Le Lettere di Alessandra Bialetti – Quando Agedo vuol dire Famiglia
Agedo (Associazione di genitori, parenti e amici di persone omosessuali, bisessuali e transessuali) può suonare solo come una sigla, più o meno chiara, più o meno condivisa. Ma l’armonia che ne esce fuori non è una sigla da cartone animato o da reality show. Di show non c’è nulla, di realtà tutto. Perché Agedo non è solo associazione, un insieme di persone unite da uno scopo comune di grandissimo valore, un gruppo che si riunisce e manifesta per le strade per giusti e sacrosanti diritti. Agedo vuol dire famiglia e famiglia è dove esistono dei legami, degli affetti, delle lacrime comuni, dei sorrisi condivisi, delle lotte vinte o delle battaglie perse ma comunque sempre insieme. Famiglia è dove ci sono cuori, storie, cadute e rialzate, occhi che si incontrano, vissuti che si sfiorano, parole che non riescono a essere pronunciate e voci finalmente libere. Voci di genitori che partoriscono i figli per la seconda volta con più dolore della prima perché arrivati a volte tardi a comprendere l’orientamento del figlio ma ora disposti a lottare perché abbia la stessa dignità degli altri, voci di genitori che fanno rete e nella rete non si sentono soli davanti a qualcosa inizialmente più grande di loro. Poi sì, condividono lotte civili, sociali, politiche, scendono in piazza, “cavalcano” il carro del Pride nonostante i 40 gradi dell’estate romana consiglierebbero di rimanere comodamente seduti a casa, affrontano gli inverni rigidi anche solo per mettere giù un banchetto e accogliere genitori in difficoltà.
Famiglia non è solo questione anagrafica, biologica, genetica. Agedo ha il gene della famiglia radicato nel cuore, incastonato nell’anima, un gene che viene trasmesso quando un genitore arriva impaurito e gravato da sensi di colpa e cerca accoglienza e ascolto. Tutto questo ha il profumo buono della famiglia: non del mulino bianco, quella vera. Delle lacrime e dei sorrisi, delle notti in bianco e delle giornate di sole.
Famiglia è Carlo che ieri se ne è andato… no è rimasto e rimane nei cuori. Un uomo che sa di famiglia, che ha vissuto di una cosa sola, l’accoglienza, come Paola, sua moglie, oggi ha ricordato in chiesa. Perché Carlo era uomo senza giudizi e pregiudizi, capace di mettersi accanto a chiunque non guardando altrove come spesso ci capita di fare, ma fissando i suoi occhi verdi negli occhi di chi stava ascoltando anche fosse il più lontano dalla sua esperienza di vita e dai suoi valori. Capace di farsi porta aperta e mai chiusa. Non voglio, tantomeno oggi, dopo il nuovo viaggio di Carlo, pensare che la morte ponga fine a tutto questo. Sarebbe la fine di Agedo e di tutti coloro che le hanno dato vita e le danno vita e di cui ricordo i nomi e i visi uno per uno e la dedizione totale e completa della loro vita. Perché la morte di Carlo si onora con la vita, si onora col continuare a fare di Agedo una famiglia. In ogni gesto di accoglienza del più lontano e diverso da sé, di ascolto di ogni storia, di raccolta di ogni lacrima, di gioia per ogni vittoria, sarà onorata la morte di Carlo. Perché Agedo non è salvaguardia del proprio figlio ma di tutti i figli, perché il legame di sangue non è l’unica posta in gioco ma chiama a farsi difesa e protezione di ogni figlio che soffre, che fatica, che ha paura di rivelarsi, che teme di perdere se stesso e gli affetti più cari. Perché Carlo, come ogni genitore di Agedo, ha saputo guardare al proprio figlio con un amore ancora più forte di quello della nascita, ha raccolto la sua paura di essere ciò che è e ne ha fatto il trampolino di lancio per una nuova vita, ha ridonato dignità laddove era sporcata. Se Agedo fosse solo associazione sociale e politica stilerebbe bilanci, riempirebbe moduli, recluterebbe soci. Ma non è così: per entrare in Agedo non devi pagare semplicemente una quota associativa ma devi farti cuore che accoglie, ascolta, accompagna, fa proprio il dolore e la fragilità dell’altro in attesa di gioire insieme. Senza queste caratteristiche probabilmente non ti troveresti bene in Agedo perché lì ti amano per ciò che sei dentro e non per ciò che produci, per ciò che non riesci a esprimere e che ti aiutano a tirare fuori, per un amore che spesso fatica ancora a dire il suo nome.
Io, per vari motivi in Agedo, mi sento a casa. Mi sento figlia amata, incoraggiata, sostenuta, perché figlia di tutti e di un tutti che non guarda alla genetica. Carlo è stato per me abbraccio, sorriso, incoraggiamento, lavoro insieme, progetti da realizzare, speranze da condividere ma soprattutto quegli occhi che, quando entravo, si fissavano nei miei lasciando da parte per un attimo ogni occupazione. Ecco, Agedo, è occhio che non ti perde di vista, è quella famiglia che oggi si è stretta vicina vicina nei banchi di una chiesa per salutare il nuovo viaggio di Carlo, non orfani, ma ognuno padre e madre dell’altro prima ancora dei propri e altrui figli. Sicuramente lo “scherzetto” di Carlo ci ha messo in ginocchio e ci ha dato una bella “fregatura”. Ci insegna che ora che un papà se ne è andato a camminare per altri sentieri, tocca a noi continuare a crescere, prendere le redini, non fare più i bimbi piccoli che aspettano il biberon ma diventare grandi, forti, impavidi, con quella speranza nel cuore che non deve mai mancare e che ci dobbiamo trasmettere l’uno con l’altro. Perché dalla morte continui a sgorgare vita con la stessa intensità e profondità. Perché ancora tanti, troppi genitori faticano davanti alla scoperta dell’orientamento del proprio figlio e perché tanti figli ancora attendono accoglienza, sostegno, riconoscimento. E questo è famiglia.
Due piccole annotazioni: la Scrittura oggi ci ricordava che nulla ci può separare dall’amore. Non a caso. Nulla ci separerà da Carlo se ogni nostro gesto parlerà di ciò che ci ha testimoniato con la sua vita. Quindi niente paura: Carlo è stravivo. Secondo ricordo: Paola, nelle sue parole finali, ha detto che non sarà mai in grado di accogliere come Carlo, con la stessa pazienza, con l’assenza di giudizio. Ebbene solo dopo pochi minuti, Paola, nonostante il suo dolore, la confusione di chi voleva abbracciarla, il caldo torrido di un’estate impossibile, per un tempo che non vi so quantificare, si è fermata ad ascoltare la storia e le lacrime di un ragazzo che cercava conforto più di darlo, che cercava braccia materne. Ecco, Paola, Carlo già continua a vivere in te e già sei la sua stessa accoglienza.
Tutto questo racconto per mostrarvi un volto di Agedo che forse pochi conoscono, il vero volto per cui è nata e per cui continuerà a camminare. Perché questo sia il vero profumo buono della famiglia. E a me resta solo che ringraziare questo luogo che si fa casa, calore, attenzione, cura per tutti i genitori e figli alla ricerca. Rimbocchiamoci le maniche.
Vivo e lavoro a Roma dove sono nata nel 1963. Laureata in Pedagogia sociale e consulente familiare, mi dedico al sostegno e alla formazione alla relazione di aiuto di educatori, insegnanti, animatori. Svolgo attività di consulenza a singoli, coppie, famiglie e particolarmente a persone omosessuali e loro genitori e familiari offrendo il mio servizio presso diverse associazioni (Nuova Proposta, Rete Genitori Rainbow, Agedo). Credo fortemente nelle relazioni interpersonali, nell’ascolto attivo e profondo dell’essere umano animata dalla certezza che in ognuno vi siano tutte le risorse per arrivare alla propria realizzazione e che l’accoglienza della persona e del suo percorso di vita, sia la strada per costruire relazioni significative, inclusive e non giudicanti.