Articoli / Blog | 11 Marzo 2020

Agi – La tristezza e l’orgoglio di non essere ultrà del Valencia

Valencia – Atalanta si gioca al Mestalla a porte chiuse e, mentre gli uomini di Gasperini dalla storia entrano nella leggenda, migliaia di tifosi spagnoli incuranti del Coronavirus ammassati gli uni addosso agli altri inneggiano alla loro squadra negli spazi antistanti lo stadio rendendo le loro urla udibili anche al telespettatore.

Chi noi guardava la partita con il desiderio di immergersi per 90′ in pensieri diversi dall’epidemia, magari da solo per rispettare le misure di prudenza anche in casa, sentiva dentro di sé crescere pensieri di tristezza e di orgoglio.

Tristezza: perché gli spagnoli, ancora poco contagiati dal virus, potevano fare esperienza di ciò che sta accadendo nel mondo, evitando un assembramento pericolosissimo che offre enormi possibilità di espansione alla Covid-19.

Orgoglio: perché è vero che noi italiani avremmo potuto, come Paese, essere ancora più rapidi nel reagire, ma forse dovremmo davvero smetterla di parlare male di noi stessi. Se è vero che a Valencia hanno reagito come ieri sera, è altrettanto vero che due giorni fa in Francia 3.500 persone si erano radunate per “puffare il virus” mentre contemporaneamente loro concittadini prendevano d’assalto i supermercati, così come avveniva nella vicina Germania: insomma la resistenza al cambiamento è, quantomeno nelle democrazie, un problema universale.

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© JOSE JORDAN / AFP

Ultrà del Valencia assediano il pullman della loro squadra fuori dallo stadio Mestalla
 

Ripenso alla scena iniziale de Il Gladiatore, quella in cui Tomas Arana dice “un popolo dovrebbe capire quando è sconfitto”. Ricordate la risposta di Russell Crowe: “Tu lo capiresti Quinto, io lo capirei”? In quella formula dubitativa c’è tutta la ricchezza del travaglio umano che impiega del tempo per passare da una determinazione ad un’altra del tutto opposta. Questo processo richiede del tempo ma, affondando le sue radici nell’intimo dell’uomo, non è automatico, all’inizio appare come più lento, ma alla fine, essendo stato compreso nel suo insieme, è più efficace.  

Gli italiani hanno messo un po’ di tempo nel capire di essere sotto l’attacco di un nemico, il coronavirus, ma tutto lascia intendere che il processo sia compiuto. Mi spiace quando sento dire “ci vorrebbe una dittatura, come in Cina”. È una frase superficiale che rivela come, chi la pronuncia, non abbia compreso quanto sia grande nel medio e lungo periodo la forza di una responsabilità che nasca dalla libertà.

Dispiace che Paesi come la Spagna, la Francia, la Germania abbiano sbeffeggiato e dato degli untori agli italiani ricadendo poi, successivamente e quindi più gravemente, negli stessi errori. Auguriamo loro che il processo che da noi ha richiesto i normali tempi fisiologici della democrazia, facendo esperienza della nostra situazione, sia più efficace di quanto avvenuto finora.

Tratto da Agi