Articoli / Blog | 09 Ottobre 2017

Agi – La storia della bimba down affidata a un single svela quanto siamo farisei

Dopo sette rifiuti, il Tribunale dei Minori di Napoli decide di affidare una bimba down a un single. Quanto dolore, quanta crudeltà, quanta ipocrisia c’è in questa notizia? Queste domande bussano con violenza alla porta del mio cuore. Di uomo, di cattolico, di prete. Perché, il nord Europa lo insegna, la tendenza che si va affermando è che la gravidanza di bimbi con danni genetici non si porti a termine: con la diagnosi prenatale la malformazione viene individuata e, quasi sempre, i genitori decidono di interrompere la gravidanza. Così dicono le statistiche. Però noi cattolici a questo ci opponiamo perché noi cattolici siamo convinti che la vita debba essere vissuta sempre e a ogni condizione: ma, noi cattolici, questo riusciamo a dirlo solo con le labbra?

Ovviamente non conosco i genitori di questa bambina che rimangono anonimi, ma credo sia lecito, visto che si tratta di Napoli, pensare “in cattolico”. La madre che vuole tenere la bimba ma non la vuole tenere lei, i potenziali genitori in lista d’attesa che avranno fatto ogni sforzo per avere figli senza riuscirci, saranno cattolici? Saranno credenti che “la vita va difesa ad ogni costo” ma non chiedete a me di tenere una bimba down: io sono d’accordo, ma ci pensi qualcun altro?

E rispetto alle adozioni gay come risponderemo alla moltitudine di domande che questo fatto grida da solo?

Perché se sei single in Italia non puoi adottare, perché in Italia possono adottare solo le coppie etero: ed è così grazie ai cattolici (lo dico in maniera sintetica, ma sfido chiunque a non capire quello che sto dicendo). Però la legge prevede che se il bambino ha gravi disabilità la condizione “non negoziabile” dell’essere “mamma & papà” non vale più e può adottare anche un single, e chissà perché.

Pezzetti di queste domande le trovi un po’ dappertutto nelle cronache sul dramma di questo no ripetuto sette volte ma nel cuore del cattolico – forse anche per la confidenza con il “sette” biblico – rintoccano come le campane a morto, quelle che una volta suonavano a distesa nella valle per dire che c’era un funerale. Perché Gesù, il fondatore del cristianesimo, spiega che quelli che dicono ma non fanno si chiamano “farisei”.

E mi perdonino i fratelli ebrei se uso questa categoria in senso negativo. Ma per noi cristiani “fariseo” è sinonimo di ipocrita e Cristo (Mt cap. 23) li condanna perché “legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito”. Proprio come è avvenuto a Napoli, dove chi decide che la vita è degna di essere vissuta sempre e comunque poi però fa portare il fardello di quella vita ad altri. Anzi no, è ancora peggio: obbliga alcuni a farsi carico di una vita solo se essa è una vita disabile e già più volte rifiutata. Eppure la voglia di essere figure genitoriali dedicate è stata così forte in queste persone, da arrivare laddove la voglia di essere padri e madri “normali” di tanti altri non è arrivata. Per lo meno, questo è quanto accaduto ieri a Napoli.

Tratto da Agi