METRO – Le parole (giuste) a un genitore
Mi hai reso libero, mi hai dato il nome quando ero piccolo e hai fatto sì che diventasse un’identità: hai permesso che io potessi condurre la mia vita secondo i miei talenti e le mie inclinazioni.
Questa, credo, è la cosa che ogni genitore vorrebbe sentirsi dire da un figlio adulto. Di essere stato come il corridore di una staffetta, capace di passare il testimone al figlio e di fargli iniziare un nuovo giro di pista, una nuova corsa, la sua, quella del figlio.
Molte volte dimentichiamo che tra le etimologie di libertà c’è anche “liber”, e cioè “figlio” in latino. Perché donare ai figli “libertà” significa dar loro la vita, ovvero amarli al punto di diventare ciò che sono e non la proiezione dei nostri desideri che spesso sono solo delle nostre precise frustrazioni caricate sulle loro spalle.
Perché il famoso aforisma per cui i moderni sono come nani che poggiano su spalle di giganti per vedere orizzonti più ampi della generazione precedente, va applicata ai più giovani rispetto agli anziani, ai figli rispetto ai genitori, e non viceversa.
In questo modo i figli spesso vanno oltre i genitori e realizzano imprese che i primi non erano neppure in grado di concepire.
Infine, consegnare i figli alla loro libertà vuol dire spesso emanciparli dalla nostra rassegnazione, dal “si stava meglio quando si stava peggio” lasciando ai giovani la costruzione del loro domani possibile.
Trato da METRO