Articoli / Blog / Rebibbia | 23 Febbraio 2019

Agi – Non è vero che in carcere finiscono solo i poveracci

Diversamente dalla vulgata per cui “in carcere in Italia non ci va nessuno tranne i poveracci” finire in carcere in Italia è, oggi come oggi, relativamente facile. Lo insegna la vicenda di Roberto Formigoni come quella di tanti altri. La prima impressione che mi regalò il carcere di Rebibbia quando cominciai a frequentarlo da cappellano, fu quella di comprendere una frase di Papa Francesco che mi aveva sempre sorpreso. Fin dagli inizi del suo pontificato, all’entrare in un carcere il vescovo di Roma diceva “ogni volta che entro in un carcere mi domando perché loro e non io”.

Fino al mio arrivo a Rebibbia, questa espressione mi sembrava una frase retorica, una forzatura: “come perché loro sì e io no? esclamavo silenzioso dentro di me: è evidente! Loro hanno commesso dei delitti e io no”. Ma frequentare il più grande carcere d’Italia mi ha aperto gli occhi. 

Un po’ colpevoli e un po’ innocenti

In prigione ci sono tanti colpevoli che scontano giustamente la loro pena e ci sono anche degli innocenti ma, soprattutto, ci sono tantissimi che sono un po’ colpevoli e un po’ innocenti. Persone che hanno compiuto dei delitti perché coinvolti in ambienti, in “giri”, in modi di fare, che rendono estremamente difficile non infrangere la legge. Senza arrivare al caso estremo dei figli dei mafiosi, è sufficiente pensare a un pizzaiolo che vive in un quartiere malavitoso e che, assistendo a una rissa con omicidio vicino al suo locale, per legge di strada e per paura, non vuole rivelare i nomi dei protagonisti.

Un ragionamento simile vale anche per i nomi eccellenti, per persone che hanno fatto tanto nel campo della politica, dell’edilizia, della finanza, delle banche. Sono pensieri che mi vengono alla mente leggendo della condanna a 5 anni e 10 mesi a Roberto Formigoni, che entra nel carcere di Bollate a 72 anni, a piedi e vestito con un cappotto scuro. Ci sono state delle veglie di preghiera perché il giudizio in Cassazione cambiasse, ci sono le dichiarazioni degli amici convinti della sua innocenza, ci sono politici importanti quali Sala e Berlusconi pronti a dargli tutta la loro solidarietà umana; e ci sono però anche resoconti giornalistici difficili da leggere che parlano del “delinquente” Formigoni come se al carcere di Bollate entrassero Totò Riina o Cesare Battisti.

Una realtà nuova

L’assoluta novità alla quale sto alludendo è quella che per cui oggi, in Italia, finiscono in carcere anche persone che mai e poi mai avevano pensato di condurre una vita contro la legge. Chi iscrive la propria vita “al lavoro” del mafioso, del trafficante d’armi, dello spacciatore, del rapinatore è doveroso che immagini la possibilità di trascorrere parte della vita, o tutta la vita, in carcere. Ma oggi in Italia siamo di fronte a una realtà nuova. Oggi, in Italia, il carcere è un concreto esito esistenziale anche per il politico, per l’imprenditore, per il finanziere, per il banchiere, per il professionista. E aggiungo: per il giornalista, per l’insegnante, per il professore, per il medico, per il prete.

Sto pensando a carriere professionali che certamente vengono intraprese non al fine di delinquere ma al fine di lavorare per il bene, per migliorare la società, oltre che, certamente, anche il proprio tenore di vita. Mi colpisce il caso di Concita De Gregorio che in carcere non c’è finita, è vero, ma per colpa delle cause che hanno colpito L’Unità quando lei era il direttore, ora si trova con casa pignorata e cinque milioni da pagare per risarcimento danni. Non sto mettendo in dubbio la sentenza che condanna Formigoni, sto cercando di dire che in questo momento nel nostro paese c’è qualcosa che non funziona.

Oggi come oggi, l’unico modo che hai in Italia per essere certo di non correre mai il rischio di finire in carcere non è solo il proposito di non delinquere mai ma anche quello di svolgere molte professioni a livello mediocre. Perché se vuoi impegnarti, rischiare, se vuoi cambiare in meglio le cose, devi mettere in conto che sarai chiamato ad essere un eroe. Quando, se fossimo in una società normale, per avere gli stessi risultati dovremmo semplicemente essere delle persone coscienziose. 

Tratto da Agi