Blog / Renato Pierri | 24 Ottobre 2017

Le Lettere di Renato Pierri – L’Antico Testamento ignora la trasmissione del peccato originale

«Perciò, come a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte, e così la morte dilagò su tutti gli uomini per il fatto che tutti peccarono… » (Rm 5, 12). E’ questo uno dei versetti della Lettera ai Romani di San Paolo, sui quali la Chiesa fonda essenzialmente la dottrina della trasmissione del peccato originale.
Però, sia il Vangelo, come già ho scritto in un precedente articolo, sia l’Antico Testamento, non solo ignorano la dottrina della trasmissione del peccato originale, ma addirittura sembrano escluderla. E pensare che proprio l’Antico Testamento ne avrebbe dovuto parlare, giacché è la Genesi a narrarci del peccato di Adamo ed Eva. Perché nessun cenno alla trasmissione del peccato a tutti gli uomini, della quale parla San Paolo? Forse perché, contrastando con la ragione e il senso della giustizia, non venne in mente agli autori biblici?
Ma vediamo qualche passo dell’Antico Testamento che ignora e sembra escludere la trasmissione del peccato originale.
“Il Signore disse a Noè: «Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione” (Gn 7, 1). Noè è descritto così: “Noè era un uomo giusto, integro tra i suoi contemporanei, e camminava con Dio” (Gn 6,9). Ma non solo lui era giusto: “Con te stabilirò la mia alleanza: entrerai nell’arca tu e i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei figli tuoi”. Narrazione fantasiosa, ovviamente, ma resta il fatto che si parla di uomini giusti che “camminano col Signore”. La domanda è: “Agli occhi del Signore, Noè e la sua famiglia avevano “una natura umana decaduta e contaminata dal peccato originale” (cfr par. 1250 del Catechismo)? Se lo sarà chiesto San Paolo?
In Ezechiele leggiamo: “Se uno è giusto e osserva le norme e la giustizia, non fa pasti sacri sui monti e non alza gli occhi verso gli idoli… segue i miei decreti e rispetta le mie norme, così da comportarsi rettamente, questi è giusto e di certo vivrà: oracolo di Dio, mio Signore” (18, 5. 6. 9).
E in Isaia: “Ecco, un re regnerà secondo giustizia ed i principi reggeranno secondo il diritto” (32,1).
Salmo 1, 1- 2: “Beato l’uomo che non camminò nel consiglio degli empi e nella via dei peccatori non ristette e nel consesso dei beffardi non s’assise; ma nella legge del Signore è il suo diletto”.
Insomma, è evidente che nell’Antico Testamento, per essere in grazia di Dio, basta “camminare col Signore”, fare la volontà di Dio, fare il bene e non il male.
Ma torniamo ancora alla Genesi, il libro per l’appunto che narra del peccato dei primi uomini e quindi più di altri, come accennavo, avrebbe dovuto fare almeno un cenno alla trasmissione del peccato a tutte le generazioni.
In Genesi 9, Noè è considerato un nuovo Adamo, ed infatti il Signore parla a Noè come se fosse Adamo prima del peccato: “Poi Dio benedisse Noè e i suoi figliuoli e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra…» (Gn 9,1).
Nella Prima Lettera ai Corinzi, San Paolo scrive che Cristo è morto in croce a causa dei nostri peccati, senza fare cenno al peccato originale: ” Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture”.
Se non avesse espresso quel pensiero nella Lettera ai Romani, probabilmente nessuno, basandosi sul Vangelo e sull’Antico Testamento, avrebbe potuto ritenere che i bambini “nascono con una natura umana decaduta e contaminata dal peccato originale”, bisognosi d’essere “liberati dal potere delle tenebre”(n. 1250 del Catechismo).
Renato Pierri

P.S. Il precedente articolo si intitolava “Il Vangelo ignora la trasmissione del peccato originale” ed è apparso su Rosebud e sul blog “Come Gesù”.

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