Blog – La direzione spirituale, sia da parte dei laici che da parte dei religiosi e dei sacerdoti, è sempre protetta dal segreto
Ho già fornito al blog un’introduzione alla Nota della Penitenzieria Apostolica sull’importanza del foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale. Questo documento, dopo un’introduzione, consta di tre punti. Vorrei ora fare un focus sul secondo, quello della direzione spirituale che, come ribadisce il documento, può essere esercitata anche dal laico in forza del battesimo e del dono dello Spirito Santo. La Nota spiega che, in modo analogo alla confessione, quanto viene detto in direzione spirituale va custodito nello stesso modo. Questa segretezza è connaturata al contenuto dei colloqui spirituali e deriva dal diritto di ogni persona al rispetto della propria intimità. A titolo di esempio si spiega che quando si decide di ammettere al sacerdozio, o di negare il sacerdozio, a un candidato, è proibito interpellare non solo il confessore, ma anche il direttore spirituale. Allo stesso modo, anche per quanto riguarda un’eventuale causa di beatificazione, è vietato ammettere a testimoniare non solo i confessori, a tutela del sigillo sacramentale, ma anche gli stessi direttori spirituali del Servo di Dio, anche per tutto ciò che abbiano appreso nel foro di coscienza, fuori della confessione sacramentale. Ecco il punto 2 del documento. Buona lettura!
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Foro interno extra-sacramentale e direzione spirituale
All’ambito giuridico-morale del foro interno appartiene anche il cosiddetto “foro interno extra-sacramentale”, sempre occulto, ma esterno al sacramento della Penitenza. Anche in esso la Chiesa esercita la propria missione e potestà salvifica: non rimettendo i peccati, bensì concedendo grazie, rompendo vincoli giuridici (come ad esempio le censure) e occupandosi di tutto ciò che riguarda la santificazione delle anime e, perciò, la sfera propria, intima e personale di ciascun fedele.
Al foro interno extra-sacramentale appartiene in modo particolare la direzione spirituale, nella quale il singolo fedele affida il proprio cammino di conversione e di santificazione a un determinato sacerdote, consacrato/a o laico/a.
Il sacerdote esercita tale ministero in virtù della missione che ha di rappresentare Cristo, conferitagli dal sacramento dell’Ordine e da esercitarsi nella comunione gerarchica della Chiesa, per mezzo dei cosiddetti tria munera: il compito di insegnare, di santificare e di governare. I laici in forza del sacerdozio battesimale e del dono dello Spirito Santo.
Nella direzione spirituale, il fedele apre liberamente il segreto della propria coscienza al direttore/accompagnatore spirituale, per essere orientato e sostenuto nell’ascolto e nel compimento della volontà di Dio.
Anche questo particolare ambito, perciò, domanda una certa qual segretezza ad extra, connaturata al contenuto dei colloqui spirituali e derivante dal diritto di ogni persona al rispetto della propria intimità (cf. can. 220 CIC). Per quanto in modo soltanto “analogo” a ciò che accade nel sacramento della confessione, il direttore spirituale viene messo a parte della coscienza del singolo fedele in forza del suo “speciale” rapporto con Cristo, che gli deriva dalla santità di vita e – se chierico – dallo stesso Ordine sacro ricevuto.
A testimonianza della speciale riservatezza riconosciuta alla direzione spirituale, si consideri la proibizione, sancita dal diritto, di chiedere non solo il parere del confessore, ma anche quello del direttore spirituale, in occasione dell’ammissione agli Ordini sacri o, viceversa, per la dimissione dal seminario dei candidati al sacerdozio (cf. can. 240, § 2 CIC; can. 339, § 2 CCEO). Allo stesso modo, l’istruzione Sanctorum Mater del 2007, relativa allo svolgimento delle inchieste diocesane o eparchiali nelle Cause dei Santi, vieta di ammettere a testimoniare non soltanto i confessori, a tutela del sigillo sacramentale, ma anche gli stessi direttori spirituali del Servo di Dio, anche per tutto ciò che abbiano appreso nel foro di coscienza, fuori della confessione sacramentale[9].
Tale necessaria riservatezza sarà tanto più “naturale” per il direttore spirituale, quanto più egli imparerà a riconoscere e a “commuoversi” davanti al mistero della libertà del fedele che, per mezzo suo, si rivolge a Cristo; il direttore spirituale dovrà concepire la propria missione e la propria stessa vita esclusivamente davanti a Dio, al servizio della sua gloria, per il bene della persona, della Chiesa e per la salvezza del mondo intero.