Blog / Il diario di Paci | 27 Marzo 2015

Il diario di Paci – 72. La disperazione no

Ti ho vista Stella.
Ti ho visto che cercavi di mettere a fuoco le persone.
Andare in bagno in continuazione.
Durante tutta la cena.
Ho visto che cercavi di toglierti qualcosa dalle labbra.
Come un capello.
Ma non riuscivi a prenderlo.
Guardavi le persone un po’ fissa.
E poi abbracciavi tutti come se fossimo in una stazione, a separarci per sempre.
Invece che a cena, da te.
Ho visto abbassarti la spallina, tirarti su una manica.
E poi alzarti di nuovo per andare in bagno.
La voce che era troppo strascicata a volte.
E poi alta.
E poi bassa.
Come se non fosse sintonizzata con i pensieri, con la bocca.
Parole sfasate.
Come un film doppiato male.
Ho visto il tuo dolore.
Quel dolore che ride troppo.
Ride tanto.
Ride forte.
Che rovescia la testa indietro per il gran ridere.
E poi in avanti.
Lo sguardo basso.
L’alito dolciastro perché mi parli, ti avvicini troppo.
E sembra un bacio.
E sembra una testata.
Perché quando hai così bisogno di amore, così tanto.
È disperazione.
È rabbia.
Bacio e testata.
Ho visto una ragazza bellissima.
Ho visto una donna bellissima.
Più sola di Marta al parco quando crede di essersi persa.
Di quella solitudine tremenda.
Che è la solitudine di chi sta in mezzo a tante persone.
Ma nessuno è la sua.
Ma lei non è di nessuno.
La solitudine straziante.
Quella che sta in mezzo alla felicità degli altri.
Quella di quando sei l’unica non fidanzata.
L’unica non sposata.
L’unica senza figli.
L’unica senza lavoro.
L’unica senza soldi.
L’unica senza amici.
L’unica senza.
L’unica.
Quando sei l’unica.
E tutti gli altri sono unici per qualcuno.
E allora Stella, pensavo, pensavo, pensavo.
Mangiavo qualcosa e guardavo qualcosa.
Pensavo che la disperazione, no.
La disperazione, no.
Il dolore.
La sofferenza.
Il pianto.
La rabbia.
Tutto.
Ma la disperazione, no.
La disperazione, scava, fa macerie, corrode, ammuffisce, manda in malora.
Tutto.
La disperazione attira il male.
Attira il vuoto senza luce, senza aria, senza acqua.
La disperazione piega le ginocchia perché le spezza.
La disperazione non toglie l’aria, ma l’appesta.
La disperazione ti riempie la bocca di capelli che non riesci a levare perché le mani non trovano la bocca.
Capelli che non ci sono.
Mani che non li trovano.
La disperazione brucia la gola di alcool e di aria dolciastra che ti esce a sbuffi e ti entra nel cuore.
Brucia il fegato.
La disperazione ti annacqua li occhi di pasticche.
E ogni sguardo è uno sforzo.
E ogni persona sembrano tre.
E si muovono e non si fanno fermare.
E sono tre, ma erano una ti sembrava.
La disperazione.
Ti toglie dagli altri.
Che tu hai invitato.
Perché ti vogliono bene.
E poi perché ti guardano?
E ti tocchi i capelli in continuazione.
Perché un po’ ti accorgi che non va bene.
Non va bene così.
Ma che ne sapete voi della vita mia. E vai in bagno. In continuazione. A fare quello che penso io. Ma che non dico.
E vorrei essere lo specchio sul lavandino.
Per incrociare i tuoi occhi e dirti che non sei come ti vedi tu.
Sei come ti vedo io.
E sei bellissima.
Perché ti amo tanto, Stella.
E sempre bisogna dirselo l’amore.
Sempre.
E sempre bisogna guardarselo l’amore.
Sempre.
E sempre bisogna farselo l’amore.
Sempre.
Stella, Stella, Stella.
Vorrei essere quello sguardo, quella parola, quella mano.
Che ti dice Amore.
Che ti dice Sei unica per me.
Solo l’amore toglie la disperazione.
Perché l’amore non lascia mai sola la sofferenza.
E’ per questo che l’amore non esiste.
Esistono gli amici, gli amori.
Quelli che stanno. Che ci stanno.
Vengo in bagno.
Laviamoci il viso.
Vieni andiamo di là.
Ci penso io agli altri.
Mettiti a letto.
Torno subito.
No, non hai niente in bocca.
Guarda, ecco, ti passo la mano sulle labbra.
Ecco, vedi?
Tolto tutto, amore mio.
Tolto tutto.
Solo l’amore toglie la disperazione.
Come togliere un capello che non c’è?
Con l’amore.
E, ora, andate tutti a casa.

(Il Diario di Paci, Mauro Leonardi)
Paci è il personaggio che ha dato vita alla protagonista del romanzo “Una giornata di Susanna”, acquistabile online e in tutte le librerie. È un’emigrante di origine venezuelana sposata con René, un uomo che la trascura. Ha un amante, una bimba che si chiama Marta e un’amica che si chiama Stella. Da vent’anni vive a Roma e si mantiene facendo pulizie.