Blog / Renato Pierri | 22 Agosto 2016

Lettere di Renato Pierri – L’omosessualità e i ragionamenti dello scrittore Giorgio Ponte


Leggo sul blog “Come Gesù” del prete e scrittore Mauro Leonardi, un’intervista rilasciata dallo scrittore Giorgio Ponte all’Associazione Lerici Domani. Ne trascrivo un passo: “ … io non mi sono mai sentito discriminato dalla Chiesa per le mie inclinazioni sessuali. Infatti la tendenza omosessuale, come ogni altra inclinazione, per la Chiesa non costituisce di per sé un peccato. Molti però non hanno avuto la stessa grazia di essere accolti in Verità, come è accaduto a me. Alcuni aprendosi con qualche sacerdote si sono sentiti additati e condannati, altri invece sono stati accolti, ma in direzioni molto diverse da quelle della Chiesa e simili a quelle dei movimenti LGBT, secondo un modello antropologico che nulla ha a che vedere con quello cristiano e in nome di un buonismo che non ha fatto altro che generare confusione in tanti. Noi saremmo nati così e quindi in quanto nati così, saremmo sostanzialmente esenti da una chiamata alla castità che riguarda ogni altro uomo sulla terra, e che nel nostro caso significa anche continenza. Se questa è la nostra natura, infatti la richiesta della Chiesa sarebbe una violenza assurda. Ma se invece l’omosessualità è il frutto di una nostra ferita emotiva, allora tutto ha senso”.

Ora, il fatto che Giorgio Ponte non si sia mai sentito discriminato dalla Chiesa, non significa nella maniera più assoluta che la Chiesa non abbia discriminato e tuttora non discrimini le persone omosessuali. Senza neppure rendersene conto Giorgio Ponte rileva la discriminazione. Scrive, infatti: “castità che riguarda ogni altro uomo sulla terra, e che nel nostro caso significa anche continenza”. Ecco: la Chiesa tratta alle stessa maniera persone eterosessuali e persone omosessuali, vuole la castità dagli eterosessuali e la castità dagli omosessuali, ma quest’ultima per gli omosessuali significa continenza per tutta la vita. E questa è una crudele insensata discriminazione. Trattare alla stessa maniera persone con bisogni diversi, è discriminare. Una madre che dà la pappa al bambino di un anno e la stessa pappa al figlio di quindici anni, fa una palese discriminazione. Trattando alla stessa maniera i due figli, infatti, maltratta il più grande.

Giorgio Ponte, evidentemente non si sente neppure discriminato quando la Chiesa lo tratta come un povero disgraziato, affermando che deve essere trattato con “compassione e delicatezza” (n. 2358 del Catechismo). Beato lui.

Elisa Merlo

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