Blog / Lettere | 01 Novembre 2014

Da Lucia “Pennaspuntata” – Questo è Halloween

Se un morto entra nel mondo dei vivi, se ne accorgono tutti. Gli zombie non fanno mai un bell’effetto: sono bruttini, verdognoli, putrefatti, e puzzano pure. Se i vivi non sono proprio degli idioti, se ne accorgono benissimo, se in mezzo a loro c’è un cadavere stantio.
Ma se viceversa un vivo entra nel mondo dei morti, anche i defunti se ne accorgono. Del resto sono morti,non cretini: un vivo è caldo, suda, non ha odori, è colorito… Se i morti non sono proprio degli idioti, se ne accorgono benissimo, che in mezzo a loro c’è un essere vivente.

Ora: non è che sia necessaria la figura istituzionale di un addetto alle public relations per mediare l’incontro fra i vivi e i morti. Voglio dire: non è che capiti tutti i giorni, di trovarsi davanti a uno zombie o a un cadavere parlante; anzi: direi che incontrare un morto è una cosa molto rara.
E’ una cosa molto rara, che capita-e-non-capita; e, quando capita, capita in quelle ore che sono-e-non-sono: capita, insomma, nella notte dell’ultimo dell’anno. Che, a ben vedere, è-e-non-è. O, quantomeno, è, ma in periodo di passaggio: né carne né pesce, né caldo né freddo – è semplicemente una notte magica, in cui l’anno vecchio non è ancora finito e l’anno nuovo deve ancora cominciare.
E visto che, per i Celti, Capodanno cadeva nella festa di Samhain, era proprio in quella notte che i morti tornavano fra i vivi.
Casualmente, Samhain è questa notte.

I morti tornavano fra i vivi, ma erano i vivi a permetterglielo. E i vivi non erano certo dei masochisti: non desideravano ritrovarsi il villaggio pieno di zombie distruttori. Volevano semplicemente… riabbracciare i loro cari.
Anche a me piacerebbe reincontrare mia nonna, o salutare la mia zia che se n’è andata giusto un anno fa: a chi, non piacerebbe? Piaceva anche ai Celti, naturalmente, e quindi agivano di conseguenza: spegnevano tutti i fuochi, spalancavano i cancelli, abbassavano i talismani che avrebbero dovuto proteggere il villaggio dalle forze infere, e aspettavano i loro cari. Gioiosamente, e con nostalgia affettuosa.

Naturalmente, se io sono qui che aspetto che venga a farmi visita il fantasma di mia nonna, mi preparo ad accoglierla nel migliore dei modi. Ad esempio, le preparo dei dolcetti in modo che possa mangiare e riposarsi.
E, soprattutto, cerco di farla a sentire a suo agio, e di non rimarcare il trascurabile dettaglio che io sono qui a godermi la vita mentre lei è sotto a tre metri di terra.
Insomma… posso imbiancarmi la faccia con un po’ di farina, per non urtare mia nonna con la mia rosea carnagione; o posso addirittura travestirmi da morto, in modo che lei non si senta esclusa. E poi passeremo assieme tutta la notte, e all’alba io reciterò qualche preghiera affinché mia nonna ritrovi rapidamente il cammino per l’Aldilà e non si perda per la strada. La accompagnerò fino al limitare del villaggio e poi tornerò a casa nel buio del primo mattino, facendomi luce con una candela. Se piove o tira vento, proteggerò la fiamma mettendola dentro a una rudimentale lanterna: ad esempio, una rapa intagliata.
Certo, una zucca sarebbe più scenografica, ma non è mica colpa mia se sono una donna celta del I secolo d.C. e le zucche stanno ancora in Messico.

Tornando a casa, dopo aver salutato mia nonna, troverò per strada un certo movimento. Del resto, è stato tanto bello incontrare i nostri cari estinti, ma adesso il villaggio deve risolvere un problema pratico: i morti hanno paura del fuoco e quindi abbiamo spento i nostri camini per accoglierli, ma non possiamo nemmeno finire ibernati per far contenti i fantasmi.
Insomma: serve della nuova legna, e serve in fretta. E, se i grandi sono impegnati con i loro parenti fantasma, i piccini non hanno niente da fare: potranno ben rendersi utili! E potranno, insomma, vagare per il paese alla ricerca di un pezzo di legna – senza dolcetti o scherzetti o altre idiozie del genere, per piacere: ché qui siamo Celti del Tardoantico, la farina la teniamo da parte per il lungo inverno, e abbiamo troppo freddo per metterci a scherzare.
A noi basta un legno. Un misero pezzo di legno.

Tutto il resto, è Storia.

Di lì a qualche secolo, prenderà il potere un tizio di nome Carlo Magno, molto attento alla necessità di fissare sul calendario una data per la commemorazione ufficiale dei propri defunti. Non sapendo dove collocare questa festa, si consiglierà con uno dei suoi fidati: Alcuino di York, un monaco. York è in Inghilterra, e in Inghilterra esistevano feste secolari che ricordavano i defunti: chissà perché, ma Alcuino farà due più due e darà il suo suggerimento a re Carlo.
Passerà ancora qualche anno, e Papa Gregorio IV, alla metà del IX secolo, istituzionalizzerà la festa di Ognissanti e la fisserà in perfetta corrispondenza con l’antica Samhain di origine celtica, il 1° novembre.
Del resto, che c’è di strano? Se i Cristiani credono che Dio abbia sconfitto la morte, e che le anime dei defunti sopravvivano dopo il trapasso… in fin dei conti è dolce e condivisibile, la tenerissima cerimonia celtica pre-cristiana.

Ma la Storia va avanti, e prosegue fino all’Età Vittoriana: all’epoca, diventerà di moda, soprattutto in America, organizzare feste a scopo benefico nella notte del 31 ottobre.
Certo che, a forza di parlare di defunti, preghiere e resurrezione dei morti nel tempo che verrà, queste feste sono un po’ un mortorio. Chi è che va a un party per raccontare agli amici i dettagli più raccapriccianti della lunga agonia di suo nonno morto?
E allora, via – eliminiamo tutti i riferimenti ai morti. E alla morte. E anche alla religione, suvvia, ché è sempre meglio non rischiare.

Tolto tutto questo, però, della antica festa di All Hallows, di Ogni Santi, resterà ben poco. Resterà una parte ludica, scherzosa, vagamente legata all’Oltretomba e al mistero: ficcarci dentro qualche strega, un vampiro, e magari un paio di licantropi, sarà cosa facile.
E poi arriveranno i dolcetti, e le maschere dei bambini, e i trick or treat? (e, purtroppo, anche qualche deficiente che approfitterà di questa festa per darsi veramente all’occultismo)…

Ma quando stasera tornerete a casa dopo un party a tema, e vi toglierete il cappello da strega e i denti da vampiro, e distribuirete dolcetti ai bambini travestiti da robot che verranno a bussare alla vostra porta… beh: quando farete tutto ciò, sappiate che quello non è Halloween.
O, quantomeno, non è l’Halloween che piace a me, che non demonizzo, e che non mi sognerei mai di “vietare” o “combattere” (anzi: di cui parlerei volentieri, e a lungo, proprio per spiegarne le radici e il significato).
L’Halloween che piace a me è questo qua: quello che faceva emozionare il monaco Alcuino e per il quale Gregorio IV sorrideva. E’ l’Halloween del Medio Evo, l’Halloween in cui i morti tornano sulla terra per fare visita ai loro parenti, sottolineando la comunione coi vivi che sopravvive anche dopo la morte.
Indubbiamente, un Halloween molto diverso dall’Halloween del Duemila…
…ma, a volerla vedere dal punto di vista storico (…e cristiano?), questo è Halloween.

by Lucia,  ecco il link al suo blog Una penna spuntata