Lettere di M. B. – Cronache di un medico contagiato da Covid-19 (26)

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13.04
Pasquetta
Un giorno tranquillo
Ci organizziamo un picnic da fare noi cinque nel prato di casa in mezzo ai ciliegi e a piccoli meli: riso freddo e uova sode, quelle dipinte del venerdì santo, quest’anno benedette a distanza.
Poi ognuno si rilassa a guardare le nuvole in movimento e così,
mentre mi trovo a riflettere su questo mese e mezzo abbondante di vita surreale, ma più che mai reale, ho un’illuminazione, di quelle che senti contemporaneamente nella pancia e nel cuore (ma forse prima nella pancia) riguardo il tema della carne=BASAR, del corpo e della Risurrezione.
Vivere da Risorta,come questo periodo mi suggerisce, è possibile, è più che mai, (mai come quest’anno per me), possibile se passo attraverso l’incontro della carne, attraverso il corpo inteso in tutto il suo essere, con i suoi limiti, le sue forze, le sue debolezze i suoi pregi e i suoi difetti, e in questo periodo la vita mi ha costretto a farlo a 360 gradi, a starci dentro nella mia carne, nel mio corpo malato, sfiduciato, stanco, a toccare, magari bardata, il corpo malato, sfinito, ferito dei miei pazienti.
E ora intravedo che la Provvidenza mi stava aiutando già da settembre quando avevo preparato una serie di incontri con alcune amiche per riflettere su un tema che mi stava a cuore e che volevo intitolare “Osare la carne per vivere da Risorta!”poi alcune mi avevano suggerito che potevo essere fraintesa e allora l’avevo tramutato in “Vivere l’Incarnazione per vivere da Risorta”… ma il contenuto non era cambiato, quel contenuto che si è rivelato a me in questi due mesi in cui avremmo dovuto incontrarci per gli incontri conclusivi a balbettare di resurrezione della carne, di vivere da Risorti con il Risorto e invece…
Invece, eccomi qua a guardare le nuvole e ad intravedere i volti e gli sguardi di chi non c’è più, a sentire la voce strozzata in gola di mamme e mogli e il pianto di figli increduli.
La carne, il corpo di qualcuno non c’e più tra noi, si è trasformato
Gesù è questa carne che a volte riesco ad incontrare nella mia carne, è questo corpo che possiamo incontrare solo nella nostra corporeità. Perché noi potessimo partecipare alla vita di Dio, era necessario che Dio diventasse uomo e che carne e carne, corpo e corpo si incontrassero realmente.
L’amore espresso solo a parole, anche nella rivelazione non era sufficiente: occorreva una carne umana che raccontasse Dio, una carne umana che, amando la nostra umanità, ci narrasse l’amore di Dio, o meglio il “Dio” che “è amore”.
E ciò che mi resta nel cuore, in mano, nella mente, negli occhi è il ricordo vivo di questi amici, ma, in primis, per me cio che resta è Amore.
Quell’Amore che avevo ed ho tutt’ora per e da quelle persone strappate via,
E’ l’Amore che era stato prima che resta anche ora
L’Amore vissuto come dono, crescita, fiducia,presenza, tempo insieme, incontro, relazione. Questo resta.
E questo è il Luogo ordinario dell’incontro con Lui, il Risorto.

14.04
Non riesco a capire fino in fondo il motivo della mia tristezza: sono giù di corda e non è solo per la stanchezza fisica e mentale ma per la situazione di profondo disagio in cui mi trovo dal punto di vista professionale. La cosa che più mi viene difficile è vivere in questa situazione di perenne limbo in cui non si sa nulla o veramente molto poco dal punto di vista scientifico, dal punto di vista clinico e terapeutico.
È tutto in divenire, siano come scolari alle elementari di fronte a questa pandemia, per cui tutto è nuovo e da esplorare da capire con pazienza tempo esperienza ancora tutta da acquisire.
Però la cosa che mi rende la vita più difficile è il continuo mutare delle norme che cercano di regolarne la diffusione e la prescrizione di farmaci utili. Sono d’obbligo alcuni esempi concreti:
posso prescrivere una sola confezione con il servizio sanitario nazionale di un farmaco che se dato all’esordio della tipica sintomatologia può dare buoni risultati; bene, ma se in alcuni casi per un paziente in base alla sua clinica, al suo andamento me ne servissero due? E noi in Italia siamo ancora fortunati: la scorsa settimana un collega del Belgio, che lavora in una Casa di riposo, era moralmente distrutto perché lì lui non può avere a disposizione l’idrossiclorochina , non può prescriverla( solo ospedaliera) quindi non può utilizzarla, quindi non ha un’arma preziosa per aiutare i suoi anziani che deve veder morire, inerme.
Un’altra assurdità tutta italiana è l’enorme burocrazia che contempla anche la necessità che io mi faccia indovino per prescrivere l’ossigeno a domicilio: infatti dall’8 aprile scorso mi viene chiesto di scrivere sia il valore di saturazione di partenza, sia il fabbisogno giornaliero con il consumo di ossigeno giornaliero in base al flusso minuto di ossigeno che dovrà erogare la bombola e una previsione anche di quanto Dovrà essere il consumo di ossigeno nei 30 giorni successivi alla mia prescrizioni: credetemi per un paziente che forse è in terapia da mesi con ossigeno a domicilio per una patologia cronica potrebbe essere fattibile ma in questi casi per un paziente che ha una polmonite interstiziale con un’insufficienza respiratoria e un’ipossiemia (leggi ossigeno basso nel sangue) da Covid per me (anche se sono un’anestesista) è impossibile da pronosticare.
Ma come piace pensare a me l’istante che vivo e’ l’unica parte del nostro tempo storico a raggiungere l’Eternità per cui in esso sono racchiusi sempre tutti gli opposti, gli estremi, attimi di vita e attimi di morte e così anche nella giornata di oggi ci sono le cose belle:
il nostro caro amico a Catanzaro verrà finalmente trasferito in un reparto di riabilitazione qui in provincia mentre il collega quarantacinquenne,padre di sette figli, che era finito a Varese, oggi è rientrato a casa! E vengo anche a sapere dalla mia sindaco che vestiti e dentiera sono stati recapitati dai volontari alla mia nonnina al “Papa Giovanni”.