Blog / Libri recensiti dal blog | 18 Giugno 2016

Marcelo Barros – Consolare gli afflitti

L’autore, Marcelo Barros, benedettino, biblista, priore del Monastero dell’Annunciazione a Goias, in Brasile, ricorda all’inizio un suo viaggio in sud America di tanti anni fa e un pianto che aveva ascoltato e poi un altro pianto che aveva ascoltato a New York e non ha mai più smesso di chiedersi perché piangono, perché piangiamo. Perché verremo consolati? “Come potrà ciò accadere?”.
Al tempo delle beatitudini chi piangeva se lo meritava per qualche peccato passato. “Gesù contraddice questa logica, sovverte questo tipo di spiritualità. Non accenna ai meriti. Semplicemente promette che le situazioni di questo mondo saranno trasformate. Per questo i primi beneficiari della venuta del Regno dovranno essere gli impoveriti, chi piange e chi ha fame e sete di giustizia. Semplicemente perché Dio è amore e giustizia, è un Padre che ama tutti con amore materno.”
Il pianto dell’uomo quando è rivolto a Dio, infatti, fa arrivare Dio, da sempre, da Sara a oggi.
A Mosè, Dio dice il suo nome che è infatti “misericordioso e compassionevole”, “dotato di grembo..”. Qesto è il significato di misericordioso, ormai, nell’anno della misericordia, lo sappiamo tutti: “…è pertanto il grembo della donna a suggerire l’ineffabile verità di Dio e dell’uomo a sua immagine e somiglianza, come passione d’amore viscerale per i tribolati della vita”.
Dio non asciuga solo le lacrime private, personali. Dio consola i popoli, l’umanità intera. Secondo studiosi delle scritture le parole delle beatitudini sono pronunciate dal Gesù storico a causa dell’uso del “passivo divino”. Saranno consolati significa semplicemente “Dio li consolerà”.
Gesù parla di chi piange perché conosce le lacrime. Gesù ha pianto.
Noi piangiamo per il dolore del lutto o della sofferenza in genere e anche per il pentimento interiore.
s.Agostino considerava le lacrime un “dono divino”.
Oggi invece sono un segno di debolezza.
Ma invece le lacrime parlano quando le parole non servono più.
Gesù lo sa. Lui ha pianto.
Le lacrime vere sono infatti sante e umili.
Non devono essere una spremuta amara ma distillato di amore e generosità.
C’è una tristezza che è umana e che è divina perché è compassione.
“Questo tipo di tristezza e di lacrime non ci disumanizza. Al contrario ci rende più umani”.
Non dovremmo mai dimenticare che “in principio era la gioia”. “Dobbiamo evidenziare molto di più la grazia primordiale e la salvezza divina, che è ben più grande dei nostri peccati”.
Eppure per secoli le nostre immagini sacre difficilmente comunicavano gioia.
Dobbiamo liberarci dalla sofferenza, perché siamo redenti. “I vangeli dicono che quanti sono emarginati ed esclusi dal sistema dominante sono già i cittadini e le cittadine del regno divino nel mondo. La rivelazione fondamentale dell’alleanza è che Dio li ama, li sceglie e non può accettare che soffrano.”.
L’autore ci avverte del pericolo di tradurre “beati” con “felici”, perché corriamo il rischio di ridurre le beatitudini a un livello emotivo. Non è una questione di sentimenti . “Esse rivelano situazioni di vita in cui Dio si manifesta alle donne e agli uomini”.
Chi realizzerà queste beatitudini? Chi asciugherà lacrime e consolerà gli afflitti e tutti i dolori del mondo?
Noi.
Sono i discepoli che assumono la missione di Gesù.
Siamo noi.
Verso la parte finale del libro si parla della teologia della liberazione proprio “in chiave” beatitudine.
“Nel proporre l’afflizione come fonte di felicità, Gesù volle sottolineare che i suoi discepoli devono essere, in conseguenza della loro fede, persone che non si rassegnano a nessun tipo di ingiustizia. Non per diventare individui rivoltosi, adirati, rabbiosi, di fronte ai sorprusi nella società…non si tratta dunque di una pura questione di sentimenti, bensì di un atteggiamento e di un impegno sulla via della ricerca di altri mondi possibili.”
Un libro che fa molto riflettere e molto cambiare.

Marcelo Barros, Consolare gli afflitti, EMI 2016