Blog / Una giornata di Susanna | 11 Novembre 2018

Una giornata di Susanna – La serata a Genova: l’intervento di Ninny Parodi

Venerdì si è svolta la presentazione di Una giornata di Susanna a Genova. In attesa di pubblicare un post con il video dell’incontro e le foto, ecco il testo dell’intervento di Ninny Parodi

Penso che in genere chi presenta un libro, idealmente tiene in mano due fili.

Il primo è tessuto con i colori della biografia dell’autore e con i colori della motivazione che spinge a sceglierlo e ad apprezzarlo; possono essere ricordi personali, consonanze spirituali e culturali: potremo definirlo il filo della “sintonia.”

Proprio in questo senso è spontaneo, per me, ricordare il primo incontro con Mauro Leonardi, quando fui invitata da comuni amici a presentare un altro dei suoi libri: “Abelis” era il 2013.

A questo punto il primo filo è andato oltre i colori della conoscenza casuale, per acquisire quelli dell’amicizia e della stima crescente nello scoprire, oltre lo scrittore, la persona coerente, coraggiosa, umana e appassionata.

Ed eccomi al secondo filo, più robusto e policromo, che s’inoltra, invece, in quest’ultima opera considerata e apprezzata nei suoi vari aspetti, letterario, (con un suo stile che può apparire ostico per certe orecchie, ma è vero) l’aspetto esistenziale, ma per me soprattutto psicologico. 

“Una giornata di Susanna”, potrei dire che è la storia di una crisi, del tramonto di un amore, ma in realtà non è solo questo.

Il testo offre molteplici spunti e invita ad una attenta riflessione sul valore della relazione e sul senso della vita.

Naturalmente è facile pensare che sia una storia specchio dei nostri giorni, ma non è proprio così perché in realtà è storia antica, che abbiamo ascoltato innumerevoli volte, di quelle che un tempo erano sofferte e vissute sommessamente, sotto la cenere di un amore spento o di un malinteso senso dell’amore, che poi non aveva retto alle prove della vita; storie di silenzi, di lontananza affettiva, di una crescente estraneità, di indifferenza.

Si pensava, un tempo, che fosse sempre più opportuno tacere, per l’ipocrisia di una società più propensa a stendere veli pietosi, con l’intento di ignorare o la pretesa di cancellare storie scomode, sconvenienti, inopportune.

Quelle situazioni di vicende lontane si ritrovano puntualmente nella nostra realtà e, poterne parlare con maggiore libertà e schiettezza ci aiuta a penetrare gli interni delle geografie dell’anima, con la segreta speranza di vedere con occhi nuovi il nostro presente e le complesse dinamiche della vita. Sono racconti di anime ferite!*

L’anima…la vita segreta, nascosta, ignorata. L’anima! Così come emerge dalle parole della protagonista.

Peccato che in tanti abbiano smesso di chiedersi cos’è l’anima e quanto soffre nel segreto, nell’incomprensione o peggio ancora nell’indifferenza.

Credo che, questo libro ci mostri il dilagare dello smarrimento, prima, e della ricerca dopo, per recuperare un bene grande e importante: la possibilità di ritrovarsi!

Negli anni del liceo, studiando filosofia ci ripetevano un’inesattezza, dicendo che la psicologia è la scienza dell’anima. Definizione un po’ approssimativa, non esaustiva, ma che ci fa capire come certe espressioni affettive, tipicamente umane, che ritroviamo in queste pagine, appartengono proprio a una sfera che va oltre i comportamenti più visibili  e riguarda il mondo delicatissimo dei sentimenti spesso ignorati e talvolta maltrattati.

Per migliaia di anni si è cercato di localizzarla quest’anima, per capire che posto occupa nel nostro corpo e nella nostra mente, per uscire dalla vaghezza e dalla astrattezza del termine. Paradossalmente proprio oggi che è diventata visibile, grazie alle tecniche di scansione cerebrale, abbiamo smesso di parlarne.

Mi spiego meglio, è chiaro che l’anima in senso spirituale non è localizzabile in un’area precisa e circoscritta, ma le espressioni dell’anima sì, le neuroscienze ci vengono incontro dando un orizzonte di senso a quello che prima non era individuabile.

L’anima è il luogo ideale delle emozioni, e noi sappiamo che il sistema limbico è il centro cerebrale, che in questo senso riveste un ruolo cruciale, così come l’ippocampo è l’organo per il consolidamento della memoria e l’amigdala insieme ai neurotrasmettitori che circolano nel cervello, hanno un ruolo nella determinazione  dei sentimenti.

Si suole dire “Ti voglio un bene dell’anima”, “Mi hai ferito in fondo all’anima”, ma i bisogni dell’anima non sempre sono avvertiti con chiarezza, perché in questo campo siamo tutti un po’ pellegrini distratti e analfabeti.

L’inconscio invia molti segnali alla coscienza, ma spesso il percorso è a senso unico, viene sbarrato e così il segnale si perde e la comunicazione si interrompe.

Dobbiamo ascoltarli questi segnali, sono la bussola della nostra vita.

Dobbiamo imparare l’arte dell’ascolto, per capire l’insorgere dei conflitti, per capire chi siamo e cosa vogliamo in questa nostra unica, importante avventura della vita.

I meccanismi del nostro cervello sono pronti ad aiutarci purché ne teniamo conto e comprendiamo che non è possibile vivere improvvisando o lasciando che le esperienze ci abitino mentre noi restiamo inerti o ancor peggio per la paura di capire o di andare al profondo delle cose, guardiamo altrove.

Grazie ad una rinnovata coscienza dei nostri bisogni il cervello crea schemi, modelli, mappe e il fatto che possano diventare un vantaggio o un handicap dipende solo dalla nostra consapevolezza, nel vivere le esperienze e dal modo in cui le viviamo.

Il cervello costruisce di continuo un’immagine della realtà, che rispecchia molto più la vita interiore della realtà esterna.

Ma ci vuole cuore per sentire e ci vogliono occhi per vedere, disponibilità ad accogliere, aperture e non chiusure.

Ecco perché conviene prenderci più cura dell’anima, centro propulsore della nostra esistenza, perché in essa è racchiuso il colore del nostro futuro. 

Mauro Leonardi, l’ho già detto, è scrittore coraggioso e capace di affrontare senza veli né atteggiamenti farisaici temi attuali e scottanti, esponendosi molto spesso a critiche ingiuste e fuori luogo da parte di chi vive da pusillanime, dentro gli orizzonti angusti dell’ipocrisia e del giudizio.

Mauro Leonardi in sintesi, come uomo e come sacerdote, corrisponde all’invito di Papa Francesco, che chiede ad ogni credente, laico o consacrato di essere Chiesa in uscita. E lui lo fa, ascoltando, accogliendo, testimoniando ed evitando di lasciare feriti sul campo, quelli di cui ha detto bene il nostro Papa nella Esortazione apostolica più discussa e meno capita che è “Amoris Laetitia”. Dice il S. Padre: “la Chiesa è un ospedale da campo, e quanti feriti ci sono!”

Vivere, lo sappiamo bene, spesso si traduce in una costante tensione fatta di desideri e di solitudine, di troppe parole private del loro significato o di comunicazione non adeguata, scomposta o talora inesistente, che logora, stravolge e impoverisce il senso stesso della relazione.

Tutto questo genera, in chi è ferito, un insoddisfatto quanto naturale bisogno di peregrinare con la fantasia, in cui ciascuno decide di seguire una traccia personale che potrebbe essere salvifica e fonte di riscatto, oppure in taluni casi, un’impegnativa assunzione di rischi, non priva di difficoltà, nella ricerca di un destino migliore in cui ritrovare la speranza per un nuovo orizzonte di senso. *

I passaggi degni di attenzione nel testo sono tanti, sono belli, spesso la prosa diventa poesia, ma vorrei porre l’accento, in particolare, sul ruolo dell’amica di Susanna, Maddalena, che nel significato analitico e nella simbologia onirica, fa riferimento alla parte più profonda dell’essere in generale e della protagonista in particolare, che emerge nel momento angoscioso e difficile del dubbio e della scelta: la coscienza. Il dialogo tra Susanna e Maddalena è impegnativo, vivace fino ad acquisire toni accesi che non accettano fughe dialettiche o giustificazioni vittimistiche da parte dell’interlocutrice. *

E’ la trasposizione letteraria di quei momenti forti, che la vita non ci risparmia e che ci costringono a dialogare con la nostra coscienza, che non accetta più di restare in silenzio.

E’ un richiamo alla possibilità di recuperare, con coraggio e onestà, quella parte di sé ferita e dolorante che vive il conflitto, tra la nostalgia di un amore impallidito e la speranza di una nuova possibilità o il rischio di un’altra delusione. *

“L’amore non basta per amare” recita una poesia del nostro autore.

Non si può amare solo con la voglia d’amare.
Con il voler amare
Con il voler restare
Perché poi non basta
Non regge
Per amare ci vuole una storia da vivere
Ci vuole tempo.*

Ecco il messaggio importante di questo bel lavoro letterario, un richiamo a guardarsi dentro, ma sopratutto a non sottovalutare mai l’importanza dell’altro che abbiamo scelto e che ci vive accanto.

 

Ninny Parodi è nata ad Avola (SR) e si è laureata nel 1966 in Lettere Classiche presso l’Università degli Studi di Catania con una tesi in Storia Romana. Dopo aver ottenuto la cattedra di Italiano e Latino si è dedicata per alcuni anni alla docenza. Ha ripreso gli studi e si è laureata nel 1975 in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Dopo la specializzazione in Psichiatria si è dedicata alla Analisi Junghiana nell’ambito di un Dottorato di ricerca ed è stata docente di Psicologia Clinica. Ha conseguito il Master di Programmazione Neurolinguistica negli USA con Richard Bandler e in quest’area ha pubblicato vari lavori sulla neuro semantica. Ha collaborato con il Centro Delaney e Flowers for Study of Dreams  e fa parte del ASD: Associazione per lo studio dei sogni. Attualmente vive e lavora a Genova