Blog / Luciano Sesta | 05 Novembre 2018

Le Lettere di Luciano Sesta – Identità omosessuale e conversione. Un pensiero sul video di Alessandro Scorza

Più di un amico mi ha chiesto un parere su un video, che sta diventando virale in alcuni ambienti, di Alessandro Scorza, un ragazzo gay, palermitano, che annuncia pubblicamente di essere stato liberato dal demonio, e di aver così riconquistato la sua vera identità eterosessuale, che Dio aveva pensato per lui sin dalla creazione.

Non condivido l’atteggiamento di censura che circola sul video. Siamo in un paese libero e democratico, in cui ciascuno può esprimere il proprio punto di vista, soprattutto se lo fa, ancorché pubblicamente, in ambienti circoscritti, come il gruppo cristiano a cui appartiene il ragazzo. Perché censurare allora? Perché il video alimenta l’omofobia? Al contrario: nessuno che non sia omofobo lo diventerà a causa di quel video; censurandolo, invece, chi è già omofobo si convincerà ancor di più di aver visto bene. Di fronte a un’evidente falsità, infatti, non ci si arrabbia ne’ la si censura. Anzi, la si pubblicizza, perché la falsità si sconfessi da sola, e la verità, per contrasto, risalti con maggiore forza. Insomma: o il video racconta bugie, e allora smascheriamolo; oppure dice la verità, e allora censuriamolo.

Fatta questa precisazione, e condannata ogni scomposta reazione di odio nei confronti di Alessandro Scorza, credo che testimonianze come la sua, soprattutto se rese pubbliche, inducano a generalizzare una condizione, quella omosessuale, che presenta differenze notevoli, da caso a caso. Una di queste improprie generalizzazioni, per esempio, è di credere che l’omosessualità, in quanto tale, abbia le cause che Scorza individua per la propria: un inganno del demonio e una figura paterna assente. Se questo può valere per Scorza, non vale per tanti altri omosessuali, anche cristiani. L’omosessualità c’è dagli albori della storia umana, e l’idea che dipenda sempre dalla mancanza di una figura paterna è chiaramente contraddetta non solo da tutti quei casi di omosessualità non riconducibili a questo fattore, ma anche alla stragrande maggioranza di eterosessuali cresciuti privi di un padre.

L’errore di molti, qui, sta nel non distinguere il piano scientifico, o anche teologico, delle cause dell’omosessualità, da quello umano del rispetto delle persone. Io credo che si possa e si debba rispettare il cammino personale di ciascuno, soprattutto se costellato da sofferenze e difficoltà. E che, per farlo, non abbiamo bisogno di stabilire, oggettivamente, se l’omosessualità è una maschera che il demonio ci mette addosso sadicamente (Scorza) o una condizione naturale (American Psychiatric Association).

Con tutta la libertà di testimoniare x o y, dovremmo allora lasciare che ogni persona, con la sua fede o il suo ateismo, in compagnia delle persone che si sceglie come amici o si ritrova come parenti, sia libera di pensare e di vivere la propria affettività nel modo che ritiene giusto. E non si tratta di banale “relativismo”, come se gli esseri umani fossero tutti sessualmente neutri e ognuno, poi, decidesse arbitrariamente da che parte stare. Non è così. Ognuno ha una propria vera identità. Chi siamo davvero, però, possiamo scoprirlo solo se non ce lo impongono. Altrimenti a essere un'”identità contraffatta”, come dice Scorza nel video, è non solo l’omosessualità, ma anche l’eterosessualita’ d’ufficio che l’omosessuale deve conquistarsi per “regolarizzare” la propria posizione di fronte a Dio e agli altri. Dimenticando così l’essenziale, e cioè che Dio è Dio perché è il Solo capace di amare senza chiedere nulla in cambio.

Il paradosso, qui, è che proprio chi abbia avvertito, anche una sola volta nella vita, un amore che non chiede nulla in cambio, cambia. Che non significa, necessariamente, “diventa eterosessuale”. Può significare anche che attui la conversione più difficile, che non è comportarsi moralmente bene, ma saper accettare la propria fragilità – come un eterosessuale accetta la propria – senza vantarsene, certo, ma nemmeno vergognandosene, e dunque guardandosi come Dio stesso ci guarda, e cioè come figli, qualunque cosa facciamo o sentiamo.

E qui trovo un’ambiguità nella testimonianza di Scorza, che non distingue l’omosessualità alimentata dalla pornografia, che egli, coraggiosamente, non si vergogna di confessare di aver vissuto, dalla condizione omosessuale in quanto tale. Non bisognerebbe identificare il comportamento omosessuale promiscuo o narcisistico con l’omosessualità. Promiscuità, pornografia e narcisismo esistono anche negli eterosessuali. Ma nessuno direbbe, per questo, che l’eterosessualità, in quanto tale, è promiscua o narcisistica. Sembra invece che Scorza, pur in buona fede, confonda qui la liberazione da un certo tipo di peccato, che è un'”azione”, con la liberazione dall’omosessualità, che è invece una “condizione”.

E allora va bene la testimonianza di Scorza, che incontra Dio abbandonando la propria omosessualità promiscua, ma a patto che vada bene anche la testimonianza di chi, pur rimanendo omosessuale, ci racconta che Dio è venuto a salvarci dall’egoismo, non dall’omosessualità. Che non è mai stata un peccato, nemmeno per il Catechismo della Chiesa Cattolica.

Qui sotto il link al video, con commenti che, purtroppo, rendono ancora più urgente una pacata riflessione sulla vicenda…

https://www.facebook.com/675728529230196/posts/1400509860085389/

 

Luciano Sesta, sposato e padre di quattro bambini, è docente di Storia e Filosofia nei Licei Statali Insegna Antropologia filosofica e bioetica all’Università di Palermo, ed è stato membro dell’Ufficio della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo. Ha pubblicato numerosi saggi nell’ambito della teologia morale, della bioetica e dell’etica