Blog / Lettere | 10 Aprile 2014

Le Lettere di Pierluigi Bartolomei – Cazzocchia

In questi giorni in cui si parla molto di modernità, di nuove forme di famiglia, di fecondazioni sperimentali, di teorie legare al genere e di altri ragionamenti da salotto, mi torna in mente mia nonna Teresa, il suo viso sempre disteso e i suoi proverbi pieni di saggezza.
Vogliono farci credere che i nostri nonni erano dei disadattati mentre dimenticano che gli dobbiamo molto. Domandiamoci se tutta questa evoluzione è così necessaria e se Gesù Cristo ha espresso delle semplici opinioni.
Con questo post vi regalo delle immagini antiche, forse già presenti nei vostri ricordi.
“Cazzocchia”, una ridente contrada, nel comune di Cantalice, situata nel mezzo degli Appennini.
I miei due zii, contadini, non sposati, vivono in una casa povera, senza riscaldamenti. Purtroppo uno dei due, Guido, morì improvvisamente inseguendo l’ambulanza che trasportava l’altro fratello, Emilio, ricoverato d’urgenza per un blocco intestinale.
Il paradosso fu che Guido morisse di infarto all’interno della sua autovettura, mentre l’altro si salvasse benchè a bordo di un’ambulanza.
Da quelle parti ci sono antiche tradizioni, tra le quali la veglia dei parenti ed amici per l’intera nottata.
Così dopo aver allestito la camera ardente, immaginavo che venissero poche persone. Mio zio Guido era una persona riservata, un lavoratore silenzioso, molto onesto ed equilibrato. Viso rotondo, due folte sopracciglia brizzolate, una corporatura robusta, alto e sempre munito di un cappello e di un bastone di castagno scolpito dalle sue stesse mani, esperte.
Improvvisamente iniziò un flusso inaspettato di persone, quasi inarrestabile, per tutta la serata e parte della notte.
La casa costantemente piena di persone con i volti illuminati dai bagliori del fuoco sempre acceso nel camino.
Visi scavati, pieni di rughe, con una pelle robusta abituata e temprata dal freddo.
I loro corpi torti dalla fatica della terra che da quelle parti non è mai pianeggiante, alcuni camminavano appoggiandosi ad un bastone per gli acciacchi dell’età o per i malori alle ossa. Gli uomini appena entrati in casa si tolsero immediatamente il cappello, diventando improvvisamente rossi in viso per il repentino cambio di temperatura e se ne stettero per molto tempo in silenzio davanti alla salma di mio zio. Chissà cosa avranno pensato, chissà quanti ricordi, quante ore di lavoro condivise nei campi. Poi un grande sorriso, una forte stretta di mano e se ne andarono rimettendosi il cappello. Le donne invece entrarono con un copri capo scuro. I loro lunghi capelli bianchi come la neve raccolti sul capo e tenuti insieme da una grande spilla di legno. Stettero accanto ai rispettivi mariti, poi, dopo un po, se ne andarono in cucina sedute davanti al camino. Alcune mi chiesero se potevano rendersi utili facendo qualcosa in casa, se c’era da lavare, da preparare una minestra calda o da prendere della legna per il fuoco. Apprezzai moltissimo quei silenzi e quegli atteggiamenti così distanti dagli usi e dalle consuetudini metropolitane. Gente fuori dal comune, persone di poche parole abituati a vivere distanti dalle passerelle di alta moda.
Decidono di aprire bocca soltanto se è veramente necessario, stando attenti a non illudere nessuno.
Affermava Gilbert Keith Chesterton: «Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. Sarà una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. »

Tutto questo è già arrivato.

Con la moglie e un figlio

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