Blog / Renato Pierri | 12 Aprile 2017

Le Lettere di Renato Pierri – Riflessioni (immaginarie) della mamma di Gesù

Ero piena di grazia, ero beata, il Signore era con me, e nessuno mi si filava. Anche Luca, dopo avermi fatto dire quelle cose meravigliose contenute nel Magnificat, poi non sembrò darmi più tanta importanza. Gli apostoli, tutti presi da Gesù, e questo è giusto e comprensibile, pure non fecero molto caso alla mamma del loro Maestro. Non parliamo di quel maschilista di San Paolo, il quale non si degnò neppure di pronunciare il mio nome…

Ma diciamo la verità, persino il mio caro figlio non è che mi tenesse in grande considerazione. A Cana, mi permisi di fargli notare che i commensali non avevano più vino, e lui: «Che vuoi da me, o donna?» (Gv 2,4). Sarebbe un po’ come dire: perché non t’impicci degli affari tuoi? Ma non è la sola volta che mi vidi trattata con poca delicatezza. Un giorno gli apostoli dissero a Gesù: «Ecco: tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e chiedono di parlarti» (Mt 12, 48), e il caro figlio rispose: « Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?… Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi mi è fratello, sorella e madre» (Mt 12, 49 – 50). Ma vi pare il modo di accogliere la propria madre? E dire che proprio io avevo fatto la volontà del Padre, accogliendo un bimbo nel mio grembo. Certo, detto fra noi, avrei preferito una bambina, ma non sarebbe stato possibile: l’avrebbero lapidata prima ancora di farla andare in giro a predicare la buona novella, e mai ci sarebbe stato lo scandalo della croce, al più ci sarebbe stato lo scandalo della pietra.

Ma torniamo ai miei rapporti con Gesù. Già da ragazzino mi rispondeva in maniera non tanto carina. Quando io e Giuseppe lo perdemmo e angosciati lo cercammo per tre giorni e lo ritrovammo nel tempio, io gli chiesi: «Figlio, perché hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, addolorati, ti cercavamo!». E lui, anziché chiedere scusa e mostrarsi dispiaciuto, mi rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io mi devo occupare di quanto riguarda il Padre mio?» (Lc 3,48 – 49). Ma non ci poteva avvertire che sarebbe andato al tempio senza di noi? Solo all’ultimo, prima di morire sulla croce, ebbe un pensiero gentile verso di me, quando disse: «Donna, ecco tuo figlio!». E al discepolo che amava (forse più di me): «Ecco tua madre!» (Gv 19, 26 – 27). Certo, avrei preferito mi avesse chiamato mamma, anziché donna. Però era sempre un bel pensiero per la sua mamma. Alle volte mi chiedo come fece a parlare, e ad alta voce (come l’avrei sentito altrimenti?), ridotto com’era, dopo la flagellazione e la crocefissione. Senz’altro fu un miracolo.

Agli apostoli, il mio caro figlio, insegnò a pregare il Padre che è nei cieli, ma non una parola riguardo alla Madre che sarebbe stata nei cieli. Niente. Poi le cose piano piano sono cambiate. I cristiani adesso mi pregano e mi chiamano Vergine. Però, non so perché, pretendono che io sia rimasta vergine per tutta la vita. Non fu forse Gesù a dire: «Quello che Dio ha congiunto l’uomo non separi»? Perché dunque io avrei dovuto fare la separata in casa? Povero Giuseppe! Già aveva dovuto accettare un figlio non suo, potevo mai rifiutargli l’amore degli sposi benedetto da Dio? Ma agli uomini fa piacere che io sia rimasta vergine, al punto da sostenere che neppure il Bambinello nascendo abbia lacerato il mio imene. Con grande passione (tutta maschile) hanno stabilito che «il Figlio primogenito non diminuì la mia verginale integrità, ma la consacrò». Pazienza. Quel che non mi va giù invece, è che mi facciano apparire dappertutto e mi attribuiscano parole e concetti in contrasto con la parola del mio caro figlio. Questo proprio non lo sopporto. Vorrei che mi considerassero solo una buona mamma. Nient’altro che la mamma di Gesù. Ma così va il mondo…

Renato Pierri

L’Espresso
Il Pasquino