Se “mi” racconto mi conosci – Pierluigi Proietti e Gabriella Giovannitti: dalle ferite si può rinascere

Continua la rubrica di Alessandra Bialetti «Se “mi” racconto mi conosci». Chiunque desidera può contribuire inviando la propria testimonianza a [email protected]


Entrambi hanno alle spalle un Matrimonio naufragato e poi riconosciuto nullo. La dolorosa esperienza che hanno vissuto ha spinto questa coppia a mettersi al servizio di altri sposi in difficoltà

Un ospedale da campo. Papa Francesco usa questa immagine per descrivere la nostra Chiesa: un ricovero per i numerosi feriti di una guerra in corso. Uomini e donne dal cuore ferito sono le coppie separate o divorziate, come pure i coniugi in crisi che non trovano supporto. Il Centro Betania della diocesi di Roma, nato nel 2004 da un’ispirazione di Laura Viscardi, si pone al loro servizio attraverso la consulenza familiare e percorsi formativi. Una particolarità del Centro Betania è l’essere costituito da coppie. Coppie in aiuto di altre coppie. Ma non si tratta di “coppie perfette” che soccorrono “coppie imperfette”. Tra di loro vi è anche chi porta su di sé cicatrici di ferite guarite.

Pierluigi Proietti e Gabriella Giovannitti si sono sposati nel 2000, avendo entrambi alle spalle un fallimento matrimoniale. Gabriella non usa giri di parole: «Il “progetto famiglia” in cui hai creduto e investito tutto, in cui sono nati e cresciuti i figli, crolla. Dal punto di vista affettivo, sei tra le macerie».

Gabriella riceve un’educazione cristiana molto legata ai valori, si sposa a 25 anni, ha una bambina. «Ma ci mancava la coscienza delle nostre storie personali. È sacrosanto quanto dice papa Francesco in Amoris laetitia: se non si è elaborato il proprio percorso personale, questo può deflagrare nella vita di coppia».

Pierluigi racconta di essere arrivato al Matrimonio senza consapevolezza della vita di coppia e del sacramento. Diventa papà, ma con la crisi matrimoniale arrivano la separazione legale e il divorzio. «Abbiamo percorso le strade della sofferenza, della solitudine e del dolore dei figli», racconta. «Non è stato facile. Poi ho conosciuto Laura Viscardi e Claudio Gentili, che sono stati per me come il buon samaritano: si sono avvicinati alla mia ferita, mi hanno curato e mi hanno consegnato alla Chiesa».

Il buon samaritano di Gabriella è invece sua sorella, che la invita ad alcuni incontri in parrocchia. Gli stessi che sta seguendo anche Pierluigi. È il 1992. Tra i due nasce un sentimento, che seguono con grande cautela e facendosi guidare, per non arrecare altre sofferenze a sé e ai figli. Entrambi avevano già avviato le cause di nullità – durata cinque anni per Pierluigi, otto per Gabriella – un tempo doloroso, ma messo a frutto ripercorrendo il proprio passato, e guardando in faccia errori e difficoltà.

Dopo il Matrimonio, sboccia in Gabriella e Pierluigi la consapevolezza di una vocazione. Decidono di dedicarsi alla pastorale familiare, e di offrire ad altri quel supporto che a loro è mancato. Frequentano il corso biennale proposto dalla diocesi di Roma, poi un triennio alla scuola per consulenti familiari, infine il master triennale presso il Pontificio istituto Giovanni Paolo II. Dal 2006 collaborano al Centro Betania, infine affiancano don Paolo Gentili nell’Ufficio per la pastorale della famiglia della Conferenza episcopale italiana. Hanno offerto la propria testimonianza personale in tante diocesi e allo stesso papa Francesco, in occasione del Convegno di Firenze nel 2015. «Al termine del nostro racconto, il Papa si è alzato e ci ha abbracciati. È stata un’emozione grandissima… è stato davvero un padre», ricorda Pierluigi non senza commozione.

Il Centro Betania promuove tanto la crescita nella consapevolezza di sé e dell’essere in relazione con gli altri quanto l’apertura alla trascendenza, attingendo anche alle scienze umane, illuminate dall’antropologia cristiana. Al primo posto, tra i punti critici che Pierluigi e Gabriella rilevano dal loro servizio di consultori, c’è la mancanza di consapevolezza. E questo rimanda alla qualità dei corsi di preparazione al Matrimonio, spesso troppo veloci, o incapaci di introdurre le persone alla concretezza del Matrimonio e alla sua dimensione sacramentale. Un secondo aspetto riguarda la nascita dei figli, specie il primo. «Si tratta di un’autentica rivoluzione copernicana», spiega Pierluigi, «perché cambia ogni cosa nella vita della coppia, dalle ore di sonno a quelle di veglia. Capita poi che la mamma, portata per natura ad avere un rapporto privilegiato con il figlio, tenda a trascurare il rapporto con il marito, che diventa vulnerabile». Una terza fonte di difficoltà proviene dal rapporto con le famiglie d’origine. «La moglie che chiede consiglio ai propri genitori invece che al marito, o il marito che tornando a casa dal lavoro passa prima da mamma… Oggi l’adolescenza si protrae, e si entra nel Matrimonio restando un po’ figli», constata Gabriella. «Soprattutto, bisogna fare i conti con i modelli parentali che ognuno si porta dentro e replica anche nel proprio rapporto di coppia. Occorre prenderne coscienza per governarli e poterne scegliere altri, affinché la nuova famiglia sia davvero nuova».

Sempre più sono, inoltre, i casi di “coppie parentali”, ossia di coppie separate che chiedono un aiuto su come realizzare insieme il bene possibile per i propri figli. «La stabilità di una famiglia unita è la cosa che i genitori separati più rimpiangono di non poter dare», osserva Pierluigi. «Per questo li invitiamo ad assumersi la loro responsabilità ed essere alleati come genitori. Perché i figli con la separazione subiscono una ferita che spesso incide sull’autostima e sulla capacità di entrare nella vita». Nonostante tutto, elaborando queste stesse ferite, possono maturare nuove risorse.

«I nostri figli», aggiunge Gabriella, «hanno appreso una profonda consapevolezza che la vita è punteggiata di limiti, degli altri e propri, ma ciononostante si può andare avanti. Sanno che c’è un Bene che va oltre i nostri sbagli, cadute, debolezze». E questa è sicuramente una risorsa anche per la loro vita, ora che sono diventati adulti.

Ci sono infine due parole che Pierluigi e Gabriella annunciano: perdono e riconciliazione. «Questo non significa continuare a frequentare gli ex coniugi o creare famiglie magmatiche, che è deleterio e confusivo per i figli», chiariscono, «ma avviare un percorso personale che porti al perdono e a una serenità dei rapporti».

Conclude Pierluigi: «Occorre perdonare il coniuge e sé stessi. E riconciliarsi, se l’altro lo permette. Questo è un grande bene per i figli… non è “il” bene, ma è il massimo bene possibile in questa determinata condizione».

Tratto da Credere