Articoli / Blog | 26 Maggio 2016

MIO n. 20/ Un prete per chiacchierare – Quando il sesso è impuro

Mauro Leonardi (Como 1959) è sacerdote dal 29 maggio 1988 e abita a Roma presso l’Elis centro di formazione per la gioventù lavoratrice sito accanto alla parrocchia di san Giovanni Battista in Collatino. È cappellano del Liceo dell’Accoglienza Safi Elis. Da anni pubblica racconti, articoli, saggi e romanzi. Scrive su internet su The Huffington Post e su ilsussidiario.net. Il suo blog si chiama Come Gesù. Il compenso per la rubrica, questa settimana, viene devoluto da don Mauro all’organizzazione di una partita di calcio a favore di un signore abbandonato dalla moglie e divenuto un senza tetto
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Gentile don Mauro, perché gli “atti impuri” sono considerati tali? Perché la Chiesa stabilisce un legame tra sfera sessuale e impurità? E quando i rapporti sessuali sono da considerarsi impuri? Grazie dell’attenzione.
Orazio, Rende (Cosenza)

Ciao Orazio. In sostanza la Chiesa giudica non buono – cioè “impuro” – quell’atto sessuale in cui l’aspetto dell’amore e l’aspetto della potenziale fecondità, sono disgiunti. Detto questo, credo che la cosa più importante sia liberare la purezza dalla stretta gabbia del “fare e non fare”: ridurre la nostra fede ad una pratica morale e ridurre la morale ad un elenco di cose da fare o non fare, tradisce la bellezza della bontà. La purezza è uno sguardo interiore che si fa sguardo sulla vita. Sguardo limpido che vede il bene, che desidera il bene, che cerca il bene, e che proprio per questo lo trova e lo vive. Come viverla lo sa la nostra coscienza, la nostra storia, quando cerchiamo di trasformare ciò in cui crediamo in ciò che viviamo.

Caro don Mauro, ho un problema: sono anni che non mi confesso. Il parroco della mia chiesa è appena arrivato ed è preso da mille cose. Non si potrebbe introdurre la confessione tramite PC? Non sarebbe più facile? Cosa ne pensi?
Rosa, Guardiaregia (Campobasso)

Buon giorno Rosa. La confessione nasce, come ogni sacramento, perché serve a noi uomini e non a Dio. Dio l’ha quindi voluta perché serve a noi. Dio conosce i nostri cuori, i nostri pensieri e non ha bisogno delle nostre parole per sapere ciò che combiniamo. Vuole parlare con noi perché chi si ama parla: è a noi che serve la presenza di un Altro. Abbiamo bisogno di un incontro, e un incontro deve per forza avvenire con una persona non con una macchina. Il sacerdote è una persona e quindi a lui possiamo raccontare, raccontarci e quindi confessarci e così toglierci dal cuore e dallo stomaco le nostre colpe che sono i nostri dolori e ci fanno soffrire. Papa Francesco nel suo libro “Il nome di Dio è misericordia” racconta di come sant’Ignazio, in punto di morte sul campo di battaglia, non avendo accanto nessun prete raccontasse i propri peccati a un soldato qualsiasi.
Siamo sempre come bambini che devono e vogliono confessare, parlare, alla mamma.  L’incontro ha bisogno della presenza: abbiamo bisogno di essere presenti e di avere una presenza davanti a noi. Abbiamo bisogno di sentire la nostra voce che dice, non tanto cosa abbiamo fatto, ma chi siamo. Abbiamo bisogno di sentire che siamo perdonati perché accolti, e accolti perché amati. Questa è la confessione. Un incontro tra due persone ferite entrambe. Una mail non basta. Ci vuole un incontro. Detto ciò è dovere per noi sacerdoti – e dovrebbe essere gioia – essere disponibili e farci trovare da chi si vuole confessare.

Carissimo don Mauro, cosa si intende per “mistero della fede” dopo la consacrazione del pane e del vino? E perché proprio in quel momento della celebrazione?
Alessandro, Fidenza (Parma)

Si riferisce al mistero della Transustanziazione, cioè al fatto che al posto delle apparenze del pane e del vino c’è la sostanza del Corpo di Cristo. È un mistero della fede non solo perché non si vede cosa accade a quel pane e a quel vino ma anche perché indica il mare immenso e profondo in cui ci immergiamo attraverso le parole della consacrazione pronunciate dal sacerdote proprio nel momento in cui prende tra le proprie mani il pane e il vino. Dire Mistero della fede è dire ricchezza infinita della fede. Ciò a cui crediamo è così più grande di noi che è come ci abbracciasse.