Lettere di M. B. – Cronache di un medico contagiato da Covid-19 (8)

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16 marzo

Altro lunedì di passione mi verrebbe da dire, invece è solo un lunedì di quaresima.
Oggi tocco il fondo. Sono arrivata veramente allo stremo delle mie forze: ho ricevuto 87 telefonate una più una meno, senza contare le risposte che ho dato anche per WhatsApp.
Il contagio pare non arrestarsi.
Arrivo a sera davvero priva di forze con una dose di tristezza e di sconforto elevatissimi: la sorella di un mio carissimo amico, sulla cinquantina, è davvero messa male. È stata, non si sa per quanto tempo, incosciente in casa: voleva fare la quarantena da sola per non contagiare i fratelli, per cui non li disturbava salvo che per i pasti che le portavano.
E pure altri nostri giovani amici: uno ancora grave, l’altro un filo meglio.
Un’altra esperienza dura che ho vissuto oggi è una figlia che al telefono mi chiede se sia proprio vero che non possa andare in ospedale anche solo per dare l’ultimo saluto alla mamma  prima che chiudano la bara. Mi dice che lo desidererebbe tanto perché è dal 2 marzo che non la vede in quanto prima si era ammalata lei, quindi non si era più fatta vedere dalla mamma,  poi era stata ricoverata quest’ultima. E ora la mamma  è morta.
Purtroppo le devo confermare di non andare in ospedale perché non la farebbero entrare. La bara verrà chiusa e verrà portata al cimitero dove ci sarà un breve funerale: è tutto molto lacerante.
Proprio ora in cui il mondo sta cominciando a capire l’importanza della dolcezza, della tenerezza, di un gesto affettuoso, di un abbraccio, di una stretta di mano, di una pacca sulla spalla o di una carezza, come segni ritrovati di un’ umanità che sta tentando di evolvere, di cambiare in meglio, dobbiamo assistere ad una battuta di arresto forzata, improvvisa. E tutto ciò a me fa  ancora più male.
Io però devo dirvi che ho “l’assurda grazia”, come la chiamo io, in mezzo allo sconforto totale, di avere la fede e quindi la speranza ad essa connessa: non mi mancano mai anche quando non vedo la luce in fondo al tunnel: ma so, grazie a fede e speranza, che dietro alle nuvole c’è.
Ho anche la grazia che, seppur con gli acciacchi ormai noti, sto sempre meglio; che i miei suoceri, seppur anziani, stanno superando il coronavirus; che la mia famiglia, gusti e odori a parte, è tutta qui, viva, in buona salute; che mia mamma, che non vedo dall’ormai lontano 23 febbraio, non ha contratto il virus. Insomma siamo tutti qui. Non è poco. E non posso che ringraziare.