Articoli / Blog | 21 Novembre 2019

MIO Anno IV n. 46/ DON MAURO LEONARDI PARLA CON I LETTORI – Un gesto di grande amore

Mauro Leonardi (Como, 1959) è stato ordinato sacerdote dal 29 maggio 1988. Vive a Roma presso l’Elis centro di formazione per la gioventù lavoratrice accanto alla parrocchia di san Giovanni Battista in Collatino. È cappellano del Liceo dell’Accoglienza Safi Elis. Da anni pubblica racconti, articoli, saggi e romanzi. Scrive su diverse riviste e quotidiani. Il suo blog è Come Gesù


Caro don Mauro, una bimba di tre anni è mancata recentemente per un difetto congenito al cuore. La tragedia ha posto l’attenzione sull’importanza della donazione degli organi. Sono gesti che possono salvare altre vite e dare senso ad una perdita dolorosa sapendo che un congiunto, pur deceduto, ha consentito ad altre persone di vivere. Che ne pensa la Chiesa? (Michela, Biella)

Cara Michela, mi fa particolarmente piacere parlare di donazione perché significa parlare di dare la vita per gli altri. La Chiesa è ovviamente favorevole alla donazione degli organi una volta che i medici abbiano definito con i protocolli adeguati la morte del donante. Deve essere anche chiara la volontà del soggetto e, se minorenne, dei congiunti. Non per nulla si parla proprio di donare la vita, come ha fatto Gesù, e di ribadire che il dolore fine a sé stesso non ha alcun senso: ha significato solo se correlato all’amore, all’altruismo. In un discorso Papa Benedetto diceva che «la donazione di organi è una forma peculiare di testimonianza della carità». È certamente una scelta di ordine civile e morale. Molto spesso, come hai detto, può anche diventare una decisione che aiuta a portare il terribile peso di una tragedia. Penso ad esempio a quando magari un giovanissimo ragazzo muore in un incidente stradale. In mezzo al dolore immenso – che rimane – serve comunque pensare che quella donazione ha dato speranza e vita a chi è nel dolore perché rischia di morire o ha comunque una vita precaria. Per la vita cristiana è importantissimo, in ogni caso, sentirsi fratelli e solidali nel dolore.