverso la fede e il battesimo, della nuova comunione creata dallo Spirito Santo» [G. O’Collins, Cristologia. Uno studio biblico, storico e sistematico su Gesù Cristo, Queriniana, Brescia, 20184, 152].

Il IV Vangelo mostra fin dal prologo il volto del Dio Trinitario: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1, 1), un inno cristologico composto prima ancora dello stesso Vangelo [D.M. Stanley, CBQ 20 (1958) 188ss.], che procede a dimostrare come Gesù sia veramente la Parola creatrice di Dio che già esisteva all’inizio del tempo, e l’ultima e completa rivelazione del Padre (Eb 1, 1-4; Col 1, 15-20). Lόγος del Padre e del Paraclito che nell’incarnazione salvifica ha come fine la piena relazione con l’uomo: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16).

Pertanto, questa “escatologia realizzata” – espressione coniata dall’esegeta protestante C.H. Dodd (1884-1973) che afferma come i riferimenti fatti da Gesù al Regno di Dio indicano una realtà presente relativa al suo ministero piuttosto che ad una futura apocalisse – non nega l’insegnamento comune del NT sull’escatologia (Gv 5, 27-29), «ma come la vita eterna ha già inizio in questo mondo per colui che si è deciso per Cristo, così l’incredulo rimane già condannato. Questo è il segno del Figlio dell’Uomo nel quale cielo e terra si sono incontrati (Gv 1, 15)» [B. Vawter, «Il vangelo secondo Giovanni», in Grande Commentario Biblico, Queriniana, Brescia 1973, 1388].

La solennità della Santissima Trinità è dunque un invito a contemplare la bellezza rivelatrice del Padre fedele e misericordioso, del Figlio che si fa carne per elevare la nostra carne al divino, «non un essere che vive l’esperienza di Dio, ma uno che è Dio. Non in senso simbolico, bensì reale» [R. Guardini, Il Signore. Riflessioni sulla persona e sulla vita di Gesù Cristo, Morcelliana, Brescia, 2005, 593]; del Paraclito che compie nell’uomo l’opera di salvezza e aiuta a comprendere che «essere “figli di Dio” è il massimo che si possa dire dell’uomo, è la parola ultima» [R. Bultmann, Gesù, Queriniana, Brescia, 20177, 162].

«Voi sapete bene, carissimi, che nell’invisibile e immortale Trinità, come è fermamente creduta e proclamata dalla vera fede e dalla Chiesa cattolica, Dio Padre non è Padre dello Spirito Santo, ma del Figlio; Dio Figlio non è Figlio dello Spirito Santo, ma del Padre; Dio Spirito Santo invece non è lo Spirito del solo Padre o del solo Figlio, ma del Padre e del Figlio; inoltre questa Trinità, pur salvando la proprietà specifica e la sostanza delle singole Persone, tuttavia, a causa della stessa indivisibile e inseparabile essenza o natura dell’eternità, della verità e della bontà, non risulta di tre dèi ma è un solo Dio. […] Orbene, per mezzo di ciò che è comune al Padre e al Figlio, hanno voluto che noi fossimo uniti tra noi e con loro, e mediante questo dono ch’essi hanno in comune, per mezzo cioè dello Spirito Santo, Dio e dono di Dio. Per mezzo di lui infatti noi ci riconciliamo con Dio e ne godiamo»: Agostino, Serm. 71, 12, 18, in «Opera omnia di sant’Agostino», vol. XXX/1 («Discorsi [51-85]: sul Nuovo Testamento», tr. it. L. Carrozzi), NBA – Città Nuova, Roma 1982, 510.

 

Nato a Roma il 2 aprile 1976, sacerdote diocesano. Dottore in Teologia, dopo l’insegnamento IRC e gli studi a Milano e Roma, fino al 2015 è stato Vice Preside dell’Istituto Teologico Diocesano e Direttore dell’Ufficio Catechistico di Mondovì. Ha approfondito Archeologia e Geografia a Gerusalemme e attualmente è Docente di Cristologia presso Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense, Guida Biblica per l’Opera Romana Pellegrinaggi e Vicario Parrocchiale di Santa Caterina da Siena in Roma. Autore dei saggi “La cristologia adamitica nella concezione agostiniana. Alla scoperta di un’antropologia della redenzione” (Edizioni Sant’Antonio, Padova 2019) e “La questione del soprannaturale nella concezione agostiniana. Riflessione all’opera De natura et gratia di Agostino d’Ippona” (Edizioni Sant’Antonio, Padova, 2019)