Agi – È giusto impedire a un cane di andare al funerale del padrone?
Pavel è un labrador marrone e l’altro giorno, a Torino, gli è stato impedito di entrare in Chiesa al funerale del padrone perché tre preti concordi hanno ripetuto “il cane qui non entra”. La notizia, riportata da molti giornali, è stata raccontata su Facebook da Mathias Franco Gilardi che ha aggiunto come la bestiola sia rimasta per un’ora fuori dalla chiesa a guaire e ululare.
All’inizio Pavel era rimasto silenzioso e calmo a margine dell’ingresso, ma questo non è bastato: hanno insistito e l’hanno fatto indietreggiare fino a farlo uscire.
Io penso che questi miei fratelli sacerdoti, poco sensibili agli affetti dei cani, si sarebbero per lo meno dovuti chiedere quale fosse il desiderio del defunto. L’altra sera passeggiavo con un mio amico e Argo, il suo adorato cane. Si vogliono bene quei due, con rispetto reciproco: si ascoltano anche se parla uno solo.
Il mio amico dice che anche il cane parla, anche se a modo suo. Facevamo una passeggiata e il cane voleva entrare in un giardino pubblico, ma c’era il cartello sul cancello: vietato l’ingresso ai cani. Il mio amico ha tirato il guinzaglio piano e lo ha chiamato e gli ha detto: Argo non possiamo entrare, lì i cani non possono entrare.
Io ho detto, perché parli al plurale? Lui non può entrare ma tu sì. Solo i cani non possono entrare. E lui mi ha detto: se non entra lui non entro nemmeno io. E non parlava del fatto che il cane non poteva entrare da solo e poi comunque c’era il guinzaglio a legarli. Perché non era il guinzaglio che li legava ma l’affetto, l’amore direbbe lui. E allora lui parlava al plurale: lì non possiamo entrare perché è vietato ai cani. Ecco a questo pensavo prima. Chissà se quel defunto era un signore come il mio amico, uno che diceva: entro solo dove può entrare il mio cane. Se fosse stato così ci sarebbe stato un funerale in meno.
C’è chi storce il naso sugli amori canini. Tempo fa una signora con un cane era venuta a trovarmi per parlare e, dal momento che Fido aveva paura ad entrare in casa, eravamo rimasti a passeggiare in strada. Al mio rientro un signore mi ha detto: di’ a quella signora di ammazzarli i cani. Poi, parlando tra sé: e c’è anche gente che abortisce!
La cosa mi ha ferito e l’ho rimproverato, ma poi ci ho riflettuto. Storcere il naso quando c’è di mezzo l’amore vuol dire sempre perdere un’occasione. Anche, ovviamente, quando l’amore è tra un uomo e un cane. A storcere il naso sull’amore si perde l’amore.
Ma non c’è differenza tra amore per un cane e Amore per una persona? Non c’è un amore con la minuscola e uno con la maiuscola? Lo dicono, ma si sbagliano. Non credo Dio conosca le maiuscole. Per lui i nostri amori sono grandi quanto il Suo di amore. Ogni amore è grande, anche se è a quattro zampe. Ogni amore è meritevole di maiuscola. Non dimentichiamoci che i cani erano nel Paradiso terrestre prima di noi e assieme a noi e, se ne sono usciti, è per colpa nostra. Non loro. Loro dovrebbero ritenere minuscolo l’amore per noi. Li abbiamo costretti a lasciare un giardino meraviglioso, dove non c’erano aree per cani chiuse con i cancelli.
Non dimentichiamo poi che Dio chiede a Noè di salvare, nell’arca, pochissimi uomini e tutti gli animali. E nei vangeli sono diversi i cani a fare una bella figura: quello di Lazzaro(cfr Lc 16,21) e quello del colloquio di Gesù con la donna Siro Fenicia (Mt 15).
Quei preti avrebbero forse dovuto riflettere sul fatto che dopo il peccato originale, l’amore dei cani per noi era così totale che quando ci hanno visto andar via, scacciati perché l’avevamo combinata grossa, hanno scelto l’esilio con noi e ci hanno trotterellato a fianco sereni perché dove è il loro padrone, lì è il loro paradiso.
E allora io penso che a Pavel il Labrador, i miei confratelli sacerdoti abbiano inflitto il purgatorio già qui. Ma che quando morirà andrà in paradiso. Vicino al suo caro padrone.
Tratto da Agi