Lettere di M. B. – Cronache di un medico contagiato da Covid-19 (23)

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9.04
Questa mattina cerco di recuperare coraggio e serenità con la consueta meditazione e devo dire che il fatto che sia il Giovedì Santo,sarà paradossale, ma mi aiuta molto.
Mi ricordo di porgere gli auguri ai miei cari amici sacerdoti (oggi è la loro festa anche se non possono andare in Cattedrale con il Vescovo a concelebrare).
Ho sempre avuto un legame particolare con il Giovedì Santo e con il luogo che per me maggiormente lo rappresenta e dove veramente percepisci ciò che avvenne lì, tra quegli ulivi secolari, duemila anni fa. Infatti, ormai quattordici anni fa, ho avuto la grazia di vivere un’esperienza in solitaria, di autentico deserto, nel Romitaggio del Getzemani a Gerusalemme. Mio marito in quell’occasione fu davvero eroico( più del solito intendo): lo lasciai solo a casa con le due figlie ancora bimbe per dieci giorni.
Ripensare a queste cose mi dà la forza di vivere al meglio delle mie possibilità anche quest’oggi e di lasciar da parte il pensiero un po’ triste per il viaggio che mi è saltato in Terra Santa.: me lo ero concessa nell’unico vero “ponte” dell’anno, quello del prossimo 25 Aprile/1 Maggio.
Dopo la meditazione scrivo il diario, poi la colazione trascorre con alcune telefonate di pazienti, carico al volo lavatrice ed asciugatrice( vera manna dopo anni di che da anni tentavo di ) e mi fiondo in casa di riposo per il momento nel reparto di sempre, anche se non è più il solito: essendomi assentata da qui per tre settimane, non trovo più alcuni volti.
Nel reparto covid entrerò la prossima settimana poiché per ora ci sono solo otto pazienti: e di qua, dove sono ora, non potrò più venire.
Oggi il pranzo non è pronto perché la mia prima figlia, che era a ciò dedicata, ha iniziato a fare la volontaria con la protezione civile, per cui sta portando in tutte le case del comune,insieme ad altri volontari, mascherine chirurgiche e una lettera del nostro sindaco.
Nonostante questo e nonostante la mia proverbiale impazienza quando ho fame e non c’è nulla di pronto (sì, sono abituata bene, ma, se vogliamo avere un’attenuante, ciò è dovuto anche ad un mio piccolo difetto genetico: sono un “Gilbert”), riesco a restare di buon umore in quanto sul tavolo in veranda mi ritrovo un pacco – sorpresa avvolto in una grande stoffa color champagne. Lo scarto con quella gioia tipica di una bimba per il regalo inatteso e scopro essere di una coppia di miei pazienti sani, sulla cinquantina, entrambi positivi al corona, che diciamo l’hanno vista brutta: ma a casa con tenacia e pazienza hanno vinto la loro battaglia. Le parole che mi scrivono sono commuoventi e il loro senso di gratitudine ripaga di gran lunga le mie fatiche ormai scordate. La cosa davvero importante credo in questo periodo sia proprio quella di far portare ad ogni giorno le sue fatiche, senza permettere che si accumulino nel giorno successivo. Oggi, solo per oggi.
Nel pomeriggio non ho in programma nessuna visita in ambulatorio, solo ricettazione, ma uscirò per tre visite domiciliari. E mi accorgo che tre di fila, vestita da covid, con lo strano caldo di questa giornata, sono davvero molto faticose.
Arrivo a sera cotta ma particolarmente contenta che il mio parroco mi abbia chiesto, dal momento che abito accanto alla chiesa, la disponibilità di partecipare come lettrice alla Messa in cena domini che verrà trasmessa come le precedenti Domeniche, su YouTube. Altro regalo grande della giornata, gioia vera.