Lettere di M. B. – Cronache di un medico contagiato da Covid-19 (31)

Qui per leggere le altre puntate del medico contagiato da coronavirus

3 maggio

Oggi è giornata di riposo.
Posso dedicarmi alla casa che le mie figlie stanno pazientemente ordinando stanza dopo stanza come mai era stato fatto. Inimmaginabili le cose che si ritrovano e che la casa aveva nascosto.
Poi però tra una lavatrice e un riordino leggo un articolo ricevuto da un collega.
Conoscevo già da qualche giorno la notizia ma leggerla nero su bianco mi ha fatto male, sono rimasta dapprima allibita e incredula alla fine indignata.
L’Ats, che sarebbe l’Asl, di Bergamo, spendendo 15 mila euro in avvocati, vuole approfondire se i medici di famiglia del territorio (siamo settecento) non siano stati in qualche modo, addirittura gli “untori”, per il mancato uso dei Dpi (dispositivi di protezione individuale), anziché collaboratori essenziali nella lotta al covid, vicini alla gente in questo terribile momento proprio qui in bergamasca.
Proprio per ciò che abbiamo fatto in tempi apparentemente non sospetti, visitando i malati a domicilio, auscultando toraci e guardando gole in ambulatorio, molti si sono ammalati e sei sono purtroppo morti.
E questo per avere fatto il nostro lavoro, senza tirarci indietro, nella miseria di dispositivi di protezione individuale, ricevuti, spesso, troppo tardi.
Io sono assolutamente serena perché so ciò che ho fatto, come mi sono comportata per 12-14 ore al telefono, riuscendo poi a visitare adeguatamente bardata ( con tuta occhiali visiera guanti e mascherina regalatami da pazienti) a domicilio i miei assistiti.
Certo mi spiace davvero molto per il gesto in sé, che reputo vergognoso e offensivo per la mia professionalità, ma anche perché forse quei soldi potevano essere meglio spesi, per esempio per l’acquisto di DPI o di tests sierologici o reagenti per i tamponi che pare scarseggino, piuttosto che per un consulente legale