Articoli / Blog | 14 Aprile 2016

Mio n.14/Un prete per chiacchierare – Un velo di… equilibrio

Mauro Leonardi (Como 1959) è sacerdote dal 29 maggio 1988 e abita a Roma presso l’Elis centro di formazione per la gioventù lavoratrice sito accanto alla parrocchia di san Giovanni Battista in Collatino. È cappellano del Liceo dell’Accoglienza Safi Elis. Da anni pubblica racconti, articoli, saggi e romanzi. Scrive su internet su The Huffington Post e su ilsussidiario.net. Il suo blog si chiama Come Gesù. Il compenso per la rubrica, questa settimana, verrà utilizzato per pagare il pranzo al ristorante a un uomo depresso perchè abbandonato dai familiari.
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Ciao, don Mauro. Cosa pensi della decisione di una compagnia aerea araba di far indossare il velo alle hostess anche se non musulmane una volta sbarcate in Iran?
Rossella, Padova

Salve Rossella. Se ne parlassimo io e te, così, tra di noi, o se fosse una conversazione accademica, di principi e teorie, ti direi che penso che ciascuno di noi dovrebbe essere libero di vestirsi come vuole, nel rispetto di sé e dell’altro. Ti direi che andare in un paese straniero per lavoro o turismo vuol dire essere ospiti e che l’ospite è sacro per cui dovrebbe essere il paese ospitante a far sentire a proprio agio la persona ospitata e rispettare il suo modo di essere, vivere, pensare, e quindi di vestirsi: anche l’abito, infatti, è cultura. Oltretutto ospite, in latino, non è solo la persona che viene ospitata ma anche chi ospita: un solo termine per indicare due persone. Entrambe sacre quindi. E quindi anche chi ospita dovrebbe vedersi rispettato nel proprio modo di essere e di vivere. Però ho premesso “se ne parlassimo tu e io” perché, scritto così, tra di noi, sembra facile, sembra una questione solo di differenze culturali. E quindi sembra che per risolvere il problema basti un confronto sereno e civile. Ma purtroppo sappiamo quali siano in questo momento le tensioni mondiali esistenti tra mondo arabo ed occidente. La delicatezza e la fragilità dei rapporti mi fa essere più cauto e prudente perché anche una piuma può far vacillare i piatti della bilancia. E così lascerei, per i brevi scali, un velo a proteggere gli equilibri.

Salve, don Mauro.
Sempre più spesso giornali e tv pubblicano servizi su persone malate gravemente che fanno il loro ultimo viaggio in Svizzera dove è consentito il suicidio assistito. Al cospetto del Signore, queste persone come saranno giudicate?
Rosina, Marsala (Trapani)

Rosina, il Signore conosce i nostri cuori, sentimenti e pensieri. Credo che Dio faccia con noi ogni passo della nostra vita. Quegli “ultimi viaggi” sono fatti con Dio accanto. La malattia, il dolore fisico, la solitudine e la paura, possono essere un cocktail micidiale nella vita di un uomo e della sua famiglia. Togliersi la vita non è una decisione intellettuale che si prende a tavolino ma si prende da un letto o da una stanza che contengono tutto il dolore e la malattia accumulati nei mesi e negli anni precedenti. Dove c’è un uomo, Dio c’è sempre. Più che del giudizio su chi muore io mi chiederei qual è il giudizio di Dio su quegli uomini che dovrebbero essere stati lì, accanto a chi muore e dentro i suoi viaggi quotidiani: che doveva esserci ma non c’era. La domanda Rosina è: noi dove siamo? Cosa è accaduto alle nostre vite che non sanno più trasmettere la vita? Io mi chiedo, al cospetto del Signore, come saremo giudicati noi sani, noi “accompagnatori”?

Caro don Mauro, ci siamo commossi per le vittime dei vili attentati di Parigi e Bruxelles ma quando c’è stata la strage il giorno di Pasqua a Lahore (72 vittime) nessuno si è indignato, Ci stiamo abituando all’orrore, o la commozione è inversamente proporzionale alla distanza delle stragi?
Nicola, Civitavecchia (Roma)
Purtroppo Nicola sappiamo benissimo la risposta ed è che l’orrore fuori dal mio quartiere non mi tocca. La colpa non è dei mass media. Se alla gente interessasse, i media ne parlerebbero: il problema è che il dolore lontano non ci interessa perché abbiamo il cuore piccolo, meschino. Forse è anche un meccanismo naturale: fa più paura un incendio di cui sento la puzza che uno visto alla tv.