Don Massimiliano Nastasi – Ascensione del Signore / A

At 1, 1-11    Sal 46    Ef 1, 17-23    Mt 28, 16-20

Nella VII domenica di Pasqua la Chiesa italiana dal 1977, per motivi pastorali, celebra la solennità dell’Ascensione del Signore, e non al quarantesimo giorno dalla resurrezione di Gesù dai morti (cfr. At 1, 3) che cade, invece, di giovedì. Essa rappresenta il compimento della festa di Pasqua, o meglio un altro modo per presentare l’evento pasquale: l’umiliato è intronizzato alla destra di Dio Padre come Signore del mondo e della storia.

L’evangelista Luca, negli Atti degli Apostoli, racconta come Gesù si sia mostrato vivo ai suoi discepoli parlandogli delle cose riguardanti il regno di Dio, e come abbia mangiato con loro – «Mentre si trovava a tavola con essi» (At 1, 4) –, un particolare importante per comprendere l’origine stessa della celebrazione eucaristica. Per breve periodo, infatti, Gesù si fa presente ai suoi discepoli fino a quando, recati su un monte egli «fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi» (At 1, 9). Una scena che trova il suo movimento nell’entrata di due angeli – come nel sepolcro vuoto (Lc 24, 4) – che li esortano a non guardare più le nubi perché «questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo» (At 1, 11).

Era necessario, d’altronde, «che i discepoli si innalzassero un poco e che incominciassero a pensare a Cristo in modo spirituale, come a Verbo del Padre, Dio presso Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose; ma lo impediva loro la presenza fisica di Cristo [Agostino, Serm. 264, 1-2.4, in «Opera omnia di sant’Agostino», vol. XXXII/2 («Discorsi [230-272/B]: sui Tempi liturgici», tr. it. P. Bellini – F. Cruciani – V. Tarulli), NBA – Città Nuova, Roma 1984, 977]. Il loro compito non è, infatti, contemplare il passato, ma essere «testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1, 8) perché ora «il cristianesimo è presenza: dono e compito; essere gratificati dalla vicinanza interiore di Dio e – in base a ciò – essere attivi nella testimonianza in favore di Gesù Cristo» [Benedetto XVI, Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla resurrezione, LEV, Città del Vaticano, 2011, 313].

Il primo Vangelo ambienta l’Ascensione su un monte nella regione della Galilea (Mt 28, 16), contrariamente a Luca che lo colloca nei pressi di Betania, dietro il monte degli Ulivi (Lc 24, 50). La montagna in Matteo, difatti, è il luogo simbolo per la rivelazione di Gesù (Mt 5,1), e il Signore esaltato che parla ha ricevuto ogni potere in cielo e in terra. Presenza del Risorto che termina la sua permanenza terrena in modo “aperto”, ossia con un ultimo discorso ai suoi discepoli ancora increduli, sull’evangelizzazione il mondo (Mt 28, 18-20). Il Vangelo si chiude così con l’ultima parola solenne del Maestro che rimanda al Padre: «A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28, 18); seguendo l’imperativo missionario «Andate dunque e fate discepoli» (Mt 28, 19).

Grazie al mandato ai discepoli da parte di Gesù, chi accoglie la sua parola diventa suo amico – «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15, 15) – attraverso due modalità. La prima è il battesimo «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19), che significa immergersi nella grazia della Trinità attraverso il segno sacramentale innestandosi nel Cristo «vite vera» (Gv 15, 1). Per il biblista tedesco Klaus Berger «la congiunzione Padre – Figlio – Spirito nel battesimo indica una graduazione concreta, in sé coerente, dei passi verso la salvezza. Il Padre sceglie i gentili, la dedica al Figlio è il segno distintivo originario cristiano nel battesimo d’acqua (rispetto al battesimo di Giovanni), e il battesimo nello Spirito era in origine la grande differenza rispetto al battesimo di Giovanni» [Commentario al Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia, 2014, 157]. In questa formula, quindi, è riassunta la missione ai pagani, la dedica a Gesù nel battesimo d’acqua e il battesimo nello Spirito Santo.

Segue poi l’insegnamento ad osservare tutto ciò che il Maestro ha comandato, per diventare maturi nella fede del Risorto affinché si giunga a dare «ragione della speranza» (1 Pt 3, 15). Riecheggia in questo imperativo la presentazione abituale di Gesù in Matteo come il nuovo Mosè di un nuovo Israele. Infatti, «il termine “comandare” non afferma l’istituzione di una nuova legge, ma di un nuovo modo di vita, così come la legge di Mosè aveva istituito un modello di vita» [J.L. MacKenzie, «Il vangelo secondo Matteo», in Grande Commentario Biblico, Queriniana, Brescia 1973, 968].

La speranza, infine, si fa certezza nell’ultima affermazione di Gesù prima di tornare al Padre che «costituisce un’inclusione con la rivelazione di Dio su Gesù, fatta per mezzo del profeta Isaia, all’inizio del Vangelo (1,23): “Sarà chiamato Emmanuele (che significa ‘Dio con noi’» [R.E. Brown, Introduzione al Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia, 2001, 293]. Nell’affermazione: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20), il Dio della rivelazione veterotestamentaria, che si presentava a Mosè come «Io sono» (Es 3, 14), è nella comunità dei credenti come re dell’universo fino al suo ritorno. Cosicché «la Chiesa, vivendo la sua realtà storica in comunione col Signore risorto, vive la stessa esperienza dei discepoli al tempo evangelico, però con una maggiore pienezza cristologica» [M. Làconi, «I discorsi di Gesù nel vangelo di Matteo», in Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, M. Làconi e coll. (a cura di), Elledici, Torino 20022, 227]. Grazie quindi al suo tornare al Padre e fino al termine della storia, il «tempo di Gesù si promulga fin dentro il tempo della Chiesa» [J. Gnilka, Il Vangelo di Matteo, vol. II, Paideia, Brescia 1991, 797].

Nell’Ascensione, pertanto, «il Gesù che si congeda non va da qualche parte su un astro lontano. Egli entra nella comunione di vita e di potere con il Dio vivente, nella situazione di superiorità di Dio su ogni spazialità» [Benedetto XVI, Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla resurrezione, op. cit., 313]. E ciò ci permette infine di capire «che vi è un tempo della testimonianza e un tempo del ritorno del Signore testimoniato. Per questo motivo il servizio dei discepoli fino ai confini della terra non è discrezionale. L’ascensione legittima il messaggio della chiesa quale criterio col quale si svolgerà il giudizio» [K. Berger, Commentario al Nuovo Testamento, op. cit., 546].

«Intendi che è tutto suo: con il suo cielo vieni coperto, dal grembo della sua terra sei sostenuto, ti pasci della sua aria e sei vivificato con la partecipazione di un’aria vitale, godi della sua luce e del suo servo sole, il suo giorno ti asseconda per la giocondità e la notte per la quiete. Egli che, dopo tante cose, ti ha dato se stesso (cfr. Fil 2, 7.8) allorché ti ha redento a così caro prezzo (cfr. 1 Cor 6, 20; 7, 23; 1 Pt 1, 18-19), egli che ha procurato tali cose al servo, quali non preparerà, vinta la macchia del peccato, a colui che è ormai libero! Egli che ha recato tanto al giacente, quanto non recherà al risorgente! Egli che ha dato tanto a colui che stava per morire, quanto non elargirà all’eterno! “È asceso al cielo, side alla destra del Padre onnipotente” (cfr. Ef 1, 20). È asceso pertanto al cielo con la nostra carne: e ha posto l’uomo redento non alla sinistra del Padre, dove saranno coloro che devono essere condannati, ma lo ha collocato alla destra (Mt 25, 33), dove staranno coloro che dovranno essere glorificati, cioè alla felicità e beatitudine del Padre, affinché le membra (Rm 12, 5; Ef 5, 30) credano di seguire lì dove è salito il capo (Ef 1, 22)»: Eusebio Gallicano, Raccolta di omelie, Om. 9, 3. 8: CCL 101, 102. 105.

 

Nato a Roma il 2 aprile 1976, sacerdote diocesano. Dottore in Teologia, dopo l’insegnamento IRC e gli studi a Milano e Roma, fino al 2015 è stato Vice Preside dell’Istituto Teologico Diocesano e Direttore dell’Ufficio Catechistico di Mondovì. Ha approfondito Archeologia e Geografia a Gerusalemme e attualmente è Docente di Cristologia presso Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense, Guida Biblica per l’Opera Romana Pellegrinaggi e Vicario Parrocchiale di Santa Caterina da Siena in Roma. Autore dei saggi “La cristologia adamitica nella concezione agostiniana. Alla scoperta di un’antropologia della redenzione” (Edizioni Sant’Antonio, Padova 2019) e “La questione del soprannaturale nella concezione agostiniana. Riflessione all’opera De natura et gratia di Agostino d’Ippona” (Edizioni Sant’Antonio, Padova, 2019)