Blog / M. Céline C. | 14 Settembre 2017

Le Lettere di Céline – Il perché del silenzio

Caro don Mauro,

ti scrivo di getto, dopo una notte di cambi di posizione sul cuscino, una notte che ha fatto venir fuori tutto il mio disagio di fronte a un silenzio che ieri non ho capito.

Ieri ho addirittura pensato del blog che dovrebbe chiamarsi “come Dio”, non come “Gesù”, perché ai silenzi di Dio siamo abituati ma ai silenzi di Gesù no. Gesù è il Dio della nuova alleanza che si è incarnato, ha guardato negli occhi, si è fermato con la gente, gli ha dato da mangiare, gli ha dato da bere, l’ha battezzata, l’ha abbracciata, l’ha rimproverata, l’ha ammonita, si è commosso di fronte al dolore, ha pianto di fronte alla morte, ha urlato al Padre di allontanare da sé il calice della sofferenza e della morte.

Ecco io non capisco soprattutto questo del tuo blog, il perché del silenzio di chi può accompagnare e non lo fa, di fronte a delle domande urlate ripetutamente, domande su cui tutti ci interpelliamo, se l’intento è quello ultimo di amare come Gesù, per tutti.

Non so se questa lettera può aiutarti, ma è necessario che io dia voce ai tanti spettatori che ogni giorno si affacciano sul blog.

Perchè una persona in un ritaglio di tempo arriva sul tuo blog? Ti rispondo personalmente. Per crescere. Per capire qualcosa in più della propria umanità, per imparare a vivere nel mondo, non solo virtuale ma nel mondo, per trovare una parola che lo aiuti a svoltare l’angolo dei suoi pensieri inevitabili e ripetuti.

Ci sono delle domande inevase, domande a cui ho provato a dare una risposta “frammentata” con la mia esperienza di vita e di fede ma che puntualmente sono state rigettate se non ridicolizzate e quello che mi lascia più perplessa non è il rigetto da parte di uno, che ci sta, ma il silenzio da parte di tutti gli altri, te e sacerdoti compresi.

Domande sul perché del male nel mondo, sul perché della sofferenza degli innocenti, sul perché della morte, su come si possono conciliare il male e l’ingiustizia nel mondo con un Dio giusto, che ama l’uomo.

In questo blog si parla tantissimo di questioni sociali, di questioni identitarie, cioè di ruoli sociali in cui la gente si identifica (secondo me sbagliando, nel senso che se sono omosessuale tutta la mia vita non si identifica solo con l’omosessualità, se sono un divorziato tutta la mia vita non si identifica solo con la mia separazione, se sono sposato non mi identifico solo nel mio matrimonio e avanti così), dei nuovi valori prioritari o quelli che qualcuno ha definito tali nell’ultimo magistero papale.

E’ sacrosanto parlare delle questioni sociali perché viviamo immersi quotidianamente nella società, la costituiamo, ma quello che costituisce la persona non è il ruolo, è il “cuore” e vedo che tu ci provi con tutto te stesso a farlo emergere in questi contesti.

Mi sfugge però il perché del fatto che queste domande decontestualizzate dal ruolo sociale restino inevase. La domanda sul dolore, sulla morte è la stessa, sia se sono un omosessuale che se sono un eterosessuale, sia se sono sposato che se sono divorziato. L’uomo è costituito da un cuore ed è lì secondo me che la risposta e l’accompagnamento risulta essere necessario.

Se uno ha certezza nel cuore, farà fronte a qualsiasi questione sociale. E ti scrivo perché secondo me tra tutti quelli che leggono il blog tantissimi sono alla ricerca della risposta a quelle domande che determinano la nostra apertura o chiusura alla vita e all’amore.

Per una vicenda personale mi sono imbattuta in queste domande, con la stessa passione con cui lo vedo fare sul blog e se il mio urlo non fosse stato corrisposto con un abbraccio reale e con il tempo che tanta gente preparata ha speso per aiutarmi, io avrei perso l’occasione di dare un senso vero a quello che mi capitava e in ultimo alla mia vita.

La questione del dolore è cosa molto seria e sarebbe disumano non dargli la priorità che ha nella vita. Davanti al dolore o reagisci con apertura che genera inevitabilmente amore o reagisci con chiusura che spesso genera cinismo, fastidio o rabbia. Non esiste una terra di mezzo di fronte al dolore, perché scuote ogni fibra del nostro essere, se ci passi in mezzo.

E sono certa che qui dentro a chiunque è toccato di passarci attraverso.

Il silenzio a me sembra più grave di una censura e anche una risposta come quella di Papa Francesco data in due occasioni, il 4 gennaio 2017 e il 15 Dicembre 2015, che “non c’è risposta”, ritengo che sia determinata nella sua parzialità dalla difficoltà della portata della risposta.

La croce ha una portata difficile ma straordinaria, il peccato originale, il libero arbitrio, la questione della salvezza, sono risposte che sono difficilissime da dare, me ne rendo conto, soprattutto a chi non ne capisce il senso, ma che non possono non essere date.

In questi giorni sto vivendo accanto ad un’amica una situazione molto complessa, la morte di un bimbo a qualche giorno dalla scadenza regolare del parto dopo una gravidanza andata benissimo. Davanti agli occhi urlanti di quella mamma, sul filo del baratro, di fronte a un dolore così opprimente, secondo voi si può non dare una risposta?

Tu ce la faresti a dirle che non c’è una risposta?

Io non voglio suggerire a nessuno la risposta ma intanto credo che la prima cosa sia manifestare un cenno di presenza che ogni grido di dolore merita, soprattutto se ripetuto ed evidente.

Chiedo una cosa a tutti quelli che partecipano al blog, che si abbia la delicatezza di non banalizzare le ragioni che chi è nel dolore si è dato. E’ una questione di rispetto umano, innanzitutto. Non è importante che le ragioni siano le stesse per tutti, credo però sia fondamentale che quelle ragioni siano rispettate perché il cuore dev’essere rispettato (cuore in senso ampio).

La domanda sul dolore interpella tutti e anche solo il fatto di parlarne credo sia una strada, non finalizzata a cristallizzarne la ragione ultima ma finalizzata a riempire questa domanda di vita, vita vera che sola può generare tanti frammenti di Verità.

Grazie don Mauro.

Céline

Nata in un piccolo paese, si trasferisce in diverse città d’Italia per studio e per lavoro. Da sempre amante dell’arte e della poesia. Moglie, madre, lavora in tutt’altro ambito ma prepotentemente la passione per la scrittura ogni tanto si riappropria di uno spazio importante. M.Céline C. ha un’autentica passione per le relazioni umane. Fondamentalmente disobbediente, diretta, schietta. I suoi brani mostrano sempre quella “sicura insicurezza” che da sempre sperimenta nella vita.