Una giornata di Susanna – La recensione di Massimo Morasso per L’EstroVerso
Nel suo terzo romanzo, Una giornata di Susanna (Cooper, 2018), Mauro Leonardi racconta con sottile sapienza psicologica una storia d’amore. La storia di una crisi matrimoniale che ci ricorda tante cose “scomode” di noi, senza aver l’aria di volerci fare la morale. Per esempio, ci dice che lasciar spazio all’impulso di vivere nel peccato non significa, di per sé, che si viva al di fuori della Fede – e che nel lungo corso di una vita può capitare a chiunque, prima o poi, di camminare sul crinale interiormente sdrucciolevole dove bene e male, virtù e vizi tendono a scambiarsi le parti, o perlomeno a confondersi.
Susanna Marchiori ha quarantasette anni, un marito, due figli, un gatto e… un amante con il quale non ha ancora fatto l’amore. Susanna è una donna cattolica, che va a messa quasi tutti i giorni, e sta vivendo in castità la sua rivitalizzante passione per Umberto, un giornalista vaticanista, probabilmente inveterato “sciupafemmine”, per il quale lavora. Ma a un certo punto, un punto mentale cui non arriva per vie di obnubilamento sensuale della ragione, ma viceversa, si direbbe, per la via dritta dell’auto-auscultazione interiore, decide di darsi a Umberto, anche fisicamente. Una giornata di Susanna è la storia di Susanna e delle persone che più le sono vicine nelle ventiquattro ore che vanno dalle tre di notte di una qualsiasi notte romana di oggi alle tre di notte di un’altra qualsiasi notte romana di oggi. In mezzo, quello che Susanna ha previsto essere (chiamiamolo così) il D-Day del dono di sé all’uomo che le sta incendiando l’anima. La trama del libro, in fondo è tutta qui, o quasi – intendendo per “quasi” l’Imprevedibile a tinte tragiche, e non solo, che scombina in corso d’opera il piano adulterino della signora. La principale abilità di Leonardi sta nel tratteggiare una materia a un tempo così trita e scottante nei modi di un intrigante giallo metafisico. Che nei trentasei brevi capitoli che ne fanno il corpo testuale si dipana come un lungo, tortuoso flusso di coscienza che investe tutto e tutti, compreso il narratore e le sue strategie sceniche a intreccio. Seguendo i bivi dell’intelligenza emotiva dei suoi tre personaggi aperti al brivido del giudizio su di sé – Susanna, Umberto e Guido, il fragile marito “senza qualità” della donna -, Leonardi dà voce a una richiesta di rinnovamento interiore che trova sfogo, e senso, soltanto nella perturbante, scandalosa verità dell’amore: una verità che non sta, immobile, nell’alto dei cieli, ma che si mette in gioco umanamente nella prova della relazione, e della sua difficile cura. A sostenere felicemente le trame thrilling del romanzo sono una scrittura fluida, fatta di frasi brevi e incisive, e un’algebra dei valori morali per la quale, com’è giusto, due più due non fa sempre e senza dubbio quattro:
Guido lo sa, Guido lo sa che non lo sto tradendo.
Non sto tradendo nessuno perché Guido ha scelto di non esserci più. Se ne è andato nel modo più doloroso e vigliacco che esista: rimanendo. Non mi ha amata più nel modo più doloroso e vigliacco che esista: facendo il bravo marito. Non mi ha più parlato nel modo più doloroso e vigliacco che esista: non ascoltandomi più. Non ha fatto più l’amore con me nel modo più doloroso e vigliacco che esista: facendo sesso senza baciarmi né guardarmi. Come questa notte che ha voluto un regalino, e io gliel’ho dato.
Tratto da L’Estroverso